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Oriali: “Addio all’Inter, ecco la verità. Tornare? Ho altre idee. Quel Touré o Maicon…”

Il team manager della Nazionale racconta i colpi Cambiasso, Julio Cesar e Maicon in nerazzurro ma non apre al ritorno: "Con l'Italia fino ai Mondiali"

Dario Di Noi

Dalle colonne di Calcio 2000, noto mensile sportivo italiano, l’ex indimenticato calciatore e dirigente nerazzurro, Gabriele Oriali, si è raccontato con grande disponibilità. Lunga l’intervista in cui l’attuale team manager della Nazionale ha approfondito tanti temi, con riferimenti interessanti sulla carriera di giocatore e spunti importanti sulle ipotetiche scelte future.

Per la rubrica "I giganti del calcio", Oriali ha regalato diverse curiosità. Vi riportiamo alcuni stralci dell’intervista, uscita da poco in edicola.

VITA DA MEDIANO - "Ero un giocatore molto duttile, in grado di ricoprire più ruoli. Ciò rappresentava sicuramente un vantaggio, ma a volte anche uno svantaggio, perché gli allenatori incaricavano me quando si trattava di marcare gli avversari più forti. Penso a Maradona, Zico, Cruijff, Rivera e Platini, anche se non dimentico Johnstone, ala del Celtic Glasgow negli anni '70 che era impressionante, veramente imprendibile. Era motivante marcare i migliori, mi piacevano le responsabilità, ma non nascondo che anche le incursioni erano belle. Insomma, anche io a volte volevo segnare (ride, ndr)".

CRUIJFF - "Lo ricordo con tantissimo piacere e la sua perdita mi ha colpito particolarmente. Ci sentivamo spesso, anche dopo aver concluso la nostra carriera. In passato dichiarò che io fui uno degli avversari più forti mai incontrati, e questa sua frase mi riempì d'orgoglio. Conservo con gioia la sua maglia numero 14, una particolarità per il nostro calcio dato che i numeri dei titolari andavano dall'1 all'11".

MAICON, JULIO CESAR, CAMBIASSO - "Per Esteban non mancarono le critiche rivolte a me e Branca. Trattammo direttamente a Madrid nell'abitazione del compianto Bronzetti, e nonostante i dubbi che un po' tutti nutrivano verso il Cuchu per il fatto che era una riserva del Real, lo scegliemmo ugualmente. E diciamo che non andò poi così tanto male... Julio Cesar fu invece un'intuizione di Mancini, che grazie a un proprio collaboratore fu bravissimo a scovarlo. Per quanto riguarda Maicon, ricordo che con Roberto andammo a vederlo a Montecarlo in due occasioni quando giocava nel Monaco. Al mister piacevano anche Yaya Touré e Adebayor, ma in quel momento potevamo acquistare un solo giocatore di questi tre. A malincuore rinunciammo a Yaya, ma riuscimmo comunque a portare a Milano uno dei terzini più forti in assoluto del recente passato. Una vera e propria forza della natura".

MOURINHO - "Perché è così speciale? Riesce a ottenere il massimo dai propri giocatori ed è bravissimo nella gestione dello spogliatoio. Un allenatore molto diretto che dice in faccia ciò che pensa. Tratta tutti allo stesso modo, dal campione fino al più giovane. Questa era ed è la sua grande forza. Ogni elemento era parte integrante della squadra, senza dimenticare l'aspetto motivazionale, che con lui era sempre massimale".

IBRAHIMOVIC - "La cessione al Barça fu un grande colpo di Moratti, fu lui a condurre quell'operazione in prima persona. La plusvalenza fu pesante, il presidente condusse al meglio quella trattativa. Qualche anno dopo riuscimmo a venderlo a peso d'oro, garantendoci Eto'o come contropartita. Non male, direi. Quando arrivò da Torino, beh... non fu per nulla semplice, ma riuscimmo a superare la concorrenza del Milan. Io e Branca andammo a trattare nella sede bianconera con Blanc e Cobolli Gigli, per poi parlare direttamente con Ibra nella sua abitazione. Non avremmo mai lasciato Torino senza il giocatore, avevamo paura potesse firmare con altre squadre nei giorni seguenti, dato che lo volevano tantissimi club".

ADDIO INTER - "Sono stato io ad andare via, mi hanno messo nelle condizioni di farlo. Ci sono rimasto male perché non ero stato informato direttamente dei cambiamenti che si stavano concretizzando, bensì da terze persone. Quando Moratti ha fatto di tutto per trattenermi, cercando di farmi cambiare idea, ormai avevo preso la mia decisione. Non era più come prima. Non ero stato trattato bene, l’addio a quel punto era inevitabile. Se mi immagino ancora all’Inter? In questo momento penso solo a far bene con la Nazionale e spero di proseguire la mia esperienza in Azzurro fino al Mondiale in Russia nel 2018. Sono felice e soddisfatto di questo incarico e non finirò mai di ringraziare il Presidente Tavecchio che mi ha dato questa opportunità. Gli sarò per sempre riconoscente, perché mancava nella mia carriera un ruolo come questo. Con la Nazionale mi sento completato".

(Calcio 2000)