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La strategia
—Il suggerimento è fin troppo scontato. Inzaghi non può disegnare un’Inter arroccata attorno a Onana. La linea Darmian-Bastoni-Acerbi deve rischiare qualcosa, ma tenere i piedi il più possibile fuori dall’area. Linea a tre, non a cinque: visto che Grealish (a sinistra) e Bernardo Silva (a destra) amano svariare, sarà bene che Dumfries e Dimarco non si schiaccino in attesa, ma contribuiscano ad alleggerire la pressione del City, aiutati rispettivamente di Darmian e Bastoni.
Il pericolo
—Come sempre subentra il discorso della “coperta”: per non renderla corta su Haaland, lasciandolo solo contro Acerbi, sarebbe un’istigazione al suicidio, toccherà a Brozovic dare una mano. Per questo motivo è in vantaggio su Mkhitaryan: il croato può ripiegare da quarto difensore. Meglio lui che gli esterni che possono invece far saltare gli equilibri del City sulle fasce, come riuscito al Real Madrid. In mezzo può aprirsi un doppio “uno contro uno”. Calhanoglu contro De Bruyne e Barella di fronte a Gundogan, Qesto rettangolo è cruciale: dovrà essere il più possibile lontano dalla lunetta nerazzurra. Calha davanti alla difesa impoverirebbe la copertura.
L'attacco
—La superiorità difensiva dell’Inter complicherà però la vita a Dzeko (o Lukaku) e Lautaro, costretti a fronteggiare una doppia linea: Stones e Rodri primo ostacolo, Walker-Dias-Akanji ultima barriera. Due contro cinque. Lautaro è indiscutibile, con il suo movimentismo, il pressing e la “garra” può far male. Inzaghi dovrà bilanciare pro e contro dell’attaccante alto e grosso: contro il City teoricamente Lukaku si fa preferire, perché c’è da cercare profondità “fisica” e immediata, e ci sarà meno tempo per una punta-trequartista. Al contrario, però, partire con Dzeko consentirebbe un possesso sulla trequarti, e più idee, per poi schierare il belga contro una difesa più stanca per farle male. Ma potrebbe essere troppo tardi.
Tranquillità
—Oltre a una telefonata al collega Thomas Frank del Brentford, unico a battere il City due volte (su due) in stagione, quello che Inzaghi dovrà trasmettere ai suoi è il senso di leggerezza. L’Inter ha già vinto la sua Champions: è in finale contro tutto. Perderà? Sarà dura, ma niente di paragonabile a un ko per il City e Guardiola, fermo alla Champions del 2011 con il Barça, a secco col Bayern, sconfitto dal Chelsea nel 2021. Una finale non è mai soltanto tattica: Inzaghi deve ricordare ai suoi che c’è meno da perdere. Infine, da non sottovalutare, lontano dall’Etihad il City è diverso: in Champions ha vinto solo una volta (la prima a Siviglia), poi cinque pari. L’Ataturk sarà presumibilmente più italiano e non solo per Calha. Un po’ di captatio benevolentiae, diciamo pure un po’ ruffianeria verso le tribune, può essere utile come una diagonale ben fatta".
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