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Mancini: “Preparazione, ora rispondo io. Resto interista, non mi pento. Via perché…”

L'ex tecnico nerazzurro, al Corriere dello Sport, ripercorre le tappe dell'addio: "Risoluzione consensuale, non ho rancori"

Daniele Mari

Roberto Mancini, intervistato dal Corriere dello Sport, ripercorre le tappe dell'addio all'Inter, un addio avvenuto senza rancori: «Non voglio avere rimpianti o dire oggi che ho fatto male ad accettare. Era una sfida importante, sono convinto di non aver sbagliato a tornare a Milano. Purtroppo non ho concluso la missione ma resta un’esperienza positiva. Sono stati fatti passi avanti molto importanti, oggi esiste una squadra base che prima non c’era. Ecco, mi dispiace di non aver terminato il lavoro come la prima volta»     

UN ADDIO A SORPRESA«Ci siamo stretti la mano, da buoni amici. I rapporti restano buoni e non ho motivo di avere rancori contro il club nerazzurro, come penso loro non possano averne nei miei confronti. La risoluzione è stata consensuale, non siamo riusciti ad imboccare la stessa strada per raggiungere gli obiettivi che l’Inter deve sempre avere davanti: lo scudetto e la Champions. Resterò, ovviamente, un tifoso nerazzurro». 

LA PREPARAZIONE GESTITA MALE? - «Sciocchezze, l’unica accusa su cui voglio rispondere. L’ultimo che mi ha tirato in ballo è stato Gullit. Era invidioso da giocatore, lo è anche adesso da disoccupato. Cosa sa lui per parlare del lavoro di un collega? All’Inter hanno i dati del lavoro fatto durante la preparazione: siamo nell’epoca moderna, ci sono i Gps, i computer, io ho uno staff di professionisti seri, nessuno può permettersi di denigrare il nostro piano. Ci sono i dati, i numeri, è tutto registrato. Non esiste, per chiarezza, una squadra pronta il 20 agosto. Ci vogliono sei o sette giornate, diciamo il mese di settembre, per essere al top. E questo vale per tutti. Fine del discorso e di una polemica strumentale»

IL RIMPIANTO - «Forse il mese di gennaio, quello in cui l’Inter ha avuto un black out totale. Purtroppo quando riapri un ciclo può capitare. Se qualche sconfitta fosse diventata un pareggio, probabilmente saremmo andati noi a fare il preliminare e non la Roma. Anche nel 2004 eravamo partiti a piccoli passi e poi siamo saliti al vertice per restarci».