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Moratti: “Stadio nostro da 60 mln l’anno”. E poi tutto sul mercato, con un retroscena…

Ecco l’intervista integrale che Massimo Moratti ha concesso a Il Secolo XIX. Il presidente nerazzurro ha parlato veramente di tutto, dal mercato passato, presente e futuro, a Calciopoli, a Balotelli, fino allo stadio di proprietà, il vero...

Daniele Mari

Ecco l'intervista integrale che Massimo Moratti ha concesso a Il Secolo XIX. Il presidente nerazzurro ha parlato veramente di tutto, dal mercato passato, presente e futuro, a Calciopoli, a Balotelli, fino allo stadio di proprietà, il vero punto di svolta per un futuro ad alto livello.

Presidente Moratti, come le è venuto in mente di chiedere Pazzini alla Sampdoria?

«Veramente a Pazzini ha pensato il mio allenatore. Abbiamo deciso di fare solo un approccio con la Sampdoria, personalmente ero abbastanza convinto che Pazzini non fosse in vendita. Invece lo era. L’operazione non mi sembra sia stata esagerata, dato il valore del giocatore».

Garrone è stato molto criticato per averlo venduto per soli 12 milioni più Biabiany.

«Comunque per noi è stata un’operazione cara. Corrisponde comunque al valore del giocatore».

Ha condotto personalmente la trattativa?

«Siccome non sapevo come potesse andare, ho delegato Branca».

Non ha mai parlato con Garrone?

«Gli ho parlato a negoziato chiuso».

E cosa vi siete detti?

«Io gli ho detto che Pazzini lo avevo pagato troppo e lui ha ribattuto che lo avevo pagato troppo poco».

Insisto: Matri è stato valutato dal Cagliari 18 milioni di euro.

«Matri è stato preso all’ultimo momento dalla Juve e con la formula del prestito».

Pazzini è stato il primo affare tra Inter e Sampdoria nei nove anni della presidenza Garrone. Un caso?

«Non saprei. Le cose nel calcio si sviluppano in maniera imprevedibile».

I suoi rapporti con Garrone?

«Buoni. Lo conosco da anni. Ci stimiamo reciprocamente».

Prime sensazioni su Pazzini?

«Ha un bel viso. Sorride sempre e questa è una cosa bellissima. E’ molto felice di essere venuto all’Inter. Alla Sampdoria stava bene ma l’ho visto felice di entrare nel nostro gruppo».

Con Ranocchia com’è andata?

«Ranocchia è una vecchia storia. E’ arrivato all’Inter qualche mese prima del previsto. L’operazione era nata nel giugno scorso con l’acquisto della metà. Era una scommessa, anche perché Ranocchia veniva da un grave infortunio. Poi si è fatto male Samuel, un’assenza che si tende a dimenticare, e ci siamo trovati nella necessità di provvedere subito un rinforzo alla difesa. Quindi abbiamo chiuso col Genoa anche per la seconda metà del giocatore».

Come ha convinto Preziosi che aveva promesso (come Garrone con Pazzini): “A gennaio Ranocchia resta”?

«Preziosi lo ha venduto molto bene».

Diciotto milioni in tutto?

«Diciotto, no. Quattordici, ma nell’affare è entrato anche un nostro giocatore (Destro, ndr) e quindi è difficile fare una valutazione esatta».

Contento anche di Ranocchia?

«Non è venuto a buon prezzo, ma il giocatore è valido. Capisco Preziosi che l’ha venduto a quel prezzo».

Non solo Pazzini e Ranocchia, anche Kharja e Nagatomo. Anche Benitez aveva chiesto rinforzi...

«Ranocchia e Pazzini erano già in lista e Benitez era al corrente di Ranocchia, mentre sul centravanti ci saremmo mossi a giugno. Io avevo in testa un nome... ma me lo aveva bocciato e il mercato non offriva nulla di particolare...».

Chi era il “suo” centravanti?

«Lasciamo perdere... Era uno straniero. La squadra era la stessa che aveva vinto il campionato, la coppa Italia e il campionato europeo, più altri due giovani (Coutinho e Biabiany, ndr). In fin dei conti l’Inter pareva affidabile. Poi gli infortuni in serie ci hanno complicato la vita. Gli altri due acquisti di gennaio, Kharja e Nagatomo, sono due prestiti, due occasioni che abbiamo colto. Kharja si è rivelato un gran bel giocatore».

Come vanno letti la cessione di Balotelli in nome del fair play finanziario e il forte impegno finanziario sul mercato di gennaio?

«Una squadra ha comunque uscite ma anche entrate. Più una società spende bene, più si ritrova sponsorizzazioni e ritorni in termini di merchandising. Sotto questo aspetto è una promozione e gli investimenti di gennaio sono indirizzati a rafforzare la valutazione della squadra che è aumentata dopo la conquista del campionato del mondo per club. Nell’insieme gli investimenti su Pazzini e Ranocchia erano già previsti».

Balotelli non le suscita rimpianti?

«Per ora Mario ha giocato talmente poco nel Manchester City che non mi ha permesso di avere rimpianti».

La disturba l’ipotesi che fra due-tre anni possa tornare in Italia a giocare nel Milan?

«Il giocatore ha tutta la libertà di andare a giocare nel Milan e il Milan tutta la libertà di acquistarlo. Non so però se con gli acquisti che ha fatto il Milan c’è ancora spazio per lui».

Chi le ha suggerito Leonardo?

«Leonardo è venuto fuori da una scelta molto familiare e molto poco calcistica».

La sua Inter gioca un calcio più bello di quello di Benitez e di Mourinho. E’ d’accordo?

«Sì, l’Inter con Leo gioca in maniera molto divertente. E il modo di fare di Leonardo piace molto alla squadra e alla società».

A Genova il passaggio di un allenatore da un club all’altro avrebbe provocato polemiche e attriti. A Milano è andato via liscio, o quasi. Perché?

«Leonardo si è conquistato il proprio spazio da sé. Inizialmente qualche polemica c’era stata, ma Leo aveva talmente tante caratteristiche da interista che le ha superate...»

Quali sarebbero queste doti?

«(Risata). Suscita notevole simpatia e stima come uomo».

Benitez era stato scelto con ponderazione, no?

«Benitez era stato scelto proprio per la sua esperienza quasi sempre positiva, tale da poter garantire la continuità con la gestione Mourinho».

Non c’è stata la “chimica”?

«Può succedere che non si instauri il feeling giusto. Non tanto con me, perché non era importante che ci fosse la chimica giusta col presidente. A me bastava che Benitez fosse una persona professionale. Ho avuto sempre l’impressione - dai risultati non dall’umore dei giocatori - che la chimica non si fosse instaurata. Alla fine sono i risultati che ti dicono che qualcosa non va. Anche nel calcio capita che ci siano matrimoni non felici. Altrimenti gli allenatori resterebbero vent’anni nello stesso club».

Benitez accusa: i rinforzi che avevo chiesto io li ha avuto Leonardo. E gli infortuni dei quali mi ero lamentato continuano. Ergo, non era colpa mia, ma dello staff medico nerazzurro.

«Visti i risultati di questi ultimi tempi mi aspettavo una reazione di Benitez. Lo giustifico, umanamente. Penso che il dottor Combi sia rimasto un po’ male per le dichiarazioni di Benitez. Ma Combi è all’Inter da parecchi anni ed è uno dei punti di forza del club. Se Benitez intendeva dire che gli infortuni erano colpa sua sfortunatamente per lui non è così».

Anche Milito è finito in infermeria.

«Sono state le preghiere di Benitez... No, scherzi a parte, Milito va seguito attentamente e dovrà fare un periodo più importante di riposo».

E’ stato Mourinho a consigliarle Leonardo?

«No».

Rimpiange Mou?

«Più che rimpianto nutro grande simpatia, stima e ammirazione per un allenatore che ci ha fatto vincere tanto e ha portato all’Inter tanta professionalità. Ma non parliamo di rimpianto altrimenti nasce un equivoco».

La sua dote principale?

«Al di là della sua intelligenza, che è una bella dote, la grande professionalità. Grandissimo lavoratore in termini di quantità e qualità. Sul campo e fuori dal campo. Seguiva l’Inter 20 ore su 24».

E anche il miglior press agent di se stesso...

«Quello è qualcosa in più, che aveva un suo scopo, anche per l’Inter. Mou è un lavoratore eccezionale, che cura tutti i dettagli».

Possibile un suo ritorno all’Inter? Mou è in rotta col Real.

«Per carità, non si sa mai. Io sono molto felice con Leonardo, lo dico ufficialmente».

E Leonardo-Mourinho insieme sulla panchina dell’Inter?«Già che ci sono ne prendo sette e li pago tutti...».

Le è mai venuta voglia di prendere Cassano?

«Come no, specialmente nel periodo di Mancini. Era una forma di curiosità e se Roberto fosse rimasto con noi prima o poi lo avremmo preso. Ma le cose cambiano nel calcio e Cassano ora è uscito dai nostri interessi».

Prandelli l’ha chiamata per caldeggiarne l’acquisto...

«No. Mai successo».

Prandelli avrebbe invece convinto Berlusconi a prendere Cassano.

«Non lo sapevo. Dovrebbe domandarlo a Berlusconi».

Chi ha fatto l’affare? Il MIlan con Cassano o l’Inter con Pazzini?

«Lo dirà il futuro».

Si sente qualche volta con Mancini?

«Sì, siamo rimasti in ottimi rapporti».

Logico, Mancini aveva riportato lo scudetto all’Inter dopo un’infinità di anni

«Con una squadra formidabile. Anche Benitez aveva una squadra formidabile...».

Eppure li ha licenziati entrambi.«Con Mancini non sarebbe successo se non ci fosse stata la sua sparata, quella sera (dopo l’eliminazione col Liverpool, in Champions, Roberto disse: “Non so se sarò ancora l’allenatore dell’Inter”) che ha provocato un equivoco difficilmente sanabile. Io ho sempre molta stima e riconoscenza nei suoi confronti e spero che Mancini abbia benevolenza nei nostri».

Domenica Juve-Inter. Il derby d’Italia. Neppure Inter-Milan suscita altrettanta rivalità. Giusto?

«Il calcio italiano è fatto della rivalità tra Juve e Inter, rivalità sportiva che poi il pubblico condisce oltre lo sport. Io vivo ancora il periodo di mio padre, ricordo il caso del 1961 (Inter in campo coi ragazzi contro la Juve per protesta contro la Federcalcio presieduta da Umberto Agnelli, ndr). Come dirigenti dobbiamo stare attenti che la rivalità non travalichi i confini dello sport».

Lei ha ammesso che c’era il rigore reclamato dalla Juve a Palermo. Bel gesto ma su Calciopoli continuate a scontrarvi...

«Calciopoli è stata una vicenda molto grave».

Ad Andrea Agnelli che disse di annoiarsi a sentirla parlare di Calciopoli, lei ha replicato con la battuta sul Giovin Signore. Come le è venuto in mente Parini?

«Era appunto una battuta. Sono affezionato ad Andrea, lo conosco fin da quando era ragazzino. Sono sicuro che farà di tutto per riportare la Juve al vertice».

Agnelli reclama per la Juve lo scudetto 2006 assegnato a tavolino all’Inter...

«Non credo ci sia la minima base per riassegnarlo alla Juve».

Perché si diventa presidenti di calcio?

«Sotto il profilo emotivo, anche se fai un altro lavoro, il calcio ti conquista. Non esiste altra attività che sia comparabile al calcio. Lo diceva mio padre, lo diceva Paolo Mantovani e lo ripeto anch’io. Nel calcio avviene tutto in pubblico, le variabili sono infinite. E’ unico».

Perché l’Inter non si è quotata in borsa?

«Non mi piaceva l’idea di vendere un’azione che non avesse una sostanza economica. Avrei venduto una passione, la mia. Non mi pareva giusto».

Gli stadi di proprietà: una strada obbligata?

«O quelli o ristrutturare gli stadi attuali. Nella attuale situazione economica investimenti di questo genere non sono consigliabili. E tuttavia resta un’ipotesi interessante perché lo stadio di proprietà procura circa un terzo di introiti in più».

Marotta valuta in 40 milioni a stagione l’impatto del nuovo stadio della Juve.

«Per l’Inter allora sarebbero 60».

La convince il nuovo corso arbitrale Nicchi-Braschi?

«Gli arbitri saranno sempre criticati. L’importante è che ci sia la certezza che il sistema sia onesto. E questo certamente dà l’idea di un sistema onesto. Durante la partita mi capita di arrabbiarmi con un arbitro ma alla fine non serbo mai rancore».

L’Inter ha già vinto tutto. Che cosa le chiede ancora?

«Di cercare di tenere il passo».

Col pensiero parla mai di calcio con suo padre Angelo?

«No. Ma gli sono riconoscente per l’esperienza che avevo fatto accanto a lui quando era presidente. Mi è servita per non aver paura della gente, per voler bene al pubblico. Non so se lui sia contento che io sia qui e quindi non mi permetto di chiederglielo».

Come vorrebbe essere ricordato tra 100 anni?

«Non mi pongo il problema. Meglio vivere il presente».