"Quel periodo ho saputo apprezzarlo. Bisogna avere una preoccupazione costante, ma ti ci abitui. La preoccupazione viene lenita dalla passione, ti mette in condizione di tirare avanti e provare a fare qualcosa di straordinario. Ti senti sempre in dovere, importante è sentire sempre il senso del dovere, che ti consente di stare sul pezzo. Ma vivi sempre con l'idea di rispondere all'aspettativa di altri, quella dei tifosi. Un bel giorno a Natale ricevo da parte di Mancini una maglia vecchia dell'Inter con su uno scudettone grossissimo con un biglietto con scritto: "Se torno all'Inter rivinciamo". Quella cosa mi convinse a puntare su di lui. Quando sono arrivato all'Inter l'ho sempre voluto come calciatore e lui sarebbe venuto: ma c'era il presidente della Sampdoria che mi disse che non lo avrebbero venduto. Quando arrivò era un ragazzo, aveva appena smesso di giocare: perdemmo con la Lazio e io lo trovai che piangeva in un angolo. Questo mostrava quanto ci tenesse a dimostrare che bisognava far bene. Ho seguito la sua storia all'Inter con affetto, ci tenevo avesse successo. Inter-Samp? I tifosi erano viziati, se non piace una cosa o se ne va o fischia. Eravamo 2-0, uno comincia a pensare alla macchina nel parcheggio e comincia a pensare ad andare via. Mi sembrava vivere insieme, non vedevo il tifoso dall'altra parte del tavolo. L'ho sempre visto come insieme a me. Ho apprezzato tanti giocatori per la classe e per il piacere che davano all'esigenza del tifoso.
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Moratti: “Triplete? A rischio colica. Il biglietto di Mancini, Ronaldo e la Pazza Inter…”
Recoba sotto il profilo calcistico è poesia per me. Aveva tiro, dribbling e fantasia: rispondeva al sogno, un giocatore che ti fa una cosa mai vista e ti fa vincere una partita. Con la Samp espresse la sua qualità, si mise a tirare e fare assist e trasforma quella partita in qualcosa di fantastico. Vedevi dopo il primo gol i tifosi fermarsi, è stato bellissimo. Mancini si prese una rivincita bellissima perché era stato insultato da qualcuno vicino alla panchina. Pazza Inter? Era l'immagine del carattere della squadra: attraverso giocatori speciali si riusciva ad ottenere risultati speciali. E' vicino all'immagine generale e a quello che piace a me. Siena? Quello che faceva impressione era il ristorante dell'albergo messo in alto: si vedeva un campetto di calcio che era lo stadio. L'impressione era di giocare in uno stadio piccolissimo che era una bolgia. Fu una festa meravigliosa, i giocatori erano felicissimi: era una rivincita nella loro professione. L'addio di Mancini? L'Inter non ti mette in condizione di essere sereno, hai sempre una grana nuova che devi affrontare e che ti vivacizza la vita. Una notte rimasi nello spogliatoio con Branca e Oriali, fecero dei nomi ma per me il contatto era uno: chiamammo lui con chiarezza dicendo che fossimo interessati, dicendo però che solo a fine campionato avremmo potuto metterci d'accordo. E la sua risposta fu che da quel momento si sentì allenatore dell'Inter".
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