Le dichiarazioni di Romelu Lukaku di ieri hanno sollevato qualche polemica, che ha ben poca ragione di esistere. L'attaccante è comprensibilmente spaventato come lo è la gente comune e come lo sono quindi anche i calciatori, soprattutto alla luce dei messaggi che il calcio italiano sta mandando. Lo spettacolo deve continuare, il campionato deve ripartire. Ci sono stati casi influenzali all'Inter? Certamente e documentati dai relativi comunicati del club. Quattro quelli più importanti (de Vrij, D'Ambrosio, Skriniar, Bastoni), uno quello che visivamente tutti ricordiamo perché documentato in diretta televisiva (Skriniar che si sente male ed esce dal campo durante la partita contro il Cagliari). L'unica settimana di ferie della quale hanno beneficiato i giocatori nerazzurri è quella natalizia. Appena rientrata la squadra ha affrontato il Napoli (il 6 gennaio), ma non c'è memoria di 23 giocatori malati su 25. In ogni caso Romelu si è chiarito con il club e il discorso dovrebbe essere chiuso. Tanto più che l'Inter è stato il primo club ad esporsi e preoccuparsi pubblicamente per la salute dei calciatori, rifiutando proposte assurde di giocare partite a porte aperte e non in sicurezza. Proposte che non dimentichiamo.
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Inter, le parole di Lukaku confermano un elemento di rispetto: nessun privilegio per…
Le dichiarazioni dell'attaccante belga hanno fatto discutere
Le parole di Romelu Lukaku confermano però un dato in controtendenza rispetto all'affermazione che i calciatori avrebbero libero accesso ai tamponi. Come vi avevamo precedentemente documentato l'Inter, pur avendo avuto un contatto indiretto con un giocatore risultato positivo al coronavirus (Daniele Rugani), non ha eseguito nessun tampone ai giocatori nerazzurri. I calciatori sono stati invitati ad osservare un rigido sistema di isolamento e sono stati sentiti e seguiti quotidianamente dallo staff medico per accertarsi della presenza di eventuali sintomi. Non essendo ciò avvenuto i giocatori hanno terminato la quarantena e hanno continuato a seguire le indicazioni previste dal club (in linea con i decreti del governo/regione Lombardia). Al contrario della Juventus, per esempio, che oltre a testare i propri giocatori ha testato anche le rispettive fidanzate e in alcuni casi anche amici che erano entrati in contatto con il giocatore. L'Inter non ha invece richiesto un accesso prioritario ai tamponi. Nel rispetto anche delle difficoltà che incontra la gente comune con sintomi e alla quale spesso questo accesso viene negato.
Certo è che se la serie A deciderà di far ripartire il carrozzone è probabile che i giocatori vengano sottoposti almeno ai test sierologici. Questa potrebbe essere una linea guida, da far applicare a tutti i club. Per ora si è navigato a vista. Una situazione che rispecchia un po' quella del paese. Nell'attesa di ricevere risposte più precise alla domanda che attanaglia tutti. Come riprendere un accenno di vita normale (compreso il calcio) garantendo la sicurezza di tutti.
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