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Moratti: “Triplete? A rischio colica. Il biglietto di Mancini, Ronaldo e la Pazza Inter…”

Alessandro De Felice

"Quel periodo ho saputo apprezzarlo. Bisogna avere una preoccupazione costante, ma ti ci abitui. La preoccupazione viene lenita dalla passione, ti mette in condizione di tirare avanti e provare a fare qualcosa di straordinario. Ti senti sempre in dovere, importante è sentire sempre il senso del dovere, che ti consente di stare sul pezzo. Ma vivi sempre con l'idea di rispondere all'aspettativa di altri, quella dei tifosi. Un bel giorno a Natale ricevo da parte di Mancini una maglia vecchia dell'Inter con su uno scudettone grossissimo con un biglietto con scritto: "Se torno all'Inter rivinciamo". Quella cosa mi convinse a puntare su di lui. Quando sono arrivato all'Inter l'ho sempre voluto come calciatore e lui sarebbe venuto: ma c'era il presidente della Sampdoria che mi disse che non lo avrebbero venduto. Quando arrivò era un ragazzo, aveva appena smesso di giocare: perdemmo con la Lazio e io lo trovai che piangeva in un angolo. Questo mostrava quanto ci tenesse a dimostrare che bisognava far bene. Ho seguito la sua storia all'Inter con affetto, ci tenevo avesse successo. Inter-Samp? I tifosi erano viziati, se non piace una cosa o se ne va o fischia. Eravamo 2-0, uno comincia a pensare alla macchina nel parcheggio e comincia a pensare ad andare via. Mi sembrava vivere insieme, non vedevo il tifoso dall'altra parte del tavolo. L'ho sempre visto come insieme a me. Ho apprezzato tanti giocatori per la classe e per il piacere che davano all'esigenza del tifoso.

Recoba sotto il profilo calcistico è poesia per me. Aveva tiro, dribbling e fantasia: rispondeva al sogno, un giocatore che ti fa una cosa mai vista e ti fa vincere una partita. Con la Samp espresse la sua qualità, si mise a tirare e fare assist e trasforma quella partita in qualcosa di fantastico. Vedevi dopo il primo gol i tifosi fermarsi, è stato bellissimo. Mancini si prese una rivincita bellissima perché era stato insultato da qualcuno vicino alla panchina. Pazza Inter? Era l'immagine del carattere della squadra: attraverso giocatori speciali si riusciva ad ottenere risultati speciali. E' vicino all'immagine generale e a quello che piace a me. Siena? Quello che faceva impressione era il ristorante dell'albergo messo in alto: si vedeva un campetto di calcio che era lo stadio. L'impressione era di giocare in uno stadio piccolissimo che era una bolgia. Fu una festa meravigliosa, i giocatori erano felicissimi: era una rivincita nella loro professione. L'addio di Mancini? L'Inter non ti mette in condizione di essere sereno, hai sempre una grana nuova che devi affrontare e che ti vivacizza la vita. Una notte rimasi nello spogliatoio con Branca e Oriali, fecero dei nomi ma per me il contatto era uno: chiamammo lui con chiarezza dicendo che fossimo interessati, dicendo però che solo a fine campionato avremmo potuto metterci d'accordo. E la sua risposta fu che da quel momento si sentì allenatore dell'Inter".

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