Un leader c'è (soprattutto) nei momenti più delicati. E Milan Skriniar quando l'Inter ha avuto bisogno di lui c'è sempre stato. Senza troppi fronzoli, ma con tanta sostanza. E' stato lui ad aprire le danze in Inter-Genoa, con un gol e un'esultanza che sottintendeva molte cose. La gioia per il gol, certamente. Quella per aver indicato la via da seguire, tre punti da conquistare che pesavano anche grazie allo scudetto cucito sul petto. Ma forse anche la risposta ai mesi di incertezza sul post Conte, la cessione di Hakimi e infine l'addio di Lukaku (leader dimenticato ormai). Sì, c'è vita sul pianeta Inter anche dopo gli eventi più duri e inaspettati di questa tormentata estate. "Sono contento di essere riuscito a segnare ma la cosa importante è la vittoria e partire bene. E' quello che abbiamo fatto, anche con una buona prestazione. Importante è non subire gol mai. Davanti abbiamo una squadra forte che segna quasi sempre. Per noi non subire gol è sempre più bello. Motivazione? Sicuramente sì, così cattivi e motivati dobbiamo entrare in ogni partita. E poi così togliamo speranza agli avversari e giochiamo la nostra partita. Il mister ci ha dato le sue idee di gioco, come difendere e costruire. Abbiamo lavorato due mesi e siamo riusciti a vincerla. Stiamo lavorando e abbiamo lavorato sotto tutti i punti di vista", ha dichiarato con determinazione Milan ai microfoni di Inter TV.
COLONNA DELL'INTER
Skriniar già indispensabile a Inzaghi, a giugno quella frase: “Se uno non gioca…”
Milan Skriniar detto anche Skrinka, "armadietto". O meglio armadio, muro e colonna di questa nuova Inter che ha tanta voglia di dimostrare.
Quella frase a fine campionato che dice tutto
Rivista Undici ha incoronato Skriniar come uomo copertina nella partita contro il Genoa: "Colonna dei nerazzurri campioni d'Italia, apparentemente già indispensabile anche a Simone Inzaghi grazie anche a un gol all'esordio in campionato. Quinta stagione, tante cose diverse. «L’Inter è cresciuta e io sono cresciuto insieme a lei», ci aveva detto in un'intervista a fine giugno (2021, ndr). Un percorso quasi sempre da titolare, con i suoi momenti di difficoltà che Milan ha saputo superare. Come al primo anno di Conte. «Non ero contento per me stesso, però ero contento per la squadra perché stava andando alla grande. Secondo me è così che dev’essere: se uno non gioca deve fare il tifo per gli altri che giocano al suo posto. È giusto»".
(Rivista Undici)
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