editoriale

“Bisogna vendere prima di comprare”. Due strade: una promettente, l’altra…

Lorenzo Roca

C’è sempre qualcosa di magico nell’attesa. Speranze che si alimentano, sogni che si costruiscono, idee che prendono forma. Salvo poi crollare quando quest’attesa termina e davanti agli occhi resta solo la realtà, il più delle volte...

C’è sempre qualcosa di magico nell’attesa. Speranze che si alimentano, sogni che si costruiscono, idee che prendono forma. Salvo poi crollare quando quest’attesa termina e davanti agli occhi resta solo la realtà, il più delle volte difforme da quella immaginata. Calcisticamente parlando, i tifosi dell’Inter nell’ultimo triennio vivono il primo mese dell’anno gonfi di questa speme. Le attese si rivestono però inevitabilmente di tinte consolatorie ed emendatrici, alla luce delle operazioni fallimentari effettuate nel corso dei bislacchi mercati estivi recenti, che hanno portato in eredità ai tifosi disillusione e soprattutto pochi punti in classifica.

Quest’anno poi c’è stato anche il cambio di proprietà, Massimo Moratti, probabilmente esausto e deluso di non poter più saziare le fameliche istanze del suo popolo, si è fatto da parte con grande fatica lasciando la ferula a Erick Thohir, che stiamo pian piano imparando a conoscere.

Tutti i cambiamenti richiedono tempi più o meno lunghi in ogni ambito, affinché si possa ritrovare equilibrio o quantomeno di chiarezza di opere e preventivate omissioni. Quando è il vertice a cambiare, la pazienza del tifoso deve necessariamente irrobustirsi e non fiaccarsi dinanzi alle prime delibere.

Sul mercato nerazzurro il refrain sembra non aver risentito del suddetto cambiamento di proprietà. “Bisogna vendere prima di comprare”, diceva lo chansonnier Moratti negli ultimi tempi, ma curiosamente è divenuto il ritornello preferito anche del neomelodico orientale Thohir.

Ma se con Moratti il significato, semplificato in modo estremo era “Giuinott, di danè ghe né minga” il tifoso nerazzurro, spesso masochista ma anche molto più arguto di altri contradaioli, non può accettare la stessa interpretazione con l’indonesiano giunto in pompa magna a Milano, non foss’altro per questioni di isoglosse.“Oooh, e mo' questo caccia e' sord” il pensiero più diffuso al suo arrivo, da declinarsi nei vari idiomi dialettali del tifoso nerazzurro.

Se però anche lui intona la hit “Bisogna vendere prima di comprare” le mie interpretazioni sono due: una legittimamente fiduciosa, l’altra intrisa di inquietudine.

Partendo dall’interpretazione fideistica, penso che Thohir non possa entrare col piede di porco in una società che con Moratti è andata avanti tra alti e bassi per 18 anni e mezzo circa, mese più mese meno. Da uomo d’affari, si mantiene pertanto su posizioni consolidate dalla precedente gestione, senza stravolgere l’ambiente con proclami, azioni avventate e acquisti ad minchiam (sia lodato Franco Scoglio). Semplicemente Thohir così sceglie di seguire la corrente, difendendo (sebbene non gli piaccia) la scelta dell’allenatore Walter Mazzarri, il miglior “spremiagrumi” in circolazione, elettrodomestico indispensabile all’Inter in questa fase di ricostruzione. A che servirebbe ora sognare evocando epici fantasmi per la panchina tipo, uno a caso, Mourinho? A che servirebbe assoldare Sebastian Vettel per fargli guidare una Fiat Palio? A parità di condizioni, ossia squadra a disposizione e arbitri che pensavamo addestrati a Coverciano anziché al Dampkring di Amsterdam, Mourinho avrebbe meno punti di Walter da S. Vincenzo. Ne sono convinto.Esercizio forse altrettanto inutile immaginarsi e sognare, parla sempre l'autore speranzoso, grossi acquisti a gennaio. Meglio assecondare i desideri del mister coprendo gli spifferi e cercando di finire nel miglior modo possibile la stagione.

Una sorta di moderato immobilismo quindi, in attesa di giugno quando quasi certamente Thohir poserà il microfono e imbraccerà guanti e scopa di saggina operando una profonda bonifica multilivello in società, a cominciare dai senatori in scadenza che verranno congedati con onore, alle consulenze esterne, robe da milioni di euro, fino ai vari parvenu circolanti intorno alla società. Il ritrovato nitore permetterà magari (ho detto magari, niente illusioni) di pianificare un mercato più godereccio e una strategia lungimirante.

L’interpretazione razionalistica e oscurantista invece mi porta a temere che Thohir possa pensare all’Inter come puro e semplice business, ambito nel quale gli asiatici peraltro sono noti per farsi guidare molto poco dal corazon e più dai danè, appunto, e dallo spinto cinismo affaristico. Ci sarà un motivo se spesso i potenti riccastri cattivi e bastardissimi dei film hanno gli occhi a mandorla, o no?

Questo scomodo pensiero mi fa temere che la reale intenzione di Thohir possa essere quella di aver comprato l’Inter a un prezzo commercialmente ghiotto (circa il 40% la svalutazione negli ultimi 5 anni) al fine sfruttarne esclusivamente le potenzialità commerciali, in un bacino ancora vergine di pallone come il Sud-Est asiatico? E se questo fosse il suo diabolico piano, facendola sportivamente galleggiare senza infamia e senza lode per poi rivendere la società al miglior offerente in meno di un lustro? Forte, fortissimo disagio.In tal senso il diktat di Thohir sul mercato di comprare giovani dal futuro assicurato potrebbe essere anche tremendamente rivelatore.

Non resta che attendere. Sarà necessario almeno un semestre per uscire dal pruneto e conoscere quale sarà il sentiero realmente battuto. Nel frattempo, può essere balsamico pensare che questa attesa rappresenti ancora un esercizio dilettevole. Sarebbe tremendo non averne alcuna.