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Migliorerebbe più rinnovando con l’Inter o andando altrove?
—«Certe decisioni sono personali, ma so quanto si trovi bene a Milano e quanto all’Inter abbia trovato l’ambiente giusto. Può davvero diventare una bandiera nel lungo periodo: essere capitano e punto di riferimento di un club e di un intero popolo lo responsabilizza. Poi, certo, nel calcio ci sono sempre tante varianti...».
Con Thuram ha trovato il partner ideale?
—«È stato un feeling spontaneo, immediato, come capita a volte ai grandi giocatori. È sempre Lautaro, però, che fa sentire comodo l’altro attaccante al suo fianco: era così con Dzeko e Lukaku, è così anche con Thuram. Il Toro possiede questo potere magnifico, ma anche Marcus ha qualcosa di straordinario dentro: essere così decisivi nel primo anno in Italia è molto raro».
L’Atletico ne ha perse 8 e l’Inter 2: come la vede a San Siro?
—«La vedo molto molto dura, sarà un match tostissimo. L’Inter può considerarsi un filo superiore per come arriva: è una delle migliori squadre d’Europa, con una precisa organizzazione e individualità altissime, ma di fronte stavolta si trova un allenatore furbo e preparatissimo. Simeone nelle difficoltà riesce sempre a dare qualcosa in più e a tirare fuori il meglio dai suoi. In più ha giocatori di esperienza come Griezmann e De Paul. Vedremo chi prenderà il controllo del centrocampo perché è lì che si decide».
Che rapporto ha con il connazionale Simeone?
—«Non ho giocato né con lui né per lui. Ma da argentino ho una stima infinita. Poi ci unisce l’amore per il Racing: a differenza mia, di Lautaro e anche di De Paul, lui non è cresciuto nel nostro settore giovanile, ma è un gran tifoso. Ha realizzato il sogno di giocare con la nostra maglia nell’ultimo anno di carriera e poi da lì ha subito allenato la prima squadra».
Simeone da giocatore ha vinto con Inzaghi. Da allenatori, li vede così diversi?
—«Ognuno ha la sua ricetta e il suo modo di gestire lo spogliatoio. A livello tattico, invece, soprattutto quest’anno, sono molto simili: giocano con tre centrali dietro. Anche Inzaghi ha fatto un lavoro unico e non ha mai tradito se stesso. Ora gli auguro di tornare in fondo alla Champions, vincendola. Senza scordare la seconda stella, ovviamente».
Anche lei percepisce una netta preferenza per la stella?
—«Sì, vedo questa “ossessione” per il campionato ed è anche normale perché questo titolo è speciale, storico. Ma l’Inter deve giocare al massimo in ogni competizione: ha tutto per arrivare in fondo anche in Europa».
Alla fine dei giochi, dove sta il segreto di questa squadra?
—«Si è raggiunto un livello stratosferico grazie al collettivo, ma c’è un pezzo del puzzle che permette di incastrare tutti gli altri. Per me è Calhanoglu, insostituibile».
C’è qualcosa di “tripletista”?
—«Epoche diverse, squadre diverse, inutile paragonare. Certo, si respira una bella atmosfera come ai miei tempi e anche adesso la qualità non manca...».
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