L'ultimo ospite di 'Mister Condò', nota trasmissione sugli allenatori di Serie A condotta dal giornalista Paolo Condò, è stato Sinisa Mihajlovic. L'attuale tecnico rossonero, nel corso di una lunga chiacchierata, non poteva non ricordare il suo passato in nerazzurro, sia da giocatore che da vice di Mancini.
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Mihajlovic: “Mancio fondamentale per la mia vita calcistica. ‘Mai al Milan’? Ecco perchè. Ibra e Balo…”
L’ultimo ospite di ‘Mister Condò’, nota trasmissione sugli allenatori di Serie A condotta dal giornalista Paolo Condò, è stato Sinisa Mihajlovic. L’attuale tecnico rossonero, nel corso di una lunga chiacchierata, non...
Queste i suoi pensieri legati all'Inter, a partire dalle figure di Moratti e dello stesso Mancini: "Il presidente Moratti con me è stato sempre un signore, un uomo di grande classe, sono contento di averlo conosciuto e di averlo avuto come presidente. Mancini è una delle persone più importanti della mia vita calcistica, lo è stato in tutto il mio percorso. Prima da giocatore, poi da allenatore e da suo secondo. E' stato molto importante per la mia vita, soprattutto da allenatore. Quest’anno ci siamo beccati? Si perché l’ho visto un po’ troppo nervoso (ride). Ma no, abbiamo bisticciato spesso anche da giocatori. Lui era uno che rompeva sempre le palle. io poi non sono uno che sta zitto. Ci prendevamo pure molto in giro. Io glielo dicevo, che contro di me da giocatore non aveva mai vinto. Gli dicevo: "Ci sono quelli che giocano la Champions e quelli che la Champions la vincono: tu la giochi, io la vinco". Ci prendevamo in giro così, ma sempre in maniera molto simpatica. Da suo secondo gli curavo la parte difensiva e lo spogliatoio. E non era facile con certi personaggi. Di sicuro io sono stato avvantaggiato, perché sono stato un loro compagno di squadra prima che il loro vice allenatore. Hanno avuto sempre molto rispetto per me, da compagno e da secondo. Era strano per me perchè a giugno ero un giocatore e a luglio ero un allenatore, mangiavo con gli allenatori e li guardavo da lontano. In pullman mi sedevo davanti, dopo una vita passata a sedermi dietro. Mancio me lo diceva: "Ma vai, vai lì dietro". Io ancora non avevo quell’idea da allenatore. Ora ho cominciato a cambiare mentalità, ma per tanto tempo non ho ragionato troppo da allenatore. Mancini guardava già dove non c’era la palla, io invece guardavo proprio la palla. E lui mi diceva: "Tu sbagli". Ero ancora abituato alla visione da calciatore. E' tutta esperienza, sono consigli che uno ti può dare. Ibrahimovic? Quando è arrivato lui io l’ho saputo prima da Branca, che è venuto da me per avvisarmi. Aveva parlato con Ibrahimovic, che all’idea di venire all’Inter rispose: "Là c’è Mihajlovic". Così Branca venne da me, mi disse: "Guarda Miha, viene Ibra. So che il vostro rapporto non è idilliaco, in un Inter-Juve avete litigato, c’è l’episodio della testata". Ma io non avevo problemi, e glielo dissi: "Guarda, io non ho nessun tipo di problema, se lui si allena bene e si comporta bene, per me va benissimo. Devi parlare con lui, non con me. Per me va benissimo". Così è arrivato, e siamo diventati buoni amici. Anche lui è di quelli parti là. E' venuto alla mia partita d’addio, alla presentazione del mio libro. Abbiamo avuto un ottimo rapporto. Balotelli? Quando l’ho incontrato quest’estate sono stato dritto e schietto. Volevo parlare con lui, volevo guardarlo negli occhi. Lo conoscevo, Mancini lo ha fatto debuttare da ragazzino nell’Inter. Sono passati tanti anni ed è cambiato. Ho parlato con lui e ho visto una persona matura, un uomo e non un ragazzino. Mi ha dato l’impressione giusta, Mario è un bravo ragazzo. Gli voglio bene? Come no, sì. Lui sa che ha fatto tante cose sbagliate ed è il primo a dirlo. Ma io sono convinto che riuscirà, ci può lavorare. E’ un bravo ragazzo, è questa la cosa fondamentale. Con lui è tutto molto amplificato, ma molto di quello che è successo è farina del suo sacco. In tutto l’anno si è comportato da 10. Sul campo deve fare di più e lo sa anche lui, io sono sicuro che ci riuscirà. Quando dissi mai al Milan? Io prima la vita la guardavo come sottrazione, avevo bisogno del nemico. A questo punto invece volevo provare le esperienze che non avevo vissuto prima. Facile essere amato e rispettato dove sei stato. Poi uno cresce e matura, con i figli e la famiglia, e così cambia. Quando sono arrivato al Milan ho detto subito che non posso trasmettere quello che è il Milan, perchè non ci sono mai stato. Potevo però trasmettere la paura che il Milan deve incutere negli avversari. Non rinnego il passato, ma sto bene qua e do tutto me stesso".
(Sky Sport)
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