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Marotta: “Juve? Chiusa una porta si è aperto un portone. Molto coinvolto dall’Inter. Icardi…”

L'ad dell'Inter ha parlato della sua nuova avventura in nerazzurro

Andrea Della Sala

"Dopo l'addio alla Juve, Beppe Marotta ha intrapreso una nuova avventura all'Inter. Il nuovo ad nerazzurro, intervistato da Il Secolo XIX, ha parlato di Genova, del passaggio all'Inter e anche di Icardi:

"Marotta, lei ha abitato otto anni a Genova, avrà vissuto con particolare partecipazione il crollo di ponte Morandi. Dov’era quando lo ha saputo?

«Ero nella sede della Juventus e stavo guardando Sky Tg 24. Subito è stato come una ferita, che si è propagata in un istante. Come se una parte del corpo ti venisse a mancare, una spaccatura netta. Poi ha iniziato a salire l’angoscia nel vedere quello che accadeva».

"Cosa ha fatto?

«Perin e Bonucci rischiavano di essere proprio lì in quell’istante, ci siamo informati subito, erano già rientrati».

"Stati d’animo forti che confermano il legame inscindibile che ha con la Liguria. Cosa è per lei questa regione?

«Intanto la consacrazione della mia attività professionale. Da un punto di vista lavorativo, un’esperienza bellissima, otto stagioni vissute alla grande. Arrivai con la squadra quasi in Serie C, l’ho lasciata qualificata per i preliminari di Champions. Otto anni di emotività intensa. Poi in Liguria sono nati i miei figli Elena e Giovanni: nel 2010, il giorno di Italia-Serbia, quella rinviata per i disordini dei serbi».

"Nel cuore cosa si porta appresso? 

«Così come mi è successo per Venezia, mi tengo i posti magici. Quando lavoravo a Venezia la sede del club era tra piazza San Marco e il Ponte di Rialto. Una passeggiata quotidiana in mezzo a capolavori dell’arte per andare al lavoro. In Liguria a essere preponderante è la natura. Il percorso da Corte Lambruschini, la sede, ai campi di allenamento della Sampdoria a Bogliasco è una gioia per gli occhi. Facevo la strada a mare, da corso Italia, un piacere».

"Genova e i genovesi: come Riccardo Garrone, il presidente della Sampdoria. Che ricordo ha?

«Era una persona che incuteva quel giusto timore che gli derivava dalla sua grandissima esperienza. Era anche un uomo di buon cuore e aveva una qualità fondamentale e positiva per un presidente di club: sapeva delegare e si fidava. Per uno che fa il mio mestiere è basilare».

"Il libro del cuore o quello che sto leggendo?

"Non sono un grande lettore, lo ammetto. Ma ora sto leggendo 'Le tribù del calcio' di Morris. Mi interessa capire di più le tribù del calcio e nel libro si dice che il calcio senza spettatori è pari allo zero. Sono d'accordo".

"Cosa dico a chi mi imita?

"Rockefeller diceva che la fortuna è solo una circostanza quindi il resto lo metti tu, se hai le qualità prima o poi emergono. Se parti da lontano farai un po' fatica ma riuscirai, devi capire il momento, essere sveglio, pronto e aggiornato".

"Come me la cavo con Whatspapp?

"Lo uso da poco e vado piano piano. I nuovi strumenti di comunicazione sono importanti, la tecnologia aiuta ma non deve sostituire i rapporti umani. Vorrei un mondo dove i rapporti restassero sempre al primo posto.

"Come mi sento all'Inter?

"Molto motivato, la difficoltà della sfida mi fa sentire piacevolmente coinvolto e mi spinge a cercare di fare bene. Ho sfondato quota cento perché ho 61 anni e lavoro da 41 anni, ma credo che non sia ancora arrivato il momento di andare in pensione".

"Scommetterà su Icardi?

"E' un talento, un talento che deve ancora consacrarsi come campione. Oggi ha 25 anni e deve mettere a punto tutte le sue esperienze, anche quotidiane, per crescere". 

"Ronaldo?

"Un campione. Prima con la testa. Nella sua carriera ha fatto 100, non si accontenta e vuole arrivare a 120. Non trascura niente: allenamenti, stile di vita, comunicazione". 

"Quagliarella?

"Come Ronaldo, non a caso sono lassù nella classifica dei marcatori. Un professionista esemplare". 

"Piatek?

"Fa parte della bellezza del calcio. Quello che non ti aspetti, il giocatore che si prende la ribalta all'improvviso. Il difficile per lui viene ora: la conferma. Il trasferimento a Milano lo metterà di fronte ad aspettative diverse. Apro una parentesi su Preziosi: è uno dei più grandi talent scout del calcio italiano". 

"Dalla Juve non si sarebbe aspettato una maggiore riconoscenza?

"Era arrivato il momento di cambiare. Con me sono cresciuti manager che dovevano ormai prendersi delle responsabilità e la società ha deciso un cambio generazionale. certo, si poteva gestire meglio il cambiamento. Però citerò Mandela che diceva: nella vita non perdi mai, o vinci o impari. Nel mio caso poi si è chiusa una porta e si è aperto un portone". 

"Lei proverà a vincere con un'altra big, l'Inter. Non trova che il campionato sia diventato noioso? Succedono sempre le stesse cose

"La vittoria in provincia come Verona o Cagliari ormai è utopia. Una volta c'era il calcio dei mecenati, ora il calcio è business. Come tale, risponde ai numeri e i numeri dicono che i bilanci delle big sono irraggiungibili per le piccole. Genoa e Samp stanno facendo benissimo perché il trading dei calciatori è l'unica cosa che possono fare. La vendita di Piatek ha fruttato al Genoa 40 milioni, quasi quanto il fatturato di un anno del club". 

"Anche il mercato: le piace così lungo?

"No. E' il mercato degli insoddisfatti, va accorciato". 

"Dove si vede tra qualche anno, in Figc?

"Ho avuto tante proposte, anche da Figc e Coni". 

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