editoriale

Azzurro tenebra

Sabine Bertagna

A distanza di anni, uno il 3 (era il 1989) e l’altro il 4 settembre (nel 2006), ci lasciavano due figure eccezionali della storia del nostro calcio. Gaetano Scirea e Giacinto Facchetti. Due calciatori ammirati per le loro brillanti capacità...

A distanza di anni, uno il 3 (era il 1989) e l'altro il 4 settembre (nel 2006), ci lasciavano due figure eccezionali della storia del nostro calcio. Gaetano Scirea e Giacinto Facchetti. Due calciatori ammirati per le loro brillanti capacità sul campo, ma ricordati con una struggente vena di malinconia anche per le eccezionali maniere nella vita di tutti i giorni. Protagonisti pacati di gesti di altri tempi, che oggi verrebbero probabilmente scherniti. Quasi sicuramente relegati agli angoli di un'esistenza che preferisce raggiungere con qualsiasi mezzo i suoi biechi obiettivi.

Una vita bastarda e imbruttita, che ha lasciato che si infangasse qualsiasi ambito, da quello pubblico a quello più intimo, arrivando ad infrangere ciò che mai dovrebbe essere violato. La morte. Nell'anniversario della sua scomparsa, con i suoi insegnamenti nella testa e i suoi sorrisi nel cuore, non ci spieghiamo ancora come il suo nome possa essere stato mescolato a quello di gente con le spalle appesantite da illeciti e condanne. Ma la cosa più incredibile é che nessuno abbia fatto nulla per fermare la macchina del fango. 

Ciò che hanno fatto al CIPE ha un nome. Si chiama violazione di uno dei principi-cardine dell'etica, la difesa pregiudiziale di chi muore e il rispetto per il suo corpo. Etica. Rispetto. Eppure la memoria di Giacinto é stata violata senza che lui si potesse difendere, quegli schifosi inviti a rinunciare alla prescrizione dopo la relazione di Palazzi e quei sorrisi di scherno davanti alle pagine con le sue annotazioni preoccupate, non giudicate di valore perché prive di firma. Nell'antichità e in una società civile tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere. L'odio atavico del nemico si sarebbe fermato davanti alla tomba e avrebbe distolto lo sguardo dalla sacralità della morte. Oggi no. Oggi é solo una delle tante buone occasioni per raccontare una storia diversa, più comoda ai vivi. Furbescamente adattata. Perché nessuno ha fatto nulla, vi chiederete? Perché oltre ad aver perso il rispetto per la morte la gente ha perso il senso della vergogna. La vergogna funziona solo come sentimento condiviso. Funziona se quando uno butta del fango tutti gli altri lo guardano di traverso e ne cicatrizzano il gesto. Ai nostri giorni invece è più probabile che si levi un applauso. Di liberazione.

Non abbiamo bisogno di interrogare i nostri ricordi. Il Cipe è sempre uguale. Là dove lo avevamo lasciato l'ultima volta che ci ha sorriso con la dignità e il coraggio dei grandi. Nel nostro cuore. Impossibile dimenticarti.

Twitter @SBertagna