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"Essere un esempio è un qualcosa alla quale ho sempre tenuto. La correttezza, la lealtà, il rispetto, non soltanto per i compagni ma anche per gli avversari. Quando uno fa questo lavoro, e il calcio ha una dimensione grandissima, con tanti bambini che ti guardano e ti prendono come esempio, dobbiamo essere molto attenti ai comportamenti, in campo e fuori. Mi fa grande piacere quando viene riconosciuta la mia lealtà: ricevere premi in questo ambito sicuramente mi inorgoglisce molto. Se non avessi fatto il calciatore? Avrei fatto il muratore come mio papà, è vero: aiutarlo nel suo mestiere è stato un momento molto importante della mia vita, da lì ho imparato tantissime cose. Da difensore ho cercato di alzare un muro per evitare che ci facessero gol!
Il soprannome "Pupi"? Ce lo aveva mio fratello. Poi ci fu un allenatore che allenò entrambi, e ha iniziato a chiamare "Pupi" anche me. Dopo di che l'ho usato anche per la mia fondazione. La vittoria del Mondiale dell'Argentina? Prima della finale mi avevano invitato a una trasmissione, e ognuno doveva fare una promessa, così dissi: "Se vinciamo il Mondiale mi vedrete con un'altra pettinatura". E così è stato. Aver vissuto il Mondiale da vicino, con tutti i ragazzi, e provare quelle emozioni, è stata una cosa unica. Mi è capitato di andare a una festa di un Inter Club: c'erano ragazzi che mi chiedevano l'autografo sul braccio per poi tatuarselo il giorno dopo. Mi fa effetto, mi emoziona. Il legame con Facchetti? Aver potuto conoscere Giacinto è stata una cosa molto bella: una persona straordinaria, già la sua presenza ti faceva respirare la storia dell'Inter. Ricordo le tante chiacchiere sul suo percorso in nerazzurro, su cosa vuol dire indossare questa maglia e la fascia di capitano".
"Per l'Argentina ho dato tutto. Purtroppo non abbiamo ottenuto vittorie importanti, ma indossare la maglia del mio Paese e difenderla per me è una grande vittoria, un onore e un orgoglio. Messi? Il rapporto che ho con lui è molto bello, ci siamo conosciuti quando lui faceva i suoi primi passi con la Nazionale e già si vedeva che era un fenomeno. Un ragazzo straordinario, e la cosa bella è che è riuscito a vincere questo Mondiale che inseguiva da tanto tempo.
Moratti è come un papà per me: mi ha portato all'Inter quando io ero uno sconosciuto, ha creduto in me, ha avuto fiducia fin da subito. Ringrazierò sempre lui e la sua famiglia. Mourinho? Il nostro condottiere, in quei 2 anni abbiamo fatto cose straordinarie e scritto pagine importantissime per questo club. Maradona? Per tutti gli argentini è diventato una fonte di ispirazione. Lui mi portò in Nazionale, poi c'è il rammarico per non essere stato convocato per il Mondiale del 2010, dopo che avevo giocato tutte le gare di qualificazione, ma sono scelte, bisogna accettarle e andare avanti. Nessun rancore. Il ricordo indimenticabile di questi 50 anni, parlando di carriera sportiva, sicuramente è la notte di Madrid: abbiamo coronato un sogno, poi il fatto di essere capitano e alzare quella coppa lì, riportala a Milano... Tutto indimenticabile".
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