«Intanto, stando dentro la realtà, una premessa: il fatto che un fondo disponga di un patrimonio pressoché infinito, non per forza significa che sia una “qualità”. Intendo dal punto di vista del tifoso: l’Inter non rappresenterà il centro di gravità degli interessi, non è la priorità ma soltanto una delle attività».
Così si comincia già con la preoccupazione.
«Abbiamo appena festeggiato la seconda stella... Forse, ripeto forse, non riusciamo a metterci a ragionare sui problemi... Ci sta, dai...».
Oaktree sarà un problema?
«E chi può dirlo... Percepiamo una certa sicurezza nella catena dirigenziale, non abbiamo alternative se non fidarci di loro».
Dietro le mosse del fondo può esserci un compratore?
«Non sono all’Inter, è una domanda da porre a chi è dentro l’Inter».
Ma oggi, a quale continente guardare per eventuali capitali da investire nel calcio?
«Bah, si nominano talvolta possibili acquirenti mediorientali, però...».
Però alla fine, grosso modo, sempre fondi sono?
«Esatto. I fondi rappresentano una buona parte del pallone contemporaneo».
È un punto d’arrivo obbligato?
«Il calcio richiede l’esborso di straordinarie quantità di denaro. E non tutte le società riescono a tenere botta, senza contare le questioni globali degli ultimi anni, come la pandemia, e le criticità specifiche in Cina...».
Nel caso dell’Inter, come in quello del Milan, avere lo stadio di proprietà avrebbe potuto/potrebbe alzare l’appeal?
«Steven stava già esposto di molto con le banche: dove li trovava i soldi?».
Questo finale lei se lo aspettava? La fine dell’era Zhang.
«L’ho sentito dispiaciuto nella misura in cui ha cercato ogni mossa per tenersi l’Inter. Ha lottato fino all’ultimo».
Lautaro e Barella rinnoveranno?
«Non voglio eludere la risposta: però in questo nuovo quadro societario, il punto vero è l’incapacità di predire il domani».
In sintesi, si torna a vivere alla giornata?
«Lo scudetto, per come è stato vinto, rimane una meraviglia. Godiamocelo».
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