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editoriale
Ognuno ha l’anniversario che si merita. Quello che ti ricorda pesantemente che a volte basta davvero distrarsi un attimo, o giù di lì, per ritrovarsi immediatamente catapultati dal paradiso all’inferno. Una distrazione bastarda, che ti colpisce perfidamente alle spalle mentre stai già assaporando la vittoria in tutte le sue eccitanti sfumature. Mentre ti stai arrampicando sul carro agghindato per l’occasione e in bocca ti sembra già di sentire frizzare le bollicine di quel nettare degli dei che non vedi l’ora di ingurgitare (o che forse hai ingurgitato anzitempo). Invece no. Mentre pensavi a tutti quei fantastici momenti ti hanno rifilato 3 gol. E ora la sensazione che potresti perdere tutto, in maniera così stupida, ti invade feroce. Sarà così. E’ il calcio, è la vita. Ti sottrae cose che sembravano già essere tue, prendendo a calci la tua presunzione. Ricordandoti che in una partita di calcio tutto può succedere. E’ finita solo dopo il triplice fischio. E a volte, nemmeno dopo quello…
A proposito di manciate di minuti nelle quali uno si può giocare tutto, dal trofeo più ambito alla reputazione più integerrima, il ct della squadra rossonera ha fatto sapere tramite le Iene che cosa ne pensa dei suoi colleghi. Un allenatore votato alle risposte scontate e diplomatiche, che improvvisamente sembra avere qualche sassolino nelle tasche. Si sa, le vittorie rendono arditi e felici, a volte addirittura allegri. Mou patetico, Leo troppo gentiluomo. E’ probabile che a Mou questa polemica interessi quanto ai più che l’hanno sentita. Meno di zero. Come aveva ricordato il portoghese prima della sfida Milan-Real di questa stagione è difficile che ci possa essere rivalità fra un allenatore che ha vinto due Champions e uno che in Champions ha giocato due partite.
In quanto a Leo, quella frecciatina lanciata per rendere negativo un atteggiamento che nel calcio non va più di moda da tempo, fa sorridere. Fa sorridere perché quella serietà, invece, alla squadra di Allegri manca come può mancare l’acqua ai pesci. Perché quest’anno il loro stile è riassumibile nelle vene che pulsano di Gattuso, intento a stringere il collo di Joe Jordan. Nella maglia nr. 18 bruciata in nome di una rabbia fuori luogo, incomprensibile. In quelle tre parole (sei una merda) urlate più volte, scandite e ripetute alla prima occasione utile, senza la minima vergogna. Nel silenzio che ha seguito queste tre parole. Un silenzio compiacente, complice, meschino. Nell’arroganza di voler insegnare alla classe arbitrale tramite un comunicato ufficiale come applicare al meglio le regole del giuoco del calcio. Nello stabilire, di anno in anno, che cosa valga veramente la pena vincere. Ecco, se vi eravate dimenticati di che cosa amano forgiarsi i rossoneri in pubblico, la prova è arrivata in fretta. Come per un risultato improvvisamente ribaltato anche per perdere la propria dignità basta tremendamente poco. Due minuti. Anzi, no. Forse sei…
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