Nel corso di una lunga intervista concessa ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Ronaldo, in nerazzurro dal 1997 al 2002, ha parlato del suo periodo all'Inter, ma non solo.
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Ronaldo: “Inter, ricordi nostalgici. Moratti-Suning uguali in una cosa. Tra me e CR7…”
Le parole del Fenomeno a La Gazzetta dello Sport
Fenomeno, ma ha senso parlare di vero Ronaldo?
«E’ una cosa che mi ha sempre divertito, ma dico no: non ha senso. Siamo così diversi, io e lui».
Facciamo un elenco di differenze?
«L’età, anzitutto. Nove anni di differenza, differenti gli anni in cui abbiamo giocato. Il calcio è cambiato in fretta recentemente, e cambia sempre più in fretta. Non voglio dire che ai “miei tempi” fosse più difficile: però abbiamo affrontato situazioni molto diverse e con squadre diverse».
Un’altra?
«L’impatto con il campionato italiano. Io avevo vent’anni, avevo già detto abbastanza con il Psv e il Barcellona, ma non tantissimo, sicuramente non tutto: ero ancora un progetto di campione, o perlomeno così mi sentivo. Cristiano è arrivato in Italia a 33 anni, nel pieno della sua maturità di giocatore. Anzi, di campione fatto e finito».
E in una Juventus piena di campioni e di gloria.
«Ecco, appunto. Cristiano per la Juve è un enorme valore aggiunto, ma non avrebbe mai scelto la Juve se non avesse calcolato di arrivare in una delle squadre più forti d’Europa. Io quando scelsi l’Inter avevo una missione molto meno immediata di quella di provare a vincere subito la Champions. Me la diede Moratti: far diventare l’Inter una grande squadra, aiutarla a tornare ai livelli della squadra di suo padre. E un po’ più grande, soprattutto a livello di immagine, era diventata».
Anche se era tutt’altro che uno squadrone.
«Io di quell’Inter ho solo ricordi molto nostalgici: bellissimo gruppo, ci divertivamo. Però sarei ipocrita se dicessi che, dal punto di vista puramente tecnico, appena arrivato era una squadra di un livello paragonabile a quello della Juve di oggi».
Gli infortuni, rispetto a Cristiano Ronaldo, non la aiutarono.
«Il peso della sfortuna sulla carriera di un giocatore non è quantificabile. Però, bisogna dare a Cristiano quello che è di Cristiano: se è arrivato a 33 anni così non è sicuramente un caso, un semplice dono di natura. Credo ci siano pochi giocatori al mondo ad avere una simile attenzione per la cura del proprio fisico, una voglia così feroce di migliorare anche grazie all’autodisciplina».
Sta facendo autocritica?
«Non è la prima volta. Le nostre concezioni dell’importanza dell’allenamento, della centralità del lavoro sono non dico opposte, ma sicuramente differenti. Io mi allenavo perché dovevo, lui si allena perché ama farlo: l’avessi fatto quanto lui... Non credo che tutto quello che posta su Instagram dei suoi allenamenti personali sia solo facciata, autopubblicità. E quello che raccontano i suoi compagni fa fede, non mi pare ruffianeria».
Quindi siete molto più diversi che uguali?
«Direi di sì: pure per il ruolo e il modo di recitarlo, anche se lui ora gioca molto più in mezzo e molto più vicino alla porta. Ma ha un altro modo di avvicinarla, di arrivarci, anche se lo scopo ultimo è lo stesso. Forse in passato un assist lo appagava quanto un gol, adesso non credo. Ecco: per la voglia di gol siamo abbastanza uguali, sì».
Premiazione del Pallone d’Oro: da secondo, sarebbe comunque andato a Parigi?
«Domanda provocatoria, e faccio il furbo: ognuno si regola come crede, non sono fatti miei».
Ok: trova così anomalo che quest’anno sia stato dato a Modric e non a Ronaldo?
«Noi giocatori l’abbiamo sempre saputo, lo sanno tutti: è un premio influenzato anche dai risultati e al Mondiale la Croazia di Modric ha fatto meglio del Portogallo di Cristiano».
Lei anche grazie a un Mondiale lo vinse nel 2002.
«Ma proprio per questo, quello del 1997 per me ha un valore assoluto molto grande: con il Barcellona avevo vinto la Coppa delle Coppe e la Copa del Rey, ma l’ho sempre considerato un riconoscimento molto “personale”».
Ricorda che partita c’era a San Siro quando lo mostrò al pubblico nerazzurro?
«Non mi ricordo neanche cosa ho mangiato oggi...».
Ok, rifà il furbo: 4 gennaio 1998, Inter-Juventus 1-0, gol di Djorkaeff su assist di Ronaldo.
«Un giorno che ricordo con emozione, anche perché quella fu la prima sfida contro la Juve vinta da Moratti. Ed era molto emozionato anche lui».
Da quando è di proprietà Suning, l’Inter ha già battuto la Juve. Ma se dovesse succedere domani sarebbe la prima di Zhang junior presidente...
«Non facile per l’Inter, e non c’è bisogno che lo dica io. La Juve è molto forte, più forte di tutte le altre, e sta succedendo quello che era prevedibile già a inizio campionato. Anche se non immaginavo una fuga così già a dicembre».
Ma pensa anche lei che la Juve sia così irraggiungibile in tempi brevi?
«L’Inter sta recuperando un po’ di terreno, ma piano piano. Quando sarà definitivamente fuori dal financial fair play, potrà accelerare. Un paragone Moratti-Zhang non ha senso, hanno per forza un modo di vivere l’Inter diverso, ma in una cosa sono sicuramente uguali: Suning non ha meno voglia di vincere».
Quanto aiuterebbe l’Inter fare bene stasera?
«Juve-Inter è una di quelle partite che ad una squadra possono dare molta più forza che punti in classifica. In questo, solo in questo, mi ricorda Juve-Inter del ‘98: lì eravamo in corsa per lo scudetto, mentre questa Inter realmente non lo è, ma andandoli a sfidare con quel coraggio cercavamo la certificazione della nostra crescita. Ecco, l’Inter di Spalletti deve andare a Torino con quel coraggio. Poi andrà come andrà».
L’Inter si augura che non finisca come quella volta sotto tutti i punti di vista.
«E’ passato così tanto tempo e ne abbiamo parlato talmente tante volte... Vent’anni giusti, già: una vita. Fu una vergogna, lo dissi già quel giorno e non sapevo ancora tutto il resto, ma erano anche altri tempi per il calcio italiano: vigilare per farsi rispettare è giusto, fare le vittime no. E poi mi sembra che le cose in Italia stiano andando meglio, no?».
Anche se c’è ancora qualcuno che non digerisce la Var.
«Se l’hanno usata al Mondiale e hanno deciso di utilizzarla anche in Champions vuol dire che non è una cosa così sbagliata. Piuttosto, non mi meraviglia che l’Italia sia stata scelta per sperimentarla: ora va meglio, ma evidentemente prima qualche problemino c’era...».
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