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Da Veleno e Boninsegna a Ronaldo-Iuliano e Calciopoli. Inter-Juve non è come le altre

Marco Astori

La storia della partita raccontata da La Gazzetta dello Sport

Poco meno di 36 ore al fischio d'inizio di Inter-Juventus, partita mai banale nel corso della storia. Dopo anni di distanza rilevante tra le due squadre, stavolta lo scenario è molto diverso: nerazzurri primi in classifica a punteggio pieno e con il vento in poppa. La Gazzetta dello Sport ha ripercorso tutta la storia di questo scontro, diventato negli anni una vera e propria battaglia.

"I primi due nomi che finirono sui taccuini dei tifosi bianconeri e nerazzurri furono quelli dello juventino Ernesto Borel e dell'interista Oscar Engler. Borel, padre del più famoso "Farfallino", realizzò una doppietta nel primo derby d'Italia e provocò l'ira dei sostenitori nerazzurri giunti da Milano al campo di Corso Sebastopoli a Torino, mentre Engler, un colosso svizzero che di mestiere faceva il difensore, rese pan per focaccia agli juventini, due settimane più tardi, quando decise con una rete la partita di ritorno (1-0), e al termine del torneo, anche grazie a quel successo l'Inter conquistò il titolo nazionale. La rivalità di oggi ha origine in quel tempo lontano. Nel 1930, con l'Italia saldamente nelle mani di Benito Mussolini, Inter e Juventus si sfidarono nel primo campionato a girone unico sotto gli occhi del Re Vittorio Emanuele III, e in quell'occasione un giovane milanese, Giuseppe Meazza, che non era ancora il Balilla, fece meraviglie.

I nerazzurri vinsero 2-1 in trasferta e persino il sovrano applaudì a un simile spettacolo. E fu ancora Meazza a prendersi il palcoscenico, all'Arena di Milano, il 17 novembre 1935: realizzò una tripletta nel 4-0 con il quale l'Inter mandò al tappeto i bianconeri e li fece infuriare perché, sostennero gli juventini, a ogni gol seguivano gesti di scherno. Vero o no che fosse, di sicuro l'episodio di Meazza ebbe una replica. Alla fine degli Anni Quaranta con la maglia dell'Inter cominciò a giocare un peperino di nome Benito Lorenzi, la cui madre, per sottolinearne la cattiveria, lo aveva ribattezzato Veleno. E Veleno fu, il 12 ottobre 1947, quando il nerazzurro realizzò una doppietta e ispirò le altre marcature. Fece talmente arrabbiare gli avversari che il difensore juventino Rava gli sferrò un pugno: Lorenzi, svelto come un gatto, si scansò e la botta colpì il povero centravanti Quaresima. Veleno era terribile, provocava il nemico, lo stuzzicava anche a parole: a Boniperti appiccicò il nomignolo "Marisa" per via dei suoi boccoli biondi, e così accese ancora di più una sfida che non aveva certo bisogno di altro carburante".

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