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Così però vorrebbe dire...
«...cancellare la storia del calcio a San Siro, cosa che io non vorrei fare ovviamente».
Con Steven Zhang si è sentito di recente...
«Sì, ci siamo sentiti. Zhang mi ha detto che ha sempre avuto perplessità su San Siro perché il club non si può permettere per due anni di traslocare in un impianto più piccolo, però ha lasciato un margine di trattativa».
A quali condizioni?
«Continuare a giocare a San Siro limitando al minimo gli spazi non agibili, oppure giocare altrove un paio di giornate, a inizio e fine campionato, per garantire i lavori nel periodo estivo».
Con i tifosi in trasferta, insomma.
«Teniamo conto che a febbraio 2026, per le Olimpiadi, le squadre saranno costrette giocoforza a lasciare San Siro per qualche giornata».
Quindi Zhang le è parso possibilista...
«Non mi ha promesso “Sì, rimarremo a Milano!”, però dal tono della telefonata ho sentito una disponibilità sincera da parte sua».
Immagino che si sia parlato anche di costi di ristrutturazione.
«Sì, ma per prima cosa è importante che Inter e Milan spieghino a WeBuild (l’azienda di costruzioni incaricata di studiare il progetto ndr) cosa hanno bisogno per avere un impianto adeguato, dal numero di posti Vip alle strutture dentro e fuori allo stadio».
Già, che si fa all’esterno?
«Mi viene in mente una vecchia idea di Thohir: costruire una zona di accoglienza, con lounge e luoghi dedicati nell’attuale parcheggio».
Altro?
«Per rientrare dell’investimento è giusto che le società possano decidere di costruire altro, ovviamente nel rispetto delle regole».
Ottimo! Procediamo!
«Al netto delle dichiarazioni di Cardinale, settimana prossima inviterò allo stesso tavolo Milan, Inter e WeBuild per verificare le esigenze dei club».
E se il Milan non si presenta?
«Guardi, non voglio cercare polemiche, ma le mie perplessità su San Donato persistono, non è un progetto facile. Il Sindaco di San Donato dice che lo stadio sarà pronto nel 2028, ma per mia esperienza- 8 anni da Sindaco e 5 in Expo - dico che è impossibile. Tra l’altro le ricordo un punto fondamentale...».
Prego.
«Le squadre hanno un contratto d’affitto che scade a giugno del 2030, quindi uno può avere tutte le idee che vuole ma deve essere certo di avere uno stadio entro quella data».
Sembra tutto tremendamente difficile...
«In Italia ci siamo scelti delle regole complicate. In più, non nascondiamoci, ci sono delle sensibilità che un tempo non c’erano. Vent’anni fa nessuno si incatenava a difesa del verde e dell’ambiente, oggi questa sensibilità è molto più forte.
Mi metto nella testa di un cittadino di San Donato che vede la sua città improvvisamente invasa di auto».
A Milano spuntano grattacieli come funghi ma lo stadio sembra un problema insormontabile, siete in ballo da anni e anni...
«Per una lunga fase abbiamo lavorato all’idea dell’impianto di fianco a San Siro...».
Ma il piano è tramontato...
«Sì, è tramontato il giorno in cui abbiamo capito che il vincolo della Sovraintendenza c’è».
Questa cosa dei vincoli appare francamente fuori dal tempo.
«È totalmente anacronistica...».
Tornando all’ipotesi di ristrutturazione, chi paga i lavori?
«Ho detto alle squadre che se vogliono lo stadio di proprietà, ovviamente, si dovranno prendere in carico le spese. Soluzione ideale, tra l’altro, perché in quel modo i lavori procederebbero spediti, viceversa, se fossero lavori pubblici, sa meglio di me come andrebbe a finire...».
Di che cifre parliamo?
«Sono solo ipotesi, ma giusto per farle capire. Un nuovo stadio costa 1,2 miliardi, oggettivamente tantissimo. Tanto è vero che sembra che il Milan abbia recentemente chiamato l’Inter per chiedere supporto».
Risposta?
«Non posso aver certezza ma per l’Inter il progetto di San Donato è troppo complicato...».
E per ristrutturare San Siro quanto grano serve?
«Diciamo 300-350 milioni. A questo in teoria bisognerebbe aggiungere il valore dello stadio. Noi lo abbiamo a libro a 100 milioni, ma io mica ci devo guadagnare. Lo concederei in diritto di superficie a 90 anni con una formula per cui alla fine diventerebbe di proprietà delle squadre. In pratica lo potrebbero già registrare nel loro asset. A quel punto gli costerebbe solo un milione all’anno».
La sua sensazione è che Milan e Inter non abbiano la forza per fare uno stadio ex novo?
«Cardinale sa di cosa parla, ma in un’ottica americana che è francamente ottimistica. Le società non sono patrimonializzate, se uno chiede un prestito a una banca o a un fondo non può dare granché in garanzia e quindi i tassi d’interesse sarebbero altissimi».
Mi sta dicendo che i due club stanno bluffando...
«Fare i conti in tasca agli altri è sbagliato, ma da esperto di finanza, più che da Sindaco, mi sembrano tempi difficili per un investimento così elevato».
Allo stadio ci va?
«Non ci vado per mia scelta, almeno fino a quando non avrò risolto questa situazione. Mi sentirei a disagio».
Veniamo al punto: lei pensa di riuscire a convincere Milan e Inter a restare a San Siro oppure no?
«È complicato, ma penso che ci riuscirò».
Ah, di Rozzano non abbiamo proprio parlato...
«Beh, non è stato fatto alcun atto amministrativo. Il Sindaco dice che sono parecchi mesi che non sente l’Inter».
Cardinale a San Donato il rogito lo ha fatto...
«Bisogna vedere la carte, in ogni caso si tratta di terreni che sarebbero rivendibili».
Tempistiche per arrivare a una svolta di qualche genere?
«Settimana prossima ci sarà questo tavolo e chiederò a WeBuild di consegnarmi uno studio entro giugno».
E a Milan e Inter cosa chiederà?
«Di non tenere più i piedi in due scarpe. Voglio una risposta, dentro o fuori, entro giugno».
Diciamo che riesce a convincere anche solo un club: prima partita nel “nuovo” San Siro?
«Massimo due o tre anni da inizio lavori».
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