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Osvaldo: “Tirai un pugno a Mancini dopo Juve-Inter. Icardi fortissimo, contano i gol”

Osvaldo: “Tirai un pugno a Mancini dopo Juve-Inter. Icardi fortissimo, contano i gol”

L'ex attaccante italo-argentino svela diversi retroscena della sua carriera da calciatore

Fabio Alampi

L'addio al calcio, la nuova vita nel mondo della musica. Ma anche il rapporto con l'Inter e con la Nazionale: Pablo Daniel Osvaldo ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "Un sogno, sono felice".

Nel 2016 ha detto basta a soli 30 anni. Scelta forte, clamorosa se si considerano le tante offerte respinte.

"Quanti soldi dalla Cina, ma non era più il mio mondo. Solo un business che odiavo. Ora c’è la musica. Con Sergio, Taissen, Julen e Agustin abbiamo fondato i “Barrio Viejo”. Vorrei ci ascoltassero per il nostro valore, non per il mio nome".

Quando ha deciso di lasciare?

"Al Boca. Troppo gossip. Non potevo uscire, avevo paura della gente. Non ce la facevo più...".

Eppure le offerte non mancavano.

"Cina e club da Champions, ma avevo staccato. Iniziavo a odiare ciò che avevo sempre amato. Il calcio merita rispetto. E al denaro preferisco l'asado e una birra".

E se la chiamassero ora?

"Vuole ridere? A dicembre 2016 mi contatta Sampaoli, all'epoca al Siviglia: "Dani, non ti chiedo nulla. Fai ciò che vuoi in campo e fuori, ma mi serve una punta". "Mister, ma c’è il Cosquín Rock (festival argentino, ndr)". E lui: "Dimenticavo! Vai pure, di certo non puoi perderlo". Due pazzi".

In carriera più amici o nemici?

"Non saprei... Di certo qualcuno non ha voluto il mio bene. Prandelli mi escluse da Brasile 2014. Ascoltò media e tifosi che non volevano l‘argentino con la 10, portò Cassano. Ero frustrato, ma nulla contro Antonio".

Di lei si diceva non fosse un vero professionista.

"Cazzate. Mi sono sempre allenato al top, parlavano perché ero stravagante. Al 90’ per me finiva tutto e non ero un Cristiano Ronaldo che faceva palestra a casa dopo l'allenamento. Ma questo cosa vuol dire? Avevo altri interessi fuori dal campo, pagai anche per questo".

Un santo, quindi.

"(Ride, ndr). Non esageriamo. Ero un ribelle che ha commesso degli errori, ma ero comunque il migliore. Poi la sera uscivo, cose normali. Ma le etichette...".

Mancanza dell'Italia?

"Tornerò dopo l‘inverno. Da voi è pesante, non ricordo con piacere la neve di Bergamo...".

E del calcio? Sia sincero.

"Ho vestito maglie importanti e giocato con tantissimi campioni. Al momento non te ne rendi conto, dai tutto per scontato. E solo oggi capisco quella fortuna. Ma no, non mi manca. Credetemi".

Soddisfatto di quanto ottenuto?

"Mi accontentavo del mio talento naturale. Se fossi stato diverso non avrei avuto certi colpi...".

Qualcosa che non rifarebbe?

"A Roma avrei dovuto gestire meglio certi momenti. Ma lì c'è gente malata di calcio che ti insulta se non baci la maglia, quasi dimenticandosi dei 28 gol in 2 anni. Sarei rimasto un altro anno solo per farmi rimpiangere".

Ma qualcosa avrà pur sbagliato...

"Sono così: se qualcosa non va lo dico anche a Papa Francesco".

Pace fatta con Lamela?

"Ma certo... Uno scontro subito risolto, ma i media fecero casino. Ragazzo d’oro, lo abbraccerei".

E con Mancini?

"Gli tirai un cazzotto dopo quel famoso Juve-Inter. "Vuoi fare a botte?". Lui: "Ma non dirmelo davanti a tutti". Se non mi avesse cacciato avrebbe perso autorevolezza. Poi andai nel suo ufficio piangendo, mi vergognavo. È un grande, con un bel carattere...".

Come Icardi...

"Volò un normale vaffa. È fortissimo. Contano solo i gol, basta parlare della sua vita privata".

L’Inter è un rammarico?

"No, perché andai al Boca".

All’Espanyol il periodo più bello?

"Insieme a quello di Roma".

Le persone più importanti?

"Famiglia, amici e agente".

Tra gli allenatori chi sceglie?

"Pochettino un top, ma Conte è il migliore: ti catturava. Poi Zeman. Diverso, meno sanguigno e più boemo, ma un grandissimo".

Esiste l’amicizia nel calcio?

"Certo, De Rossi è un fratello".

Lei e Balotelli siete simili?

"Ne ha combinate più di me! Gli voglio bene, lo conosco da anni".

E Totti?

"Ha fatto la storia. Persona fantastica, fa morire dal ridere".

Più di Cassano?

"No, è irraggiungibile! Siamo diversi, io sono più tranquillo".

Dice di aver avuto 6-700 donne.

"Allora mi distrugge! Per me la testa conta più della bellezza".

Ha mai visto il doping?

"Prima c'era, ma la nostra generazione è più controllata".

E l’omosessualità?

"I gay ci sono, ma hanno paura del coming out. Il calcio non è pronto, verrebbero distrutti".

Oggi chi è Osvaldo?

"Un uomo maturo e presente per i propri figli. Quando mi vedono impazziscono".

Cosa direbbe a un bimbo di 6 anni che sogna con un pallone?

"Divertiti, evita le persone cattive e lo sporco che c’è attorno".

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