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In che senso?
—«Nel senso che sono diventati una famiglia, come eravamo e siamo ancora noi del Triplete: anche ora in Georgia il tempo per noi non sembrava essere passato. Pure nell’Inter di adesso tutti sono felici per il gol di un singolo, come quando si è sbloccato Arnautovic e la panchina è saltata: non era scontato, era sincero. Da queste cose si capisce che tutto funziona».
Arna è l’anello di collegamento tra la sua e questa Inter.
—«Da noi era un bambino con cui scherzavamo per farlo crescere. Ora è un uomo e un grande giocatore che non ha nulla da dimostrare. Quando l’ho visto d’estate gli ho detto solo “stai tranquillo” e lui mi ha sorriso. Gli infortuni lo hanno frenato, ma non entra mai con il broncio, anzi ha l’atteggiamento giusto. Certo, davanti ha due mostri, però ha capito il ruolo e ora arriva la “sua” partita contro il Bologna».
La sentirà anche Thiago Motta, altro suo ex compagno.
—«Thiago è concreto senza inutili bollicine, intelligente, preparato. Poteva prendere in corsa il Psg, lì aveva la strada spianata ma ha voluto farsi le ossa a Genova, Spezia e ora a Bologna: si è costruito passo dopo passo e ha evitato salti nel buio, come il Napoli post-scudetto. Anche questo fa capire che testa abbia, il suo Bologna è forte come lui. Spero che non vada in una grande d’estate e resti lì in Emilia per un po’, così noi continuiamo a vincere con Inzaghi e poi un giorno, chissà quando, potrà essere lui a prendere il posto di Simone».
Ma questa squadra può “insidiare” la vostra del Triplete?
—«Dico onestamente che giocano meglio loro di noi. È proprio un piacere seguirli: il merito va dato a Inzaghi che ha capito come non disperdere il talento. Basta far stare bene insieme dei giocatori forti per ottenere risultati, anche senza inventarti chissà cosa. E poi bravissimi i dirigenti che ne hanno sbagliate davvero poche in questi anni. Da Mkhitaryan a Barella, sapevano che lì c’erano radici solide, appartenenza, serietà. Così hanno costruito questa squadra che sembra perfetta».
La perfezione parta dalla difesa: chi è il Materazzi oggi?
—«Acerbi forse si avvicina per la storia, perché si è consacrato tardi. Ma mi rivedo in Bastoni, un po’ nel fisico e un po’ nel modo in cui lancia di sinistro».
Con l’Atletico come la vede?
—«All’andata si poteva segnare di più, ma la squadra ormai non trema. Certo, lì è tosta perché se fai errori li paghi contro avversari così smaliziati...».
Un ricordo di Simeone?
—«Un brutto ricordo e tutti sanno qual è (il 5 maggio, ndr) quindi meglio non parlarne. Però questo può essere davvero l’ostacolo più duro verso la finale».
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