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Andrea Della Sala Redattore 

C'è stato subito da parte dei tifosi questo affetto?

"Feeling fin dall'inizio, mi vedevano come un bambino e mi volevano aiutare e proteggere. L'ho sentito. La prima cosa che ho sentito ad Appiano Gentile è che l'Inter per me è famiglia". 

Sei vicepresidente, te lo immaginavi?

"Quando ho deciso di smettere, volevo fare qualcosa legato al calcio e continuare il legame con l'Inter. Non nascondo che quando mi dice che avrei fatto il vicepresidente, ho provato grandissima allegria, contentissimo, ma allo stesso tempo grandissima responsabilità. Una delle squadre più importanti al mondo richiede grande preparazione". 

Ci hai pensato?

"Ci ho pensato un po'. Poi conoscendomi ho detto ok, finisce la mia carriera come calciatore durata 41 anni e dopo tanti km corsi ho detto intraprendo questa carriera da manager. Ma inizio da manager e devo essere preparato. Non volevo essere un manager legato solo alla parte sportiva, voglio avere una visione a 360° e poi non volevo che per quanto fatto in campo mi venisse riconosciuto questo ruolo. Io devo essere giudicato per quello che faccio da dirigente. Mi sono iscritto alla Bocconi, sto facendo un percorso e spero a maggio di dare la tesi. Questo mi ha aiutato tantissimo perché sinceramente ho scoperto tantissime cose che facendo il calciatore non potevo conoscere. Mi sento molto utile in diverse aree della società". 

Come mai in alcuni casi i club non si cono comportati bene con le bandiere? Tu sei un'eccezione

"Ringrazio l'Inter per tutti questi anni come calciatore. E poi quando mi hanno dato questo ruolo, ho ringraziato, ma avevo la necessità di prepararmi. Quando hanno visto questa mia voglia di impormi come manager anche loro mi hanno affiancato. È un percorso che facciamo insieme. Non è semplice prendere la decisione di smettere. Mi sono rotto il tendine d'Achille a 39 anni e non volevo smettere così. Ho detto: torno in campo, davanti ai miei tifosi, finisco la carriera da protagonista e poi inizio la nuova avventura. Sono tornato in campo che mancavano 15' col Livorno. Finisce la partita vinciamo, mi sento bene, ero tornato bene, sono andato a fare la doccia e ho pensato che era la mia ultima stagione. Serve intelligenza e umiltà, è difficilissimo". 

Quando è cambiato tutto nella tua carriera?

"Due momento uno in Argentina. Giochiamo col Boca, io giocavo nel Banfield avevo 18 anni. Faccio benissimo, vinciamo 2-1. Il giorno dopo mi era cambiata la vita. Giornalisti fuori da casa mia, ancora non avevo la macchina. Sono uscito dallo stadio con mio padre e ho fatto la strada a piedi per andare al pullman, dopo la partita pullman pubblico pieno di gente. Tutti tifosi del Boca, tutti mi guardavano così. Lì mi sono reso conto che stava succedendo qualcosa. Nel 1995 il calcio italiano era al top: Maldini, Baresi, Tassotti, Donadoni nel mio primo derby. 90mila persone, impressionante. Questo è stato un altro momento per crescere". 

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