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Moratti: “Incontrai Prisco dietro casa: in 7 giorni presi l’Inter. Calciopoli? Con Facchetti pensavamo…”

Nel lunghissimo intervento davanti ad esponenti dell’esercito a Palazzo Cusani, sede del Comando Militare Esercito Lombardia, Massimo Moratti ha ripercorso i suoi 18 anni di presidenza dell’Inter. Dopo aver raccontato delle...

Alessandro De Felice

Nel lunghissimo intervento davanti ad esponenti dell'esercito a Palazzo Cusani, sede del Comando Militare Esercito Lombardia, Massimo Moratti ha ripercorso i suoi 18 anni di presidenza dell'Inter. Dopo aver raccontato delle motivazioni che lo hanno spinto a cedere la società, Moratti ha parlato anche di quando acquistò l'Inter, nel lontano 1995. Ecco un altro stralcio dell'intervento di Moratti, ripreso da Telelombardia e trascritto integralmente da FCINTER1908.IT

PRESIDENTE, PERCHE' QUELLA SCELTA NEL 1995?

"Prima di tutto c'è sempre il fatto, che ogni interista ricorda, della Grande Inter. Un'esperienza meravigliosa, fatta con mio padre che era un personaggio fuori dall'ordinario, detto proprio con chiarezza e senza nessun fatto filiare. Mio padre aveva creato questa Inter invincibile o comunque fantastica. Abbiamo sofferto mica da poco in quegli anni, e le ragioni erano le stesse che poi abbiamo vissuto anche dopo. Ma quell'esperienza ha rafforzato il tifo che già avevamo e che c'è rimasto dentro. Poi ogni 5 anni, ogni 10 anni, a seconda di come andava il presidente di quel momento, venivamo da me a dirmi 'ma perché non prendi la società?'. A quel punto bastava anche una piccola battuta, magari fatta per cortesia, che si accendevano le voci su un nostro possibile ritorno". Finché un giorno incontro Prisco all'angolo vicino a casa mia che mi fa un discorso semplicissimo, parlando come faceva lui, e mi dice: "Guarda che forse a Pellegrini farebbe piacere, c'è possibilità'. Io in quel momento avevo molto lavoro, amavo il mio lavoro che mi consente di viaggiare per il mondo, di avere tanti contatti. Per cui in quel momento vedevo l'Inter da innamorato ma già sposato. Lui ha insistito e io gli ho detto di parlarne con Pellegrini ma senza insistere. Fatto sta che nel giro di una settimana ho comprato l'Inter.

I miei figli avevano capito ma mia moglie no. Per cui, a Inter già comprata, mi è toccato cercare di farglielo capire piano piano, cosa non semplicissima. Io stavo facendo un'intervista in cui mi chiedevano se fossi o no contento e io ero disperato: speravo che mia moglie non stesse guardando la tv. Non era semplicissimo tenere l'Inter nascosta nell'armadio. Tutto questo periodo in cui ho avuto il privilegio di essere presidente dell'Inter non l'ho vissuto con pesantezza, anche nei momenti difficili, dove dovevi vedere la luce anche dove non c'era. L'ho sempre vissuto come un privilegio e come un dovere nei confronti degli interisti. E come tale il dovere mi portava al di là di una mia sensazione di sconfitta o di difficoltà.

E' stata una bellissima cosa, mi è costata un pochino ma è stata bellissima, anche nelle parti negative, che comunque hanno delle giustificazioni e lo sappiamo, e di queste parti chiedo scusa ai tifosi. E' stata una vita, ha rappresentato quello che ti capita nella vita. Momenti difficili ma anche momenti di grande gioia. E' capitato realmente tutto. Ha rappresentato esattamente quello che io penso sia l'Inter, cioè qualcosa di sorprendente tutti i giorni. Forse poi anche il mio carattere mi porta a far sì che mi piaccia che una cosa sia sempre sorprendente per essere affascinante.

Questo credo abbia contribuito a creare anche tante situazioni diverse, nuove, magari difficili da capire come il cambio di tanti allenatori per esempio (ride ndr). Però devo dire che tutto questo l'ho vissuto con estremo, non posso dire piacere, ma con estrema fortuna di aver avuto questa possibilità. L'ho sentita come una cosa che non m'ha pesato assolutamente. E ora che è finita mi guardo indietro e penso: 'ma come fanno gli altri presidenti?'. Durante l'ho vissuta senza assolutamente alcun tipo di peso, ora sono diventato più razionale immagino e la guardo con occhi diversi. Ora la guardo come qualcosa che ho avuto la fortuna di fare, mi è andata bene, ma ora sono passato dall'altra parte. La guarda con gli occhi del tifoso e quindi sarò anche io più critico"

VERAMENTE NON HA MAI PENSATO DI LASCIAR PERDERE NEI MOMENTI DIFFICILI?

"Quello lo pensi sempre, l'autocritica o la critica ti fan sempre pensare 'ma siamo matti a continuare?'. Ma è diverso che sentirne la pesantezza. Quella poteva sembrarti una soluzione per uscire dai problemi e magari dire: 'vabbè ci sarà qualcun altro che magari si mette d'accordo con questi qui e io invece non sono capace di farlo. O magari accetterà questa cosa'. E quello è un altro modo di pensare. Invece il fatto di non sopportare l'Inter, questo no. Quello che è successo mi ha permesso di legarmi sempre di più all'Inter e di legarmi sempre più ai tifosi perché in fin dei conti sono loro a dare la forza, l'immagine, la continuità e la storia ad una società.

Quindi quello (chiaro riferimento a Calciopoli ndr) mi rafforzava il fatto di essere interista ma pensavo anche, e l'ho fatto anche con Facchetti, che potesse essere meglio cambiare faccia, cambiare l'immagine dell'Inter e mettere qualcuno che avesse un modo diverso di fare. Ho spesso pensato che le cose negative dell'Inter venissero per una situazione personale mia nei confronti di qualcuno o di qualcuno nei confronti miei. Quello mi è capitato di pensarlo ma è diverso che farlo sul serio. Quello significa cercare un compratore, coinvolgerlo. Quella poteva essere una reazione di uno arrabbiato. Ma non comportava alcun sentimento negativo nei confronti dell'Inter"

RONALDO E' STATO IL PIU' FORTE?

"Certamente. E' stato il più forte al di là dell'Inter. Chiunque si sia allenato con Ronaldo dice che quello era il più forte di tutti. Era la rapidità che faceva impressione. Aveva una rapidità, una fantasia. Non usava tanto la forza quanto questa qualità che ha sempre impressionato tutti. Ha fatto molto bene il primo anno, poi si è fatto male".

IL CALCIO ITALIANO VA INCONTRO AD ANNI DI SCARSA POPOLARITA'?

"Credo che vada incontro ad anni di buon senso. Certamente il buon senso è qualcosa di apprezzabile, il buon senso non è qualcosa che piace al tifoso. Ma credo sia destinato a questo, cioè al fatto che per far quadrare i bilanci ed evitare queste cose sia bene affrontare diversamente il tutto. Certo questo comporta la mancanza di possibilità di sorpresa, di fare un bel regalo. Anche perchè questo è anche il bello di un proprietario, farsi e fare un bel regalo ai tifosi. Capire che sei l'unico tifoso in mezzo a milioni di tifosi a poter fare questa cosa. A decidere di poter comprare Ronaldo. E così nacque quell'operazione. Fa parte del tuo dovere, di rispondere alle speranza dei tifosi. Questo adesso non si può fare e anche questo fa perdere un po' di fascino alla possibilità di essere proprietario di una società.

LA PASSIONE ESCLUDE IL BUON SENSO?

"Non è che a noi sia mancato il buon senso. Tanto sapevo che chi ci rimetteva ero io. Sono andato fuori io ma non è che facevo rimettere gli altri. Dipende anche dalla fortuna: se partecipi alla Coppa Campioni, se la vinci hai determinati vantaggi, se hai giocatori che poi vendi, a me è capitato anche di farlo. Il buon senso c'è stato lo stesso. Ripeto: poi c'è la passione che ti porta a pensare che devi fare qualcosa per i tifosi e che ti obbliga a fare passi che vanno leggermente al di là".

QUAL E' LA COSA DI CUI VA PIU' FIERO?

"Beh la Champions League. Mi rende orgoglioso anche il fatto che l'ultima l'abbia vinta mio padre. Nel calcio non fai a tempo ad essere contento che hai qualcos'altro da inseguire per cui non mi rendo conto. Ero abbastanza orgoglioso di aver messo insieme una squadra che vincesse così ripetutamente, anche con due allenatori diversi. Questa è anche questione di filosofia"