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Wesley Sneijder ha concesso un'intervista alla Gazzetta dello Sport. Ecco tutte le sue parole:
Sneijder, In due mesi è cambiato tutto, doveva lasciare l'Inter e poi...
«Io non ho mai pensato di dovermene andare, altri non so. Anzi, lo so: ero partito per le ferie con l’idea di tornare, poi mentre ero in vacanza mi chiama il mio procuratore e mi fa: “Vieni, dobbiamo parlare con l’Inter”. E l’Inter doveva dirmi che, se ci fosse stata una possibilità, avrebbe potuto vendermi: no, non era un problema tecnico, credo proprio di no… Questione di soldi. Insomma, era cambiato qualcosa, e allora ho cambiato modo di pensare anche io.Poi sono arrivato a Pinzolo, ho ritrovato più o meno la stessa squadra, ho parlato con Moratti, che per me è una persona molto importante, con Branca e Ausilio e mi hanno detto tutti che sarei stato molto importante per l’Inter».
E' stato in bilico fino all'ultimo, poi è partito Eto'o
«Uno dei due doveva andare: il giorno dell’addio di Eto’o ho capito che io sarei rimasto. E molto felice di farlo».
Intanto il suo ruolo era quello di fare il centrocampista
«Con Gasperini ci siamo confrontati poco, ma di quello, del mio ruolo, abbiamo parlato molto. Io gliel’ho detto subito: “Giocare a centrocampo non mi piace, per niente”. Io sono un attaccante, non un centrocampista».
Gasperini però diceva che lei lì si divertiva
«L’ha detto lui: avevo sempre la palla, è vero, ma a me piace stare più avanti, più vicino alla porta».
Praticamente anche da seconda punta oltre che trequartista
«Volendo sì, a patto di essere libero di andarmi a prendere la palla. L’ho fatto a Pechino e per onestà va detto che in quel primo tempo si è vista la miglior Inter non di quest’anno, ma degli ultimi tre anni: mi era sembrato fosse durato 10′, per quanto c’eravamo divertiti. Peccato poi quel secondo tempo, che invece non finiva mai».
Quindi«Quindi meglio seconda punta che centrocampista. Ma in assoluto preferisco stare alle spalle di due attaccanti».
Oggi dove gioca??
«Dove mi ha messo Ranieri, che è bravo e ha capito come doveva giocare questa squadra: ognuno al suo posto, è questa la chiave. E anche io adesso sto al mio posto, nel mio ruolo. Quando è arrivato, io e Ranieri ne abbiamo parlato, perché lui parla tantissimo con i giocatori, e così mi piace».
Quindi adesso è più facile segnare e fare assist?«Se devo scegliere fra un gol e un assist, preferisco un bell’assist: senza dubbi».
Cosa ha detto Ranieri che l'ha colpita di più?
«Che lui mi vuole lì, e poi perché mi vuole in quella posizione: ovvero perché così divento importantissimo per la squadra. Questo mi carica, mi dà grande fiducia. Un altro che ha saputo parlarmi come Ranieri è stato Mourinho. Anche se…».
Anche se?«Anche se è inutile dire che noi continuiamo a cercare negli allenatori qualcosa di Mourinho, che ogni tanto sento ancora: un altro come lui non c’è, nessuno come lui sa come trattare ogni singolo giocatore. Arrivare dopo Mou sarebbe stato difficile per tutti, non solo per Benitez».
Dopo Mourinho, ci faccia una classifica dei mister che l'hanno allenata
«Van Basten e poi Henk Ten Cate».
La classifica dell'Inter non è proprio delle migliori«Eppure io dico che lo scudetto possiamo ancora vincerlo noi, anche se oggi abbiamo più punti in Champions che in campionato. Perché otto punti, con tante partite da giocare, si possono recuperare. Perché dopo la vittoria di Lilla possiamo guardare solo avanti, anche se non ho mai avuto paura di dovermi guardare alle spalle. Perché siamo tornati quasi tutti: Maicon, Thiago Motta, io… Perché la fame di vincere non ti passa mai: se vinci, vuoi vincere di più».
E la graduatoria delle avversarie dell'Inter?«Dico Napoli davanti a tutte. Non per come l’ho visto a San Siro con noi: nel primo tempo avevamo fatto bene e poi in undici contro dieci con un rigore a favore, per loro è stato tutto facile. No, dico Napoli per come lo vedo organizzato, per come sa essere squadra: mi piace molto»
La Juve può essere avvantaggiata per il fatto che non gioca le coppe?«Se vinci, la Champions non pesa per niente: noi lo sappiamo bene».
Essere il leader di una squadra pesa?«Al contrario, mi aiuta: è così anche in nazionale. Come ho già detto lunedì a Lilla, sotto pressione ho giocato le partite migliori della mia carriera».
Quali sono le tre migliori partite fatte con l'Inter?«Il primo derby che ho giocato: ero arrivato a Milano da un giorno; una partita a caso con l’Olanda, perché quando giochi in Nazionale sei sempre sotto esame; a Londra contro il Chelsea, l’anno del triplete».
Per essere sotto pressione, bisogna essere portati?«Boh, io so che sono sempre stato uguale a come sono oggi. Già sono cresciuto in un quartiere difficile e in più non ero neanche alto, così mi è toccato sempre litigare con quelli più grossi di me. E poi c’è stata la scuola Ajax, dove ti insegnano un po’ anche l’arroganza di dire per qualunque partita: “Questa la vinciamo facile”. Un misto di queste due cose mi ha aiutato molto come giocatore».
Nell'Ajax ha giocato con Ibra«Abbiamo giocato insieme, mi piace il suo carattere, ogni tanto ci vediamo anche a Milano: io sono un po’ come lui, street fighter».
Ma lui spesso litiga?«E perché, io no? A vent’anni ho perso tante volte la testa, una volta ho preso anche quattro giornate di squalifica. Non mi pento: ogni tanto è bello litigare, fa bene».
Cosa deve fare l'Inter per uscire dalla crisi?«Due cose. Anzitutto vincere con Chievo, Atalanta e magari Juve: così sì che si svolterebbe».
Proprio Inter-JUve potrebbe essere la svolta?«É vero fino ad un certo punto: è vincere contro Chievo e Atalanta che può darci fiducia per battere anche la Juve. Perché se perdi o pareggi una di quelle, poi è facile che non vinci neanche con la Juve».
E l'altra cosa?«Imparare a giocare per chiudere le partite: se andiamo sull’1-0, dobbiamo cercare di fare il 2-0. Invece finora, segnato l’1-0, è come se avessimo detto: “Ok, abbiamo fatto gol, adesso mettiamoci tutti indietro”. A Lilla ho avuto paura, ad un certo punto mi sono messo a urlare: “Andiamo su, saliamo!”. Di questa cosa ho parlato a Ranieri, ai compagni: è troppo importante».
Dice spesso a Lucio di non venire sempre in avanti?«Glielo dico sempre: “Non venire avanti, stai lì!”».
Zarate invece?«Lui capisce tutto senza bisogno di dirgli niente, è facile giocare con lui».
Forlan?«Basta che giochi sempre attaccante e vedrete: all’inizio stava sulla fascia, e non poteva andar bene».
Che ci dice di Ricky Alvarez?«Ricky è giovane e in allenamento fa grandi cose: poi, quando gioca, è come se avesse paura; oppure è come se volesse fare troppe cose, tutte insieme. Invece no, deve solo giocare facile».
E' proprio cosi difficile vincere il Pallone d'Oro?«A questo punto, per riuscirci, credo di dover vincere qualcosa con l’Olanda: il Mondiale, o magari anche l’Europeo. Ma chi crede che non vincerlo l’anno scorso sia stata la più grande delusione della mia carriera, non ha capito nulla: alla fine non me n’è fregato niente. Perché se vinci una Champions, sei tu che decidi di vincerla, sul campo; se prendi il Pallone d’oro, è perché qualcuno decide che tu debba averlo. C’è una bella differenza».
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