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«Il fatto che Giacinto Facchetti non ci fosse e quindi non potesse difendersi è sembrato un incentivo ad attaccarlo». Così Gianfelice Facchetti, figlio del compianto giocatore dell'Inter e della Nazionale, ha riparlato delle accuse rivolte al padre nel corso del processo di Napoli sui fatti di Calciopoli. «È giusto fare una riflessione - ha esordito Facchetti jr in occasione della consegna a Gianfranco Zola di un premio intitolato al padre -: in questo anno e nei precedenti ci sono stati attacchi mistificatori nei confronti di papà, che poi si sono spenti da soli nelle aule di tribunale. E faceva riflettere lo spazio differente che trovavano l'offesa e la calunnia rispetto alla smentita».
«Il fatto che Giacinto non ci fosse - ha sottolineato Facchetti - sembrava un incentivo ad attaccarlo, con insinuazioni basate sul nulla. Il problema è che la querela è un deterrente spesso inutile che non basta a disincentivare le illazioni. La smentita non ha lo stesso peso dell'offesa ed è giusto che chi parla di sport analizzi questo elemento».
A tal proposito, il presidente del Coni Gianni Petrucci, ha detto che «nessuno può infangare un nome che ha fatto la storia positiva e vincente del calcio italiano».
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