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David Pizarro, 38 anni, ha da poco rinnovato il contratto con l’Universidad de Chile ma ha ancora tanta nostalgia dell’Italia. Di Udine, di Milano, di Roma e di Firenze. E anche da lontano il suo cuore batte forte per il calcio italiano, grazie al quale in 15 anni è diventato tra i più forti registi d’Europa. «Guarderò la Serie A finché non morirò: è un campionato che mi ha dato tanto». Il centrocampista ha parlato del campionato italiano e in particolare di Spalletti, il tecnico che più lo ha valorizzato.
Pizarro, che idea si è fatto di questa stagione?
«La squadra da battere resta la Juve: organico superiore a tutte le altre. Adesso però per il bene calcio italiano sarebbe importante che squadre come Napoli, Roma o Inter riuscissero a spezzare la serie bianconera».
Fa il tifo per qualcuno in particolare?
«Amo il calcio che fa il Napoli, perché sono un romantico: bado molto alla qualità. Alla Fiorentina con Montella abbiamo messo in campo un gioco simile a quello di Sarri, spero che a fine anno a festeggiare siano gli azzurri».
Non la prenderà bene il suo amico Spalletti. Cosa pensa del suo lavoro all’Inter?
«Luciano è un fenomeno, un fuoriclasse dei tecnici. Lo dico perché lo conosco e so quanto sia ampio il merito di aver plasmato un’Inter così forte, a sua immagine e somiglianza. Il vero top player nerazzurro è Spalletti».
Quali sono gli ingredienti del suo successo?
«È il tecnico più meticoloso che abbia mai avuto: Luciano cura ogni singolo dettaglio, a cominciare dagli allenamenti. Fa gruppo in fretta e ovunque vada vuole sempre esprimere un calcio brillante. A Milano ci sta riuscendo alla grande».
Oggi a San Siro arriva la squadra che l’ha lanciata tra i grandi, l’Udinese...
«È un club che stimo tanto, mi ha fatto crescere come persona e come calciatore. La qualificazione in Champions del 2005 con Spalletti è stato un momento storico per la società e per me. Sei anni non si dimenticano in fretta. E poi a Udine sono nati i miei due figli».
Sull’altra sponda di Milano, invece, l’avventura di Montella è finita male...
«Non avrei mai pensato a un epilogo del genere. Vincenzo ha qualità, le colpe non sono tutte sue: il club non lo ha aiutato sul mercato o quando è stato indicato dai tifosi come principale responsabile del momento no del Milan».
Che effetto le fa vedere una Roma senza Totti?
«Perdere uno dei giocatori più forti al mondo non è mai facile e quest’anno si è visto contro Genoa e Chievo, dove i giallorossi si sono incartati. Con Totti, i tre punti sarebbero arrivati. Penso che Francesco avrebbe voluto continuare a giocare. Non so perché abbia smesso. Ora fa quasi effetto vederlo ogni domenica in tribuna».
E lei cosa farà una volta smesso di giocare? Tornerà in Italia?
«Sicuramente. Studierò a Coverciano per prendere il patentino di allenatore. È una promessa. E gli italiani sanno che io le promesse le ho sempre mantenute».
(La Gazzetta dello Sport)
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