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Mazzarri: “Scontri con Mou ma siamo simili. Resta chi merita. Kovacic? Non bisogna volerlo sempre in campo perché…”

Eva A. Provenzano

Walter Mazzarri, intervistato da Giorgio Porrà, ha rilasciato un’intervista esclusiva a SkySport per il programma ‘I Signori del Calcio. Nella chiacchierata tra il tecnico dell’Inter e il noto giornalista sono stati trattati...

Walter Mazzarri, intervistato da Giorgio Porrà, ha rilasciato un'intervista esclusiva a SkySport per il programma 'I Signori del Calcio. Nella chiacchierata tra il tecnico dell'Inter e il noto giornalista sono stati trattati diversi argomenti. Vi riportiamo cosa si sono detti: 

 - Ti trovi nella definizione che ha dato di te Moratti?

Ho capito di aver sbagliato nel pormi a volte e di aver dato un’immagine pubblica diversa da quello che sono e di quella che di solito gli altri concepiscono con il contatto a pelle. Con il presidente, in generale con tutti i presidenti, ho avuto sempre un bel rapporto e mi ha fatto piacere che Moratti abbia parlato bene di me.

 - Lui dice di averti scelto per come lavori e perché sei un allenatore a tutto tondo, come un Mourinho. Ci ripensi e ti senti in debito?

Purtroppo a volte non veniamo ascoltati, nella mia prima conferenza avevo detto che potevano esserci delle difficoltà, una su tutte i giocatori che erano venuti da un anno difficile e dovevano riportare in un certo modo. Mourinho ha lasciato una traccia pazzesca e ripartire non è stato facile, più il cambio societario durante l’anno ha portato  a qualche scompenso nella concentrazione e poi ci sono stati dei parametri che vengono presi in considerazione in maniera superficiale. Si poteva prevedere un’annata difficile.

 - Attestato di stima da parte di Mourinho che ha detto che l’allenatore è bravo e ha detto anche che con Thohir si è in ottime mani...

Una delle cose che mi ha fatto contento è stato parlarci faccia a faccia nell’amichevole con il Chelsea in estate. E’ stato il primo dialogo. Come tipologia di managerialità siamo simili. Abbiamo avuto anche degli scontri perché allenavamo due squadre ed entrambi ci attacchiamo a tutto per portare benefici al nostro club. Poi ogni allenatore è un artista e parlo di tattica. Gestire le risorse umane poi ognuno lo fa in maniera diversa.

 - Mazzarri condivide gli obiettivi con il suo presidente. Thohir è distante, questo crea scompensi?

Magari potrebbe essere che il quotidiano cambierebbe se fosse qui. A volte nascono scintille in poco tempo, soprattutto quando sono chiare le linee guide, quando c’è chiarezza e c’è meno bisogno del contatto continuo. C’è stata una bella unità di intenti. Poi ci sono dirigenti che fanno da tramite e sono utile, gli trasmettono i tuoi pensieri e il lavoro di tutti i giorni e penso sia ben informato su questo.

C’è qualcosa che ti rimproveri?

Ho poco da rimproverarmi perché mi conosco e faccio il mio mestiere a 360 gradi. Una valutazione di un cambio, magari. Ma da quando sono all’Inter sto attento a tutto, coinvolgo tutti, non mi riconosco grandi colpe. Se uno fa un minimo di critica a se stesso ci sono cambi che vanno male, a volte ti danno ragione, a volte no, ma per le problematiche che ho trovato – me lo ha riconosciuto anche Moratti, ho cercato di far andare avanti i ragazzi comunicando al meglio il cambio societario e non ho chiesto nulla al presidente fino a quando non è successo – siamo andati avanti. Ci sono stati momenti in cui ho dovuti tranquillizzare i ragazzi, ho poco da rimproverarmi a livello personale.

 - Kovacic perché non decolla?

Credo che su di lui ci sia troppa pressione. Possiamo farlo crescere, fargli capire che l’Inter è una squadra che lotta sempre per il vertice. E un ragazzo senza esperienza di questo tipo si è voluto troppo responsabilizzare e ha un po’ pagato. Serve pazienza, deve lavorare sui suoi difetti e il suo talento naturale si vedrà, non bisogna volerlo in campo a tutti i costi, troppa responsabilità magari non riesce a reggerla.

 - Guarin è un giocatore recuperato?

Mi ha fatto piacere che il presidente ha detto che valuteremo tutti a fine anno. E’ stato bravo a dirlo anche in pubblico proprio perché così siamo tutti stimolati a riportare in alto l’Inter, e dà motivazione ai giocatori, chi vuole rimanere deve dimostrarlo. Se alla fine mi sarà chiesto dirò cosa penso di lui e se sarà ancora un giocatore importante per noi. Faremo delle scelte con tutti i ragazzi della rosa.

 - Hernanes, potenziale sotto traccia, ma sa fare tutto. Hai le idee chiare su di lui, su come valorizzarlo?

In linea di massima è come quando volevano che giocasse da mediano. Può farlo, ma è un peccato. Certe valutazioni si fanno anche in base al resto della squadra. In questo momento credo che ci sia bisogno di lui soprattutto nelle gare bloccate dove si può sviluppare la sua genialità, sui calci piazzati. E’ nel pieno della maturità può darci tanto, ha qualità che nel gruppo non avevamo e può darci una mano.

 - Cosa vuoi dai tuoi attaccanti?

Un conto è quando perdi la palla l’attaccante si rammarica, ma deve recuperarla subito. Anche a livello mentale deve essere abituato a questo aspetto. Non è facile. Devono correre tutti, non solo un attaccante altrimenti saltano i meccanismi. Il campione che si sacrifica per la vittoria, l’abbiamo visto anche con l’Inter di Mou, giocava con tanti ragazzi in attacco, ma Eto’o e Pandev tornavano a difendere. Non lo facevano subito, ma concorrevano aspettando il Bayern davanti all’area di rigore e aspettavano gli esterni. Questa mentalità io la cerco di inculcare a chi ho a disposizione adesso e spero anche nel futuro.

 - Thohir è d’accordo di condividere con te anche responsabilità manageriali?

Penso di si da quello che ha detto. L’ho fatto anche a Napoli. Bigon faceva il mercato, ma la mia volontà era importante. Quando mi chiedono del mercato io dico che non ne parlo perché dovrei essere informato anche sul budget, un conto è comprare, un contro è comprare in un certo modo e devi sapere che disponibilità ha il club, devi essere coinvolto. E io penso di essere adatto a fare questo.

 - Ulivieri dice che sei un ottimo uomo d’affari…

Quando io facevo ancora il secondo lui diceva che io ero un economo, un ragioniere, un contabile.Quando sposo un progetto, la società diventa mia e devo allenare bene perché produco per l’azienda, lavori per essa, aumenta il valore dell’azienda, dai un valore pazzesco alla tua squadra. Tutti i presidenti che ho avuto mi hanno voluto bene per quello, il mio passato parla in questo senso.

 - Ferguson è il tuo punto di riferimento e dice che un allenatore non deve perdere mai il bastone del comando e che bisogna avere un rapporto semplice con i giocatori…

Io spiego in privato ai giocatori, li chiamo uno ad uno nel mio ufficio e ci parlo. Poi dipende dai giocatori che hai. Quando ti capita che devi insegnare anche la professionalità ai calciatori, dargli la tecnica, e si può fare una cosa oppure no.  Se hai la possibilità come lui di stare così tanto in un club è chi arriva che si adegua. A che ora apro la Pinetina? Mi sveglio molto presto, ma non dormo quasi mai. I miei collaboratori devono avere sempre il cellulare aperto poverini. Posso chiamare a qualsiasi ora, i miei collaboratori all’Inter spesso arrivano sempre prima di me, anche perché li chiamo prima. Credo che chi ha ruoli di grande responsabilità, soprattutto quando le cose non vanno, dormono poco. Anche ai presidenti succede.

 - La moglie di Ferguson lo aveva costretto a non andare in panchina per un’amichevole. A te non succederà mai?

Se si guarda solo la professione, le scelte che abbiamo fatto con mio figlio, di farlo andare sempre nello stesso posto, si è pensato così, fosse la migliore cosa. Non si è sbagliato. A volte mi domando, ora sento che non ho visto la scelta di Gabriele mio figlio e ho paura che lui ne abbia risentito. Mi metto un po’ in discussione. A livello calcistico penso di aver fatto bene perché al calcio ho dato tutto.

 - Se ne valeva la pena?

Mi son commosso a parlare di mio figlio nel libro. Dopo la Champions con il Napoli io ero felice a livello professionale, mi ricordo Hamsik che era quello più vicino a mio figlio e mi ha abbracciato ho pensato a mio figlio Gabriele. Con Marek ho avuto un grande rapporto tra allenatore e giocatore ma c’è stato anche un rapporto umano molto bello. Poi lei è un professionista, lui pure, non ci siamo più sentiti, ma abbiamo questo rapporto bello, lui è un giocatore che tutti vorrebbero allenare.

C’è stato un momento in cui stavi per decidere di smettere, quando allenavi la Primavera del Bologna e morì Niccolò Galli…

Mi fa male ancora ricordarlo, mi sembrò una cosa pazzesca. Ho passato due-tre notti a riflettere. I compagni di questo ragazzo non volevano più allenarsi, non ci siamo allenati per qualche giorno e continuavo a chiedermi se fosse il caso, non sapevo che parole dire a questi ragazzi per spingerli a ritornare in campo, non ero sicuro di avere la forza per ricominciare. Poi gli ho detto che Niccolò avrebbe voluto così e da lì abbiamo ricominciato tutti insieme.

 - Una parola definitiva su Conte…

Abbiamo modi di fare simili. Ci dicevano di non agitarci troppo, io a Reggio mi agitavo e per me era un boomerang e invece è una caratteristica importante non mollare mai, tenere sulla corda i giocatori, anche facendo dei gesti in panchina che trasmettono certe cose ai giocatori. Immagino cosa fa negli spogliatoi, sono caratteristiche che ci accomunano, in positivo, per entrambi.

 - La Juventus per quanto tempo sarà irraggiungibile dall’Inter?

Se si costruisce una mentalità e Thohir mi piace perché ha in mente un progetto preciso, penso che se faremo le cose bene dipenderà anche dalle risorse sul mercato. Tante cose si fanno con chi si ha, ma poi servono i grandi giocatori per fare il salto.

Inter fuori dall’Europa, qual è l’obiettivo?

La mentalità che cerco di inculcare è quella di affrontare ogni partita al massimo per guadagnare più punti possibili. Se ora riusciamo ad invertire la tendenza possiamo fare ancora cose buone in questa stagione. Si potrebbe provare a conquistare anche quest’anno, ma se il trend è negativo non sarà facile. Sono fiducioso che dopo una serie di vittorie possiamo arrivare a fare bene. Ma è importante non accontentarsi mai. Potremmo anche vincerle tutte fino alla fine, ogni domenica si deve cercare la vittoria.

Rapporto confidenziale con la sigaretta…

Avevo smesso per otto mesi, non avevo mai messo una sigaretta in bocca. Poi ho iniziato durante il ritiro. Poi anche Moratti mi ha dato una mano, lui fuma molto e poi ho parlato con lui e ne ho presa una anche io. Voglio regredire e poi smettere con questo vizio.

Meglio il titolo il peggio è definitivamente passato?

Speriamo di farlo con i fatti.