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La pena più dura che Mauro Icardi dovrà scontare da qui alla fine del campionato sarà il confronto con i suoi tifosi e più nello specifico quello con la Curva. Su questo fragile terreno ci sono davvero poche parole che possono essere spese, conteranno soprattutto i fatti, i piccoli e grandi gesti, forse anche i silenzi nell'attesa di tempi migliori o di future riappacificazioni. Proprio poco prima della conferenza stampa in cui Luciano Spalletti non solo avrebbe riammesso l'argentino tra i convocati ma lo avrebbe anche figurativamente buttato in campo dal primissimo minuto, a riprendersi ciò che in gran parte si era tolto da solo, è arrivato con un tempismo curioso il comunicato della Nord: "Icardi vattene, per noi non sei più un giocatore dell'Inter". Ciò che lo stesso Spalletti aveva, anche lì con un curioso tempismo, rimarcato dopo la sconfitta contro la Lazio e cioè che ad un tifoso dell'Inter non potesse andar bene che per tornare a fare ciò per cui si è sostanzialmente pagati (e ciò che prima di tutto rappresenta un onore) si rendesse necessaria la mediazione di un avvocato, è tornato in una narrazione diretta e sbrigativa assemblata e diffusa dalla Curva. Non è solo il pensiero del presente a muovere le accuse nei confronti di Mauro, ma soprattutto quello del futuro. Un idillio mai nato, una sentenza sull'inadeguatezza, secondo i tifosi della Nord, rispetto a ciò che un giocatore dell'Inter (e non parliamo del ruolo di capitano) dovrebbe (e non dovrebbe) rappresentare.
Ma per quanto concerne la posizione di Luciano Spalletti, abilmente rimessa in carreggiata dopo un post partita (quello contro la Lazio) che aveva riaperto e scoperchiato ferite ancora doloranti, non ci sono per una volta passaggi che si prestano a strane interpretazioni. Mauro Icardi non solo è convocato, ma sarà titolare dal primo minuto. Non solo è pronto, è prontissimo. Non solo si è allenato bene, si è allenato in maniera perfetta. Il momento storico che l'Inter sta attraversando, l'urgenza di dover mettere la parole fine ad una fiction che per troppo tempo si è dilungata (per colpa di tutte le parti, non solo di quelle giornalistiche) e la probabile presa di coscienza della dirigenza rispetto gli obiettivi pronti a scivolare via, hanno accompagnato la vicenda alle battute finali, tutte pronunciate e scolpite nella conferenza di oggi. Non si è parlato del Genoa, non si è parlato del gruppo, poco della forma mentale dopo la sconfitta di domenica, quasi nulla degli infortunati che stanno recuperando per capire a che punto siano. Il palcoscenico era tutto per Mauro Icardi, che nelle parole di Spalletti ha ritrovato il suo posto e che domani dovrà dimostrare di esserselo meritato. Dovrà farlo con il sudore, per far dimenticare gli ultimi interminabili 52 giorni. Il potere è nelle sue gambe.
Alla fine, a prevalere, è stato il bene dell'Inter (e il buon senso). Spalletti è tornato su questo concetto e lo ha fatto con un vago bisogno di giustificare la scelta di alcune recenti dichiarazioni, non sempre impeccabili nei tempi e nella forzatura di aver indugiato su un caso che ormai stava deragliando. "Dobbiamo stare dalla parte dell'Inter. Io sarò sempre dalla parte dell'Inter. Bisogna stare dalla parte della società, della squadra, dei tifosi e anche un pochino dalla mia perché faccio parte di questo club. Non dalla parte di un giocatore solo". Il bene dell'Inter, questo sconosciuto. Quante volte ci siamo interrogati in questo ultimo mese e mezzo su quale esso fosse? Chi si schierava da una parte, chi dall'altra. Anche la spaccatura dell'ambiente intorno ha pesato. E se per alcune partite Lautaro Martinez aveva ben assimilato il peso dell'investitura sostituendo l'amico ed ex capitano Mauro Icardi e tenendo in piedi l'Inter, subentrato il suo infortunio tutto ha assunto contorni drammaticamente più tragici. Keita non è una prima punta e la partita di fatica e sofferenza contro la Lazio (con una palese difficoltà del reparto offensivo) ha evidenziato un allarme che non poteva decisamente più essere ignorato. L'Inter non può fare a meno di un attaccante di ruolo, a maggior ragione se questo attaccante è in salute e disponibile. A maggior ragione se hai come obiettivo imprescindibile la qualificazione alla Champions League.
Chi ha fretta di leggere il futuro, guardando già alla prossima stagione e sfogliando le figurine degli allenatori disponibili a sedersi sulla panchina nerazzurra dimentica che quel futuro verrà scritto e dettagliato nelle prossime partite. Si è messo un punto importante e si è già ripartiti. L'Inter può (in teoria) contare su un "giocatore nuovo" come lo aveva definito Spalletti qualche giorno fa. Ma il periodo di integrazione è finito. La pena è stata scontata. C'è da acchiappare la qualificazione in Champions League, unica palla di vetro per leggere il futuro di questa Inter. È intorno a quella che il destino dell'Inter verrà deciso, è da quella che il futuro di Spalletti non può prescindere. Luciano, che in questa Inter ha imparato a stare più di quanto avessero imparato i suoi predecessori (nonostante le sbavature), lo sa. La linea esibita in conferenza stampa dopo la Lazio è stata corretta, abilmente fatta rientrare nel tunnel di un'urgenza che prende il nome di bene dell'Inter. Non cambiare idea a questo punto della storia avrebbe avuto un peso del tutto rilevante. Non farlo con convinzione avrebbe aperto ulteriori strascichi, regalando nuove puntate di fiction a quella parte di folla assetata di intrecci da telenovela. C'è della follia in tutto questo? Probabile. Non scriviamo nulla di nuovo, visto che scriviamo di Inter. Il sipario si chiude, Mauro Icardi rientra in campo. Tutto il resto, come ha ricordato oggi Luciano prendendo in prestito una famosa citazione, è decisamente noia.
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