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Marotta: “Skriniar come Lukaku, finse il rinnovo. Lautaro è diverso. Taremi a gennaio…”

Fabio Alampi Redattore 

L'amministratore delegato dell'Inter ha spaziato tra passato, presente e futuro nerazzurro: tanti i temi toccati

Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell'Inter, ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "Ho vinto il mio primo scudetto a Torino con Antonio Conte senza impegni europei. L’esperienza mi dice che poter pianificare la stagione solo con campionato e la Coppa Italia è un vantaggio. Ecco perché dico che la Juventus è la favorita per lo scudetto".

Eppure, voi dirigenti e gli stessi calciatori vi siete sbilanciati molto sulla seconda stella. Perché?

"Dico no all’eccesso di prudenza e di umiltà. Se sei all’Inter, devi essere ambizioso, l’asticella deve essere alta. Noi ci dobbiamo credere. Diverso è dire “siamo i migliori”: quella sarebbe arroganza".

Giriamo la domanda: perché dovrebbe vincerlo l’Inter, questo scudetto? Ci dia un motivo.

"Perché ci sentiamo forti e abbiamo una grande considerazione di noi stessi, frutto dei risultati in Europa della scorsa stagione. E sappiamo quanto i tifosi tengano a questo scudetto, che coincide con la seconda stella".

Che partenza di stagione è stata?

"È stato l’anno del maggiore cambiamento della rosa, sono arrivati 12 giocatori nuovi. Nonostante questo, giudico il nostro avvio molto positivo".


Però Sassuolo e Bologna...

"Circostanze sfavorevoli. E certo, alla base ci sono stati anche degli errori. Ma non credo che ci sia stato un rilassamento dopo il 5-1 del derby. Piuttosto, dobbiamo allenarci a combattere i cali di tensione e la stanchezza mentale".

Torino, Salisburgo e Roma: l’Inter è pronta?

"Deve esserlo. Con Ausilio abbiamo allestito una rosa in grado di rispondere a queste sollecitazioni".

È la sua Inter più completa?

"Sicuramente sì. È la più omogenea, ci sentiamo garantiti in tutti i ruoli".

Anche in attacco?

"Se guardiamo i numeri, il reparto ha funzionato alla grande: non c’è stata neppure una partita in cui siamo rimasti a secco. Piuttosto, abbiamo incassato gol evitabili. E lo scudetto si vince con la migliore difesa".

La sua prima Inter, 2018-19, aveva più o meno lo stesso monte ingaggi di oggi: 116 milioni. Eppure ora correte per lo scudetto. Cosa significa?

"Rispondo così. Ridimensionare costi è uno degli obiettivi, ma la competitività non deve mai abbassarsi. Mi spiego meglio: i calciatori importanti per forza di cose sono accompagnati da ingaggi importanti. Più che la riduzione dei costi, allora, mi interessa che siano valorizzate al massimo le risorse. Se sei in un grande club, un club che vuole vincere, il monte ingaggi non potrà mai scendere sotto una certa cifra".

Perché Lautaro allungherà il contratto?

"È giusto che la società faccia attenzione alle situazioni dei propri giocatori: da una parte si tutela l’asset, dall’altra si rafforza il senso di appartenenza. Lautaro non è come Skriniar: se manifesta la volontà di allungare, che corrisponde anche alla nostra, vuol dire che siamo sulla strada giusta e il matrimonio può continuare a lungo. Avere calciatori fidelizzati è un valore aggiunto: se manca il senso di appartenenza, un giocatore non capisce neppure cosa vuol dire giocare o vincere un derby. Il massimo, per una società, è avere un calciatore che rinuncia ad andare in squadre più importanti pur di rimanere legato al suo club".

È il giocatore più forte del nostro campionato? Ha ragione Baggio?

"Sì, in questo momento nessuno è come lui".

Lukaku è un rimpianto, una delusione o solo un avversario?

"È il passato, Lukaku è il passato. Non c’è una componente societaria che ancora pensi a lui. Nessuno, dico nessuno. Poi, da uomo di calcio, sono dinamiche che devi mettere in preventivo, non è mica la prima volta che mi capita...".

Sicuro? Un esempio simile?

"Quello di un giocatore che ha fatto finta di voler rinnovare e poi in realtà pensava altro...".

Ovvero Skriniar.

"Ho provato un forte sentimento di delusione. Perché quando un giocatore non rinnova, non va contro la classe dirigenziale o contro il presidente, ma va proprio contro la storia e il valore del club. Ha fatto un torto all’Inter, non alle persone. Avrebbe potuto rinnovare, gli abbiamo proposto tante soluzioni del genere, anche quella di fissare una clausola rescissoria che tutelasse sia lui sia le esigenze dell’Inter. Ma ha sempre detto no".

Perché in estate a un certo punto l’Inter ha spostato il budget fissato per l’attacco sulla difesa?

"Perché nel frattempo si era creata l’opportunità di prendere un profilo di giocatore importante per il presente e il futuro. Pavard ha un valore patrimoniale forte indipendentemente dal ruolo".

È vero che Thuram le ricorda il papà?

"Umiltà, coraggio, perseveranza: Marcus ha gli stessi valori di Lilian, valori che sono alla base del successo personale".

Crede a un’altra finale di Champions League?

"Sì, ci credo. Perché a differenza dello scudetto, dove vince sempre il più forte, la Champions è un po’ come la Milano-Sanremo nel ciclismo: contano anche le circostanze favorevoli".

Se le dico Inzaghi?

"Il suo bilancio è molto positivo, la società è molto contenta di lui. È arrivato all’Inter con una sola esperienza alle spalle da tecnico, nella Lazio. È giovane, rispetto alla media degli allenatori del nostro campionato, dunque può consolidarsi. È diverso dagli altri tecnici che ho avuto in passato, come è giusto che sia: lui è per un calcio aperto, spettacolare, che fa divertire. Poi siamo l’Inter: lo spettacolo deve coniugarsi con le vittorie, altrimenti giocare bene non serve a nulla".

A gennaio farete mercato? Si parla di Taremi come obiettivo.

"Non credo. Però siamo l’Inter e siamo sempre attenti a ogni situazione. E ci tengo a dire una cosa: prima i giocatori erano restii ad accettare l’Inter, adesso in tanti vogliono venire, la scorsa estate abbiamo dovuto dire parecchi no. Thuram, Sommer e Pavard ci hanno scelto, vuol dire che l’Inter è considerata credibile".

Quanto è stato difficile chiudere lo scorso mercato in perfetto equilibrio tra entrate e uscite?

"L’Inter è oggi un modello di sostenibilità. È inammissibile che una proprietà debba continuamente immettere soldi, la famiglia Zhang lo ha fatto per circa 900 milioni di euro. Noi come management abbiamo un vantaggio, la possibilità di lavorare con tranquillità: questo a Zhang va riconosciuto. Ma non c’è un club che oggi possa fare a meno del player trading. Un giocatore di peso all’anno va venduto, questo il tifoso deve capirlo. E più che di perdere un calciatore, deve preoccuparsi che la propria squadra abbia vita perenne, garantendosi il presente e il futuro".

Prossima sosta stagionale a metà novembre: dove sarà l’Inter?

"Non lo so. Ma oggi è meglio essere cacciatori che lepri. Tatticamente, preferisco così".


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