ESORDI - "Ho esordito nel 1977 al Varese come vice del direttore Piedimonte. Credo di giocarmi la palma della maggiore anzianità di servizio con Pierpaolo Marino. Prima volta al mercato nel 1977 e l'anno successivo, nel 1978, l'arrivo dei carabinieri. Mi ricordo quel giorno, volavano le valigette dalle finestre e dalle scale dell'hotel Da Vinci di Bruzzano, sede delle trattative. Il blitz era stato deciso dal pretore Costagliola, su esposto di Sergio Campana e dell'Associazione calciatori. L'AIC voleva eliminare i mediatori delle compravendite e chiedeva che i giocatori non venissero più considerati come pacchi postali. Fin lì, se Tizio veniva venduto alla società XY, non poteva opporsi. Poteva rifiutare il trasferimento, ma in quel caso sarebbe stato confinato in un angolino: c'era il vincolo. Nel '78 il mercato venne sospeso e per sbloccarlo dovette intervenire il governo Andreotti, con il sottosegretario Evangelisti. Nel 1981 arrivò poi la legge 91, dove si stabilì che la firma del giocatore sarebbe stata decisiva per validare un trasferimento. Quando, anni più tardi, la legge Bosman stabilì che a fine contratto sarebbe stato libero di scegliersi la nuova squadra, senza che al vecchio club venisse corrisposto un indennizzo, il percorso venne completato. Oggi siamo agli antipodi rispetto al 1977, siamo passati da un estremo all'altro".
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AFFARE IMPORTANTE -"Da DS del Varese, nel 1980, quando presi Rampulla dalla Pattese, in Sicilia, per due milioni di lire. Mi pare che il ragazzo abbia poi fatto carriera. Il presidente del Varese era l'avvocato Mario Colantuoni, uno dei miei maestri. Colantuoni, ex proprietario della Samp, voleva essere chiamato avvocato e non presidente perché, diceva, per diventare avvocati bisogna farsi un mazzo così, mentre per essere presidenti bassa firmare un pezzo di carta. Lo avevano soprannominato l'avvocato di campagna, ma aveva ragione lui".
ALTRO TIPO DI MERCATO -"Imperversavano i mediatori, gli antesignani dei procuratori. Ne ricordo tre: Romeo Anconetani, futuro presidente del Pisa. Lamberto Giuliadori, che aveva forti agganci in Brasile; Biagio Govoni, che poi diventò direttore sportivo. Prendevano il 5% su ogni affare. I contratti venivano battuti con la macchina da scrivere e su carta carbone".
PRIMO ERRORE - "Sempre al Varese. Don Antonio Sibilia, patron dell'Avellino, mi chiese Ennio Mastalli e io gli dissi: 'Parliamone'. Senonché, a trattativa ben avviata, venne da me Angelo Massimino, presidente del Catania, che mi offrì 100 milioni in più di quelli che voleva darmi Sibilia. Chiusi l'affare con Massimino, Don Antonio non la prese bene".
CON SIBILIA -"Mi affrontò a muso duro e passai un brutto quarto d'ora. Disse che ero stato scorretto, che mi ero comportato malissimo, però alla fine mi liberò dall'impegno che avevo preso perché aveva intuito la buona fede, la voglia di fare gli interessi della mia società. Fu una lezione".
MASSIMINO -"Che personaggio. Ho un aneddoto inedito su di lui. Un giorno si arrabbiò perché il Catania aveva comprato uno stock di guanti da portiere. 'E perché i portieri hanno bisogno dei guanti e gli altri no?', imprecava. Non conosceva i dettagli tecnici però se ti stringeva la mano potevi stare tranquillo".
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