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Il primo stadio in cui hai giocato?
—A Sochaux, il club che mi ha lanciato nel professionismo. Un giorno, a 13 anni, dimenticai le mie scarpe, e ho preso in prestito quelle di mio padre. Come ho giocato? Malissimo.
Il tuo idolo è Ronaldo. Lo hai mai incontrato?
—Sì, sì. Tante volte. Quando era a cena con papà o ad alcuni eventi. Da piccolo avevo una copertina, me la portavo ovunque e volevo portarla anche a scuola. Mia madre non voleva, e così mi disse: "Dobbiamo darla a Ronaldo". E gliel'abbiamo data davvero.
Il peggior momento della mia carriera?
—Nel 2021 mi sono infortunato quando dovevo venire all'Inter. E' stata dura, ma la mia famiglia mi ha aiutato. La forza si trova dentro se stessi, nel lavoro e nell'amore per il calcio. E' mio padre che mi ha dato l'insegnamento più forte: 'Non mollare mai'.
La tua esultanza?
—Mio fratello, quando giocavamo in vacanza, mi diceva che era più forte di me nella testa e nei muscoli. Ecco perché poi è rimasta quell'esultanza. Sono un suo grande tifoso.
Un tuo pregio e un tuo difetto.
—Sono sempre in ritardo. Ma rido molto.
Come sei come attaccante?
—Veloce, fisico e potente. Ah, ho dimenticato tecnico: veloce, tecnico e potente. Se conta più il talento o la determinazione? Quest'ultima, perché il talento senza di questa è nulla.
Quanto è importante lo spogliatoio?
—Tanto, perché ti fa rendere bene anche in campo.
(DAZN)
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