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Il protagonista della nuova puntata di Inter Legends, ormai noto format di Inter Channel dedicato alle vecchie glorie della storia nerazzurra, è Marco Materazzi. Con il numero 23 sulle spalle, Matrix ha scritto pagine importantissime nei suoi dieci anni da interista: il palmares dice 5 campionati, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe, 1 Champions League e 1 Mondiale per Club.
Da qui, le ragioni di una puntata dedicata interamente a lui dal canale ufficiale del club nerazzurro. Materazzi, attualmente allenatore del Chennaiyin in India, ha raccontato tutta la sua carriera ad Alessandro Villa. FCINTER1908.it vi riporta l'intervista integrale.
INIZI IN PUGLIA - "Non era facile sì, su quei campi era così, ma io ho fatto la mia strada e la mia formazione. Non rinnego le mie esperienze, lì o bevi o affoghi. Io ho bevuto, ma ho imparato tanto con la mia testa. Tutto è utile, quando uno inizia la propria avventura ha sempre da imparare. Ho avuto mister che mi hanno accudito come un figlio, mi hanno aiutato a crescere. Non ho avuto un'infanzia stupenda, avendo perso mia madre, ma uno poi deve crescere. E io penso di averlo fatto nel migliore dei modi"
TRAPANI - "Penso che la svolta a livello umano avvenne nel Tor di Quinto, dove conobbi persone che mi accudirono come un figlio. Trovai una nicchia dove crescere tranquillo. C'era un ambiente tosto, tutt'ora il presidente ringhia. Poi andai a Marsala, dove mister Baiata fu un professore, ero sempre a casa sua. Poi ecco Trapani, dove diventavo professionista a tutti gli effetti. Lì mi volle l'allenatore, all'inizio mi disse 'non ci siamo, tra 6 mesi sarai titolare'. Io lo guardai un po' così, ma dove camminava lui io andavo. Sei mesi erano tanti, ma ci voleva quel lavoro lì. A basket ho giocato un anno solo, a Benevento non avevo un campo di calcio ma solo uno da basket. Mi adattai a giocare con la palla a spicchi. Ma quando uno nasce e ha le foto in bianco e nero con un super tele o con un pallone di cuoio di quelli che ti lasciavano i segni in testa quando li colpivi, penso che nella vita possa fare solo una cosa. Finale playoff persa contro il Gualdo di Novellino, che poi mi volle a Perugia? Arrivammo in semifinale, perdendo per un gol al 97'. L'arbitro diede 7 minuti di recupero, io rimasi sulla linea a cercare un miracolo, presi 8 in quella partita giocando centrale e terzino. Ebbi un mezzo parapiglia con lo stesso Novellino, e li capimmo di che pasta eravamo fatti. Per cui mi volle subito a Perugia"
SERIE A - "Esordio in Perugia-Inter. Non dormii una settimana, dovevo giocare contro Djorkaeff e Zamorano che li sognavo di notte. Dopo 5 minuti rischiai di far gol su calcio piazzato. Poi finì 0-0. Avevamo Nevio Scala in panchina, fui fortunato perchè c'era Di Frara squalificato. Io arrivai nei primi allenamenti, mangiavo anche l'erba. La domenica c'era l'Inter. Marcavo Zamorano, ogni palla che saltavo qualche tranvata gliela davo. Gli dicevo 'scusa', ma lui ad un certo punto mi ha detto 'oh'. Ma io non potevo prendere gol in quella partita. Non volevo perdere. Per tutta la mia carriera la mia prerogativa è stata quella, da Tor di Quinto alla Serie A. Ancora oggi, quando gioco con gli amici, se perdo non ci sto"
PERUGIA - "Impressionò tutti nell'anno in cui chiesi di andare via. Smobilitammo tutto e c'erano tanti giovani di belle speranze. Io non ero convinto che avremmo potuto fare un campionato del genere. Fortunatamente mi sbagliai, fu la vera svolta per il grande salto. Già l'anno prima c'era l'opportunità Inter, per sostituire Cirillo. Il Signore mi ha voluto dare questa chance un anno dopo, magari fossi andato l'anno prima sarei tornato subito a Perugia, perchè quella stagione fu disastrosa. Quando becchi un anno così, rischi anche tu di finire nel calderone. Invece arrivai nel momento opportuno, dopo aver fatto 10 gol in campionato. Fu la cosa migliore per me. Dopo un Perugia-Inter in cui segnai essendo già stato comprato dall'Inter, incontrai Facchetti negli spogliatoi. Mi disse: 'Non mi superare' (parlando del suo record, ndr). Io per lui lo avrei fatto volentieri, ma arrivando avevo un obiettivo enorme, quello di poter superare un grandissimo personaggio dello sport e del calcio"
PRIMA STAGIONE - "Avevamo 4 fenomeni, Ventola e Kallon correvano quanto Vieri e Ronaldo. Ci aiutarono tutti a rimanere attaccati al treno scudetto. Ahimè, all'ultima giornata poi quello scudetto lo perdemmo. E ancora oggi dico che avrei dato due degli scudetti che ho vinto in cambio di quello. In quell'anno nessuno avrebbe scommesso un euro su di noi. Arrivammo dove nessuno pensava. Quell'anno fummo coglioni noi, la buttammo via noi nell'ultima partita. Però, se ancora oggi rivedo Chievo-Inter e l'illustrissimo dottor De Santis che guarda Ronaldo ed è quasi tentato di ammonirlo, mi viene da ridere. Se non è quello uno scandalo, penso ci si vada comunque molto vicini. Dovrei star qui a rielencare tutte le partite. A Venezia andammo a perdere 1-0 su rigore con Maniero che andò in conferenza a dire che il rigore non c'era. Arbitro Rodomonti o Racalbuto. Sono tutte cose che... Poi ci mettemmo anche del nostro, perchè lì Gresko poteva evitare, la palla sarebbe andata fuori, non c'era bisogno del fallo su Maniero. Ma sono cose che ormai sono passate, è inutile stare qui a rivangarle"
SECONDA STAGIONE - "Partii con una grande punizione col Modena, ancora oggi mi emoziono sentendo Scarpini che urla al mio gol. Non ne feci altri poi perchè non ne tiravo di punizioni (ride). Lì andai sicuro sì, potevo tirarla solo là. Non sono tanto presuntuoso, col mio piede quello era il massimo che potevo fare"
CIRILLO - "Presi due mesi di squalifica, sommati ad altri due per un infortunio muscolare che mi aveva colpito contro l'Arsenal. In quell'occasione non giocavo ed ero fuori appunto, per cui sbagliai a parlare da fuori, anche perchè non ero in lista, non avrei dovuto. Sbagliammo poi in due nel tunnel: io sentii lui parlare, voleva chiarirsi. Non vidi il guardalinee, successe quello che successe e sbagliammo. Ma penso di aver pagato per quell'errore. Lì c'era Facchetti alla prima da presidente, mi salvò. C'era mia moglie a casa, che non guarda mai le partite. Vide la scena in televisione, chiamò subito per chiedere cosa avessi combinato. Rispose Giacinto e disse 'niente, tranquilla'. Chiesi poi scusa a tutti, perchè Giacinto volle così. Io a caldo, forse sbagliando, non avrei chiesto scusa. Ho sbagliato prima, non dopo. Lì credo proprio di non aver sbagliato, ma ho le spalle larghe e sono andato avanti. So benissimo chi sono i miei amici e chi mi è stato vicino in quei momenti difficili, nel calcio e nella vita"
RIENTRO - "Due mesi dopo, torno per Inter-Juventus. Lì devo ringraziare la mia persona, per come mi ero allenato in quei due mesi, e devo ringraziare Zaccheroni, perchè in quel momento Adani stava facendo un grandissimo campionato, ma lui evidentemente nel mio errore aveva visto la voglia di farmi perdonare facendo una grande partita contro gli avversari più storici. Quando senti quella fiducia, in tutto, riesci a dare il 100 % e molto di più"
ARRIVA MANCINI - "In quella stagione stavo andando al Milan. Poi mi chiamò Lippi e mi disse che in Germania mi avrebbe portato comunque, nonostante le difficoltà in maglia nerazzurra. E io non andai al Milan. Facile dire il contrario, ma stavo andando. Sarebbe stato difficile, avrei preso insulti dalle persone che ho amato e che mi hanno amato per 10 anni, probabilmente là non sarei nemmeno voluto entrare dentro Milanello. Ma era una scelta data dalla mia voglia di andare al Mondiale e di dimostrare le mie qualità. Ancora oggi io reputo Sinisa Mihajlovic una grande persona e un grande calciatore, ma in quegli anni potevamo fare un po' per uno. Purtroppo il Mancio vedeva meglio lui. Due mancini non vanno bene? Me lo disse anche Leonardo qualche anno dopo, tu e Chivu siete mancini, non potete giocare assieme. Infatti giocò con Lucio e Ranocchia, due destri, e perdemmo contro Milan e Schalke in una settimana. Il rischio di due mancini è che fanno due passaggi di fila forse. Con Mancini, in quella circostanza, pesò parecchio l'ultima partita prima di Natale, quando entrai al posto di Sinisa che si era fatto male e salvai un gol. Feci le vacanze di Natale, trovai lo tsunami e rientrai tardi, quando me lo concessero. Avremmo giocato contro Livorno e Sampdoria, ex squadra di Sinisa, e per questo mi aspettavo di giocare contro il Livorno e di non giocare contro la Sampdoria. Ma invece scoprì nella riunione tecnica che, nonostante Sinisa venisse da un infortunio, avrebbe giocato lui pure contro il Livorno. Perciò capii che all'Inter, per me, quell'anno non c'era posto. Poi entrai, feci gol. Feci gol e mandai a quel paese Mancini. Poi mi chiarii con tutti, con il mister, con Giacinto e con le persone di riferimento. Superammo tutto e rimasi all'Inter senza problemi: l'anno dopo diventai il fenomeno, diventai Beckenbauer, ma io ero sempre lo stesso"
NAZIONALE - "Oriali mi chiese la maglia della Nazionale? Lele è stata la persona che ho sentito prima di passare all'Inter. In diverse circostanze, Lele è stato il mio più grande stimatore. Mondiale? Penso di aver fatto tutto in quel Mondiale. Bene e male, ma l'importante è che l'ultima cosa sia stata quella positiva, ossia i due gol in finale. L'importante è quando alzi la Coppa, non quando la guardi e ci passi vicino. Accadde di tutto, per la prima volta una prova tv, per la prima volta mi presi due giornate per una provocazione. Alla fine però tutti i nodi tornano al pettine, e stiamo vedendo adesso quello che sta facendo l'illustrissimo dottor Blatter. Perciò, penso che quando cammini sulla riva del fiume poi il cadavere finisce giù. Gol in finale? Indico il cielo perchè in quel momento potevo indicare due persone: o la mia famiglia in tribuna o mia madre che era in cielo. Lì venivo dal gol contro la Repubblica Ceca, forse più importante di quello con la Francia. Fu bellissimo e fui agevolato perchè i cechi marcavano a zona. La mattina della finale, Cannavaro mi disse: 'Guarda che Patrick (Vieira) ha paura di te'. 'Ah, dimmelo pure'. Combinazione, io saltai proprio sopra di lui, feci gol e aiutai la squadra a vincere quella partita, contro una Francia che - almeno a livello atletico - era superiore a noi. Non mi vergogno a dirlo, anche se poi le occasioni le avevamo create anche noi. Rigori? Chi era andato a batterlo era sicuro, sicuro di quello che stavamo facendo. Il più felice fu De Rossi, che veniva da un massacro mediatico dove era stato in tirato in ballo di tutto, addirittura l'educazione dei suoi genitori. Questo ti fa capire il nostro paese. Poi anche lui divenne un eroe nazionale come tutti, perciò fu il più sollevato. In tutto il torneo ho avuto tanta forza mentale, all'Inter mi ero praticamente 'riposato' (ride). Devo ringraziare anche quei 6 mesi in cui giocai di meno praticamente. L'Italia fu sfortunata perchè Nesta si fece subito male, lui che per me - assieme a Maldini - è il più forte difensore italiano di sempre. Così, dovetti giocare io. Va beh, fino alla semifinale la pressione è poca, mi dicevo, poi con tutto il cuore speravo rientrasse lui. Non perchè non mi sentissi all'altezza, ma perchè con lui credevo avessimo più possibilità di vincere il Mondiale. Io sono sempre stato così, io volevo alzarle le coppe, io i fenomeni li volevo con me in campo. Poi andò come andò, giocai io e vincemmo lo stesso. Tornai Campione del Mondo, tornai Beckenbauer. Io ho sempre detto che la cosa più difficile nella vita è mantenersi a certi livelli. Il mio più grande orgoglio fu l'anno dopo, in cui feci 10 gol. Al di là del fatto che vincemmo lo scudetto, fare un grande campionato dopo il Mondiale penso sia il massimo. E' un dato di fatto, ci sono riusciti in pochi"
POST-CALCIOPOLI - "Sui calci piazzati poche squadre come quell'Inter lì, secondo me il Milan degli olandesi era così. Io da piccolo guardavo il Milan degli olandesi, avevano gente prestante e questo faceva la differenza. Derby con gol e rosso? Tirai su la maglia per mio figlio. E' l'Italia, il regolamento era quello... Presi 10.000 euro di multa, andai in Federazione e l'avvocato mi disse: "Mi raccomando, non dire che ce l'avevi con i tifosi del Milan quando sei uscito". Come entrai in sala, dissi: "Sono 10 anni che mi cantano 'Materazzi figlio di p...', era per i tifosi del Milan". L'avvocato era sotto la sedia, ma io pagai 5.000 euro invece che 10.000 ed ebbi ragione. Fui sincero anche in quella circostanza. Io accettavo tutto, insulti e critiche, ma la gioia di segnare al Milan, dedicare un gol a mio figlio e poter reagire contro di loro che mi insultavano, non aveva prezzo, come la Mastercard. Scudetto a Siena? Quel rigore lì ok, poi l'anno dopo sbagliai e tutti inveirono contro di me. Sono momenti, chi non lo tira non lo può sbagliare, chi non ha gli attributi per tirare non lo sbaglia. Io mi sentivo tranquillo e sereno, non vedevo perchè non prendermi quella responsabilità. Dopo il 3-1 con la Roma, tornai a casa e vidi i miei figli tristi. Poi c'era il Siena, dissi: "Non vi preoccupate, ci penso io". Me l'hanno fatto ritirare, cambiando il pallone. Ma potevano portare pure la palla medica, avrei fatto gol uguale. Gol con la Lazio? Urlai 5 maggio, perchè quell'anno ci voleva qualcosa per dimenticare quella stagione. Il 5 maggio i giocatori della Lazio fecero il loro dovere, niente da dire, tanto di cappello. Inutile dire che a Perugia l'anno prima andò diversamente. Fummo noi poco svegli, nel calcio è così. E' giusto che loro abbiano festeggiato poi, hanno fatto il loro dovere e stop. Inutile dire che non hai giocato, hai giocato per vincere. Io apprezzo di più la sincerità piuttosto che le bugie"
SCUDETTO ALL'ULTIMA GIORNATA - "2007/2008, vincemmo a Parma con un'acqua alta così. Grande partita di Mario Balotelli largo a destra, sembrava Garrincha. I primi due minuti prese un calcione che volò da un cartellone, ma fu impeccabile. Ma sinceramente, se in quella partita non fosse entrato Ibra, non avremmo vinto. Sarebbe finita 0-0. Loro volevano vincere, nessuno si scopriva. Senza il fenomeno non avremmo vinto. Lo pagavano anche per quello? Assolutamente, ma non è mai facile. Si dice che in Europa non è decisivo, ma per me è il più forte al mondo per vincere i campionati. La Champions ancora non l'ha vinta, aspettiamo. Tutta l'Italia aspettava il crollo? Quando uno cade di solito prova a rialzarsi. Il 5 maggio, sul 2-2, tutti noi volevamo fare il gol della vittoria. Tutti tiravano da centrocampo, anche noi dietro. A Parma invece eravamo più maturi, noi tutti lì consapevoli che poi là davanti qualcuno c'era per fare gol. Va dato merito alle persone mature che eravamo"
MOURINHO - "Io non sono mai stato titolare. Nella mia carriera, dovevo sempre conquistarmelo qualcosa di importante. Perciò, sapevo come si faceva. A 34 anni non puoi giocare 100 partite, ma quando trovi una persona che ti dà fiducia ed è sincero con te, le cose funzionano. Io così ho trovato il mio allenatore. Con lui lavoravamo sempre con la palla, lavoro è un parolone perchè io ho sempre detto che mi sono divertito, non ho lavorato. Quando trovi una persona aperta, che ti dice le cose come stanno e ti deve riprendere quando deve, comunque ti aiuta a crescere. Poi si può stare anche in tribuna, nemmeno in panchina, ma queste sono le cose che contano"
CHAMPIONS - "Serviva Mourinho che dicesse: "Adesso per vincere abbiamo bisogno di questo". La cosa difficile non è vincere avendo la squadra e facendola giocare bene, ma è vincere costruendola una squadra. Lì perdemmo Ibra per volere suo, prendemmo Lucio, Thiago Motta, Milito, Eto'o e Sneijder. Tutti dicono 'facile con questi 5', ma lui quei 5 che comprò li azzeccò tutti. Vendemmo gente importante. Con Samuel e Cordoba ci trovavamo quasi a memoria, ma Lucio ci diede una dimensione internazionale, le partite importanti non le ha mai sbagliate. Era un animale da Champions. Nelle partite importanti sarei sempre andato in campo con lui, ma anche con Samuel e Cordoba: nessuno si sarebbe mai tirato indietro, in guerra sarebbero andati tutti e 4. Quell'anno, di tutte quelle partite decisive, l'unica che pensavo di non giocare era quella di Siena, decisiva per lo Scudetto. Lì Lucio veniva da un infortunio, arrivò una straordinaria dimostrazione di fiducia. In Coppa Italia me lo potevo aspettare, a Madrid sapevo che sarei entrato perchè Josè me lo ha detto dopo la vittoria di Barcellona. Al Camp Nou entrò Bojan per Ibra, e per caratteristiche non poteva che entrare Ivan (Cordoba) al mio posto. Ma già li Mou mi disse che a Madrid sarei entrato io, per marcare Klose. Poi, che fosse stato 30 secondi, un minuto o mezz'ora, in ogni caso ho pensato che quella sia stata la più grande dimostrazione di fiducia di una persona nei miei confronti, perchè evidentemente la cosa era reciproca. Al Camp Nou per caratteristiche avrei fatto molta più fatica, io dico sempre che sono stato molto fortunato perchè non ho giocato nè contro Cristiano Ronaldo nè contro Messi: ho avuto culo (ride). Messi i gol li fa ovunque, Cristiano pure. Contro di loro devi fare il segno della croce e sperare"
GOL - "58 gol in carriera? Evidentemente non sono così scarpone come si pensa. Se fai gol, da qualche parte la devi pure picchiare, di testa, di piede, di stinco. Un gol è fortuna, 58 penso inizi ad essere un buon record. La rovesciata contro il Messina il gol più bello. Veniva dopo un battibecco con mister Giordano, ma poi sistemammo tutto dopo aver vinto la partita. Figo la mise in mezzo, la palla rimase lì. Grande assist di Ibra, io segnai così"
23 - "Prendo il numero per Michael Jordan e perchè a Roma sapete tutti cosa significa. Mia moglie giocava, MJ è stato l'atleta migliore di tutti i tempi. Adesso è facile, sono tutti muscolosi. Lui, da mingherlino, volava. Era un duro, uno che riusciva a trasmettere ai compagni la propria forza, e quello conta. Quando non sei più da solo, ma sei in tanti, l'unione fa la forza"
PIANTO CON MOU - "Mi dicono che parlo male di Benitez o chissà che. Io non giocavo già con Mourinho, ma con Benitez non fui trattato come con Josè a livello umano. Lì piansi perchè ci lasciava e perchè ero convinto che con lui avremmo vinto ancora tanto. Non solo in Europa, perchè in Europa era quasi impossibile ripetersi, ma in Italia avremmo rivinto lo scudetto. E per me che sono un animale da trofei... Mondiale per Club? Non entrai in finale ma quello fu solo l'epilogo. Con Benitez in quei 4 mesi sbagliai qualcosa anche io, anche se lui dice che sono un bugiardo o meno. Voi lo sapete, all'Inter lo sanno, la foto di Josè è stata tolta, era stata messa nella camera di Andrea Butti. Cambia poco chi abbia detto di farlo, se io ora lo faccio in India mi prendo la responsabilità, sono io l'allenatore. Quella fu la cosa più sbagliata in assoluto, prima di entrare nello spogliatoio"
COSMI - "La prima volta in ritiro litigammo, io volevo andare via. Discutemmo, lui disse al capitano Giovanni Tedesco di presentare il nuovo acquisto Ann alla squadra. Io dissi: "No, se gioco il capitano qui sono io, non è Giovanni". Là ci prendemmo, ma poi si risolse tutto e andò benissimo"
STANKOVIC - "Mio compagno di mille battaglie, è uno dei 4-5 personaggi a cui sono più legato nel calcio ma anche nella vita. Siamo Zingari. Lui e pure Chivu, gente che viene dal niente e che però ha sempre fame. Tutt'oggi, vedere Deki in panchina che si agita la dice lunga su quanto fosse un guerriero"
LIPPI - "Il primo momento in cui l'ho conosciuto eravamo in Islanda, perdemmo contro una squadra che non aveva mai vinto una partita ufficiale. Perdemmo ma lui non mollò e ci confermò tutti. Alla fine diventammo campioni del mondo, perchè evidentemente da quella sconfitta lui era riuscito a creare un gruppo capace di vincere"
MAGLIA - "La maglia 'Rivolete anche questa?'. Avevo vissuto delle vicende che non mi erano chiare, e poi alla luce dei risultati penso che un pizzico di ragione ce l'avessimo pure".
FACCHETTI - "Ho un quadro di lui a casa, me lo hanno regalato Luca e Gianfelice. E' la persona che mi ha trasmesso qualcosa negli anni che ero qui. Al di là del fatto che fosse il mio presidente o il mio vicepresidente, mi ha sempre dato consigli, ma consigli veri. E' quello che nel tunnel a Perugia mi ha detto di non superarlo, ma sono convinto che sia stato il primo ad essere più felice per il mio record. Perchè alla fine ero un 'cammellone' tipo un lui, ma lui era una persona che veniva dalla strada, una persona semplice come me"
RICORDI - "Se rifarei tutto? La partita che rigiocherei anche adesso a 42 anni lo sapete tutti qual è, è il 5 maggio. Finchè vivrò non me ne farò una ragione. Ma è anche il bello della rosicata, gli juventini che te la menano. Il bello è anche non poterla più rigiocare. Ho visto carriere peggiore però dai"
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