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Zanetti: “La notte di Madrid, ricordo indimenticabile. Moratti un papà, Facchetti…”

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L'ex capitano dell'Inter e attuale vice presidente nerazzurro si è raccontato nel corso di una lunga intervista
Fabio Alampi Redattore 

Javier Zanetti, ex capitano dell'Inter e attuale vice presidente nerazzurro, ha concesso un'intervista a RSI Sport: "La sala dei trofei mi porta alla mente grandi ricordi e trasmette grandi emozioni. Aver contribuito insieme ai miei compagni a tanti successi e rimanere nella storia di questo club per me è sempre stata una cosa molto improtante. Essere il calciatore che ha vinto di più con la maglia dell'Inter è una cosa che mi riempie di orgoglio: da quando sono arrivato dall'Argentina ho indossato un'unica maglia, quella dell'Inter, e questo me lo porterò sempre dentro. Arrivai con il mio connazionale e amico Rambert, lui era giustamente quello più conosciuto, capocannoniere del campionato argentino con l'Independiente. Io arrivavo come quarto straniero, e all'epoca ne potevano giocare solamente tre, però il destino ha voluto che io facessi una carriera che dal '95 mi vede come protagonista.

Oggi divido il mio status all'Inter in due tappe: quella da calciatore, molto importante, quella da vice presidente, altrettanto affascinante. Mi sono dovuto preparare, ho dovuto studiare, perchè ritengo che essere vice presidente dell'Inter richieda una grande responsabilità, non soltanto dalla parte sportiva. Io mi rendo utile anche in questa maniera. Vengo visto come un referente importante, conoscendo la storia del club, i suoi valori e il suo dna. Con i ragazzi e il mister siamo un bel gruppo di lavoro, ognuno contribuisce per il bene di questo club".


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"Essere un esempio è un qualcosa alla quale ho sempre tenuto. La correttezza, la lealtà, il rispetto, non soltanto per i compagni ma anche per gli avversari. Quando uno fa questo lavoro, e il calcio ha una dimensione grandissima, con tanti bambini che ti guardano e ti prendono come esempio, dobbiamo essere molto attenti ai comportamenti, in campo e fuori. Mi fa grande piacere quando viene riconosciuta la mia lealtà: ricevere premi in questo ambito sicuramente mi inorgoglisce molto. Se non avessi fatto il calciatore? Avrei fatto il muratore come mio papà, è vero: aiutarlo nel suo mestiere è stato un momento molto importante della mia vita, da lì ho imparato tantissime cose. Da difensore ho cercato di alzare un muro per evitare che ci facessero gol!

Il soprannome "Pupi"? Ce lo aveva mio fratello. Poi ci fu un allenatore che allenò entrambi, e ha iniziato a chiamare "Pupi" anche me. Dopo di che l'ho usato anche per la mia fondazione. La vittoria del Mondiale dell'Argentina? Prima della finale mi avevano invitato a una trasmissione, e ognuno doveva fare una promessa, così dissi: "Se vinciamo il Mondiale mi vedrete con un'altra pettinatura". E così è stato. Aver vissuto il Mondiale da vicino, con tutti i ragazzi, e provare quelle emozioni, è stata una cosa unica. Mi è capitato di andare a una festa di un Inter Club: c'erano ragazzi che mi chiedevano l'autografo sul braccio per poi tatuarselo il giorno dopo. Mi fa effetto, mi emoziona. Il legame con Facchetti? Aver potuto conoscere Giacinto è stata una cosa molto bella: una persona straordinaria, già la sua presenza ti faceva respirare la storia dell'Inter. Ricordo le tante chiacchiere sul suo percorso in nerazzurro, su cosa vuol dire indossare questa maglia e la fascia di capitano".

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"Per l'Argentina ho dato tutto. Purtroppo non abbiamo ottenuto vittorie importanti, ma indossare la maglia del mio Paese e difenderla per me è una grande vittoria, un onore e un orgoglio. Messi? Il rapporto che ho con lui è molto bello, ci siamo conosciuti quando lui faceva i suoi primi passi con la Nazionale e già si vedeva che era un fenomeno. Un ragazzo straordinario, e la cosa bella è che è riuscito a vincere questo Mondiale che inseguiva da tanto tempo.

Moratti è come un papà per me: mi ha portato all'Inter quando io ero uno sconosciuto, ha creduto in me, ha avuto fiducia fin da subito. Ringrazierò sempre lui e la sua famiglia. Mourinho? Il nostro condottiere, in quei 2 anni abbiamo fatto cose straordinarie e scritto pagine importantissime per questo club. Maradona? Per tutti gli argentini è diventato una fonte di ispirazione. Lui mi portò in Nazionale, poi c'è il rammarico per non essere stato convocato per il Mondiale del 2010, dopo che avevo giocato tutte le gare di qualificazione, ma sono scelte, bisogna accettarle e andare avanti. Nessun rancore. Il ricordo indimenticabile di questi 50 anni, parlando di carriera sportiva, sicuramente è la notte di Madrid: abbiamo coronato un sogno, poi il fatto di essere capitano e alzare quella coppa lì, riportala a Milano... Tutto indimenticabile".

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