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Lukaku: “Io tra i top 5: ecco i miei segreti. Lo scudetto con l’Inter, Conte e Mou: vi dico tutto”

Alessandro De Felice

Più tardi ti ha chiamato Conte e ti ha fatto diventare un punto fisso nel suo 3-5-2 tradizionale?

"Conte mi ha detto: "Se diventi forte spalle alla porta è finita. Nessuno può fermarti". Ricordo che mi aveva già cercato nel 2014 durante il Mondiale, poco prima di dimettersi dalla Juve, poi quando era al Chelsea (tra i 2016 e il 2018). Eden (Hazard) all'epoca aveva fatto da intermediario (ride.ndr). Aveva dato il mio numero al direttore sportivo del Chelsea, Michael Emenalo che mi chiama e dice: "Romelu, l'allenatore che arriva ti vuole, non c'è altra soluzione, sei tu il nostro attaccante". Poi organizza un incontro a Londra ma non sapevo chi fosse il famoso allenatore. Arrivo all'incontro ed era Conte. Pensandoci un po', mai avrei dovuto dubitarne. Poteva essere solo lui".

Sono serviti tre anni per lavorare insieme?

"Sapevo che avremmo finito per lavorare insieme. Quando l'Italia ci ha battuto a Euro 2016 in una partita a gironi, avevo visto come gioca perfettamente una sua squadra e ho capito che poteva corrispondere al mio profilo. La sua idea è sempre stata molto chiara, quindi una volta che siamo riusciti a lavorare insieme non restava altro che fare tutto ciò che vuole. Durante i miei primi tre mesi all'Inter non ho fatto altro che questo, per inseguire i miei obiettivi. In allenamento mi hanno messo Andrea Ranocchia (1,95 m; 82 kg) addosso e mi hanno chiesto di arrivare fino alla porta. Se avessi perso palla avrei dovuto ricominciare da capo l'esercizio".

Fino a che punto incontrare un allenatore può cambiare la dimensione di un giocatore?

"Conta enormemente. Ogni volta che lavoro su qualcosa, imparo velocemente. (Schiocca le dita.ndr) Quando lavoravo con Thierry (Henry) in Nazionale, per esempio, spesso facevamo sessioni sulle marcature e sulla presa di iniziativa, sul cominciare un'azione. Era molto bravo e voleva insegnarmi come creare le mie opportunità".

Come è andata?

"Fino ad allora ho segnato perché mi venivano dati dei palloni, vale a dire su cross, passaggi profondi, ecc. Thierry mi ha detto: "La differenza tra te e il massimo è la capacità di creare i propri gol. Se sai dribblare tre avversari poi hai la porta davanti a te. Mi è servito da lezione. Riguardando le mie gare, più in generale, abbiamo due sessioni di riunioni video di gruppo prima di ogni partita. Mescolo tutto, guardo gli scontri diretti dell'anno precedente e penso a come segnare".

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