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La storia tra Romelu Lukaku e l’Inter racconta del tradimento del ‘figliol prodigo’, recidivo dopo il primo addio per tornare al Chelsea, con l’aggravante del flirt con il peggior nemico, la Juventus. E non di un particolare livore nei confronti della Roma.
Ecco spiegata l’attesa spasmodica per il nuovo faccia a faccia con il belga, in un San Siro che sarà stracolmo e farà registrare l’ennesimo sold out.
Difficilmente pronosticabile una richiesta di biglietti superiore ad un appuntamento storico come il derby in semifinale di Champions League della passata stagione contro il Milan, un doppio successo che ha confermato il trend positivo dei nerazzurri di Inzaghi nella stracittadina (5 vittorie su 5 nel 2023 tra tutte le competizione) e ha regalato il pass per la finale di Champions League a Istanbul.
E impossibile non parlarne alla vigilia di una gara importante per Inter e Roma, ma il cui valore viene oscurato da ritorno al Meazza di Lukaku.
Da Marotta agli ex compagni Dimarco e Lautaro, passando dall’abile stratega e oratore José Mourinho, fino a Tiago Pinto: anche alcuni protagonisti non potevano esimersi dal trattare l’argomento nella marcia di avvicinamento.
Ma proprio in casa giallorossa c’è un aspetto che sembra sfuggire: non è il trasferimento alla Roma a turbare particolarmente l’ambiente nerazzurro.
Eppure Mou e Tiago Pinto non sembrano aver afferrato il concetto. Perché accostare il passaggio di Calhanoglu all’Inter, Cannavaro alla Juve e Vieri al Milan a quello di Lukaku alla Roma non è propriamente corretto.
"Poi è interessante. Se Lukaku va dall'Inter alla Roma ad aiutare il suo ex allenatore è un dramma: se Calhanoglu va dal Milan all'Inter è una meraviglia. Qualche anno fa Cannavaro dall'Inter alla Juve no problem, Vieri dall'Inter al Milan no problem: Lukaku dall'Inter alla Roma ed è diventata una cosa che mi spaventa perché per me è una sorpresa che fosse così importante per la storia dell’Inter".
Ma la questione Lukaku in casa Inter non riguarda la Roma e l'ex nerazzurro José. Ad aver segnato e quell'infedeltà che, a onor del vero, il belga aveva dimostrato anche in passato. Che si tratti di Chelsea, Roma o qualsiasi altra squadra, poco cambia.
Lo aveva fatto nel 2021, quando dopo aver dichiarato di voler restare all’Inter nonostante l’addio di Conte e i primi giorni con Simone Inzaghi in panchina, aveva forzato la mano per tornare al Chelsea.
Una volontà esplicitata che ha costretto Marotta e Ausilio a dare il via libera, confezionando un’operazione coi fiocchi che ha portato nelle casse nerazzurre circa 115 milioni di euro.
Poi il dietrofront qualche mese più tardi, nella celeberrima intervista rilasciata a Sky, in cui dice di non voler mai giocare nella Juventus:
“Mai, mai, mai!”. Tre volte.
E alla domanda sul riformare la coppia con Lautaro al Chelsea stupisce tutti e annuncia di voler tornare all’Inter:
"Torno all’Inter. Io potevo morire per lui (il Toro, ndr) in campo”.
Tornerà davvero, con un’altra operazione super della dirigenza nerazzurra con la formula del prestito.
L’interismo e gli interisti ci mettono un po’ a riaccoglierlo con entusiasmo. La ferita di un anno prima è ancora aperta, Lukaku torna a testa basta e prova a riconquistare l’affetto col lavoro e i gol.
Un silenzio assordante nelle prime settimane, fino al gol contro il Viktoria Plzen in Champions League e la festa. Pace fatta.
Big Rom è tornato quello che aveva sfidato vis-à-vis Zlatan Ibrahimovic nel derby e che aveva assunto il ruolo condottiero nerazzurro.
I problemi fisici e il primo infortunio ‘serio’ in carriera frenano Lukaku in una stagione in cui il belga finirà in crescendo, partecipando alla conquista del posto in Champions League, della finale di Istanbul e della Coppa Italia.
La volontà è quella di proseguire insieme. L’accordo verbale tra la dirigenza dell’Inter e Lukaku, stipulato a giugno, prevede l’impegno della dirigenza di trovare il tesoretto da portare al Chelsea per il ritorno, ma questa volta a titolo definitivo, dell'attaccante belga.
La cessione di Onana a metà luglio viene completata, i soldi ci sono e l’Inter è pronta a chiudere l’operazione Lukaku. Solo che questa volta arriva il colpo di scena, proprio quando l’accordo tra nerazzurri e Chelsea era fatto.
Big Rom scompare, insieme al suo agente Sebastien Ledure. Di loro non c’è traccia e i tentativi di dirigenti e compagni risultano vani.
Tra questi ci sono anche Lautaro e Dimarco, molto più che compagni di squadra. Una ‘pugnalata’, metaforicamente parlando, per l’interismo e gli interisti.
"Ci sono rimasto male, è la verità. Anch'io ho provato a chiamarlo in quei giorni di caos, non mi ha mai risposto, lo stesso ha fatto con altri miei compagni" ha confessato il Toro, confermando la versione dei fatti.
Proprio come Dimarco:
"È successo quello che c'è scritto dappertutto. Io personalmente ci sono rimasto un po' male perché era una persona alla quale sono stato vicino tutto l'anno, poi non voglio entrare nel merito perché adesso gioca con un'altra squadra".
Marotta, invece, si è limitato a ‘scegliere’ Icardi tra l’argentino e il belga, glissando sull'argomento.
"È il passato, Lukaku è il passato. Non c’è una componente societaria che ancora pensi a lui. Nessuno, dico nessuno. Poi, da uomo di calcio, sono dinamiche che devi mettere in preventivo, non è mica la prima volta che mi capita...".
Parole ben diverse da quelle di odio e tensioni dipinte da José Mourinho e Tiago Pinto.
"Non sapevo che Lukaku fosse così importante a Milano. Non lo sapevo, perché quello che Romelu ha fatto a Milano, vincere uno Scudetto, due coppe e una Supercoppa, lo hanno fatto 200 giocatori nella storia dell'Inter. Non sapevo fosse così importante per loro”.
Ha detto l’ex allenatore dell'Inter, con cui i meneghini trionfarono con il Triplete nel 2010.
A fare eco le parole di Tiago Pinto, che ha parlato addirittura di clima d’odio alimentato dall'ambiente nerazzurro:
“Quando qualcuno di noi per interessi individuali alimenta il clima dell'odio è una cosa sbagliata per il calcio in generale. Si parla dei diritti tv, del posto del calcio italiano all'estero, ma non ci interroghiamo su cosa facciamo nel quotidiano. Quelli che oggi parlano di Lukaku sono gli stessi che si sono complimentati per Mkhitaryan o per la scelta di Dzeko due anni fa. Romelu è un professionista, ha vinto all'Inter, ma ha fatto le sue scelte e siamo contenti di questo. Non dimentichiamo la nostra responsabilità sociale”.
Una visione distorta di quella che è la realtà dei fatti, proprio come il paragone con Calhanoglu, Cannavaro e Vieri.
L’ennesima strategia comunicativa di José Mourinho, e di riflesso della Roma - pronto a spostare l’attenzione e scaricare le colpe su altri alla vigilia di una gara molto delicata per lui, l’ennesimo banco di prova da non sbagliare in una stagione iniziata sottotono.
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