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Marotta: “Rinnovo Lautaro, potete stare sereni. Seconde squadre fondamentali. Messi-Inter…”

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Ospite della presentazione di "Odio il calcio", il nuovo libro di Fabrizio Biasin, l'amministratore delegato dell'Inter, Beppe Marotta, ha parlato così
Marco Macca Redattore 

Ospite della presentazione di "Odio il calcio", il nuovo libro di Fabrizio Biasin, l'amministratore delegato dell'Inter, Beppe Marotta, ha parlato così: "Ricordo ai tempi del Como, si parlava tanto di AIDS e io ero ds: mi fecero uno striscione giocando su questa assonanza. Cena con Conte a Trento? Ma no, era una cena allargata a quindici persone".

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C'è spazio ancora per l'ironia in questo calcio?

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"Oggi scherzare e fare ironia è pericoloso, devi stare attento a con chi parli, dove parli. Però mi piace fare calcio, la passione si concretizza con l'adrenalina di andare a giocare sabato a Torino o martedì col Salisburgo senza sapere cosa succederà. Se dovessi fare l'agente o altro, non mi entusiasmerebbe più".


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È diventato più autorevole col passare del tempo?

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"Ma questo vale nella vita in generale, a una certa età si inizia ad avere una certa esperienza alle spalle. Ti porti dietro le cose buone e le cazzate che hai fatto, le sconfitte che hai subito: nella vita capita di aver sbagliato alcune cose e oggi ho la consapevolezza per poter affrontare anche cose negative".

Seconde squadre

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Le seconde squadre secondo me sono uno strumento indispensabile nella crescita dei giovani. Quello dalla Primavera alla prima squadra è un passaggio difficile, serve un passaggio intermedio che potrebbe essere l'Under 23. Ma faccio un mea culpa, anche al club che gestisco: mancano le strutture per far allenare l'Under 23. Viola Park? Struttura unica in Europa, tanto di cappello a Commisso per quello che ha fatto.

Messi è mai stato nei pensieri dell'Inter?

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"Ci mancherebbe altro. C'è stato un momento in cui… ma prima che arrivassi io".

Chi è il suo Messi?

—  

"In questo momento è Lautaro".

È il giocatore più forte che ha avuto?

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"Non so, la categoria dei forti è difficile da circoscrivere. Lautaro è un giovane talento che è diventato campione, dopo domenica sta giocando e migliorando giornata dopo giornata. È un elemento di cui si parlerà".

Su Lautaro si può stare sereni?

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"Sì, assolutamente sì. È evidente che non voglio dare notizie, già siamo in sovraesposizione mediatica".

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Si arrabbia ancora per le cose che legge sui giornali?

—  

"No, perché se replichi a tutte le cose negative che escono, per fortuna poche, poi ne deriva un'eco mediatica ancora maggiore. È anche cambiata la categoria dei giornalisti, magari si fa meno selezione e oggi le notizie devono uscire subito per avere più letture: così si arriva anche alle fake news, però fa parte di un mondo che è cambiato".

Basta vedere la percezione dell'Inter da una sosta all'altra.

—  

"Una differenza di due punti ti fa passare da fenomeno ad altro. Ma fa parte del mercato giornalistico. Penso al panorama televisivo: l'altro giorno c'erano Conte e Corona su Rai2 e Rai3. Sono argomenti che erano entrambi interessanti per un appassionato di calcio, sulla stessa testata, ma evidentemente non si potevano seguire in contemporanea".

Cosa pensa dello scandalo scommesse?

—  

"Assisto all'ennesimo scandalo, mi ricordo il Totonero di inizio anni '80. La scommessa cos'è? A mio giudizio, un vizio e un aspetto negativo, anche se viene pubblicizzata pure a livello statale. Fa parte della società, del dover convivere con ragazzi che vanno aiutati nella loro crescita: sono persone che cambiano da un giorno all'altro, diventano ricchi e famosi. Con la facilità dei soldi si lasciano andare anche ad altro".

Lei ha vissuto con diverse generazioni di calciatori. È cambiato tanto, come sono cambiati i giocatori?

—  

"Intanto oggi ci sono gli strumenti con i quali ci si può divertire e fare cose sbagliate. Gli elementi di tentazione una volta erano molto inferiori, oggi il telefonino è fonte di tutto: di soddisfazione, di pericolo, di adrenalina. Ci sono aspetti positivi e altri fattori di rischio, è normale che ci possa essere una certa fragilità da parte dei giocatori, che per motivi diversi si lasciano andare a leggerezze. La colpa è anche dei dirigenti, sia delle istituzioni calcistiche che dei club che dei procuratori che del sindacato: tutti facciamo troppo poco per evitare queste tentazioni ai ragazzi".

Lei studia un calciatore da questo punto di vista prima di prenderlo?

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"È difficile, ma bisognerebbe fare un test d'ingresso. In qualsiasi azienda si fa un colloquio, nel calcio no: solo quando prendi un calciatore ti rendi conto di alcuni aspetti negativi o che possono rappresentare un problema. In più, un calciatore è un asset patrimoniale. Pensate se un giocatore fosse squalificato per anni, quale danno economico per il club, quando in realtà non ha grandi responsabilità. È una situazione da studiare da tantissimi punti di vista".

Inter ultima squadra della carriera?

—  

Sì. Anzi, sicuramente sì. Dopo mi piacerebbe cimentarmi nella politica della sport. Obiettivo scudetto? Chiaramente la seconda stella sarebbe qualcosa di storico, da cucire sul petto.

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