editoriale

Business Usa? Ok ma l’Inter non è il DC United: la piega pericolosa di Thohir

Daniele Mari

Non vorrei che Thohir si sia fatto spiegare per filo e per segno il bilancio dell’Inter e si sia dimenticato di farsi spiegare altrettanto nel dettaglio la complicatissima mentalità del tifoso interista. Un tifoso che è stato capace di...

Non vorrei che Thohir si sia fatto spiegare per filo e per segno il bilancio dell'Inter e si sia dimenticato di farsi spiegare altrettanto nel dettaglio la complicatissima mentalità del tifoso interista. Un tifoso che è stato capace di fare le pulci a Massimo Moratti nel messaggio di commiato (con una serie di "se" e di "ma" onestamente fuori luogo) per esempio, un tifoso che arriva da una stagione tra le più frustranti della storia nerazzurra, un tifoso che da anni ormai (il Triplete è datato 2010 e comincia a far parte di un passato abbastanza remoto) assiste da comprimario alle sessioni di mercato delle altre grandi, d'Italia e d'Europa.

Il progetto a medio termine di Thohir (esponenziale aumento dei ricavi, apertura a nuovi mercati ed esportazione del brand Inter nei luoghi, esotici e non, dove più può attecchire) è sicuramente un buon punto di partenza, dà quell'idea di ampio respiro e di internazionalizzazione che è totalmente mancata, per ammissione anche di un autocritico Massimo Moratti, dopo il Triplete, la più grande occasione sciupata dal punto di vista commerciale.

Ma il calcio resta passione e quando compri un club che fa parte dell'elite mondiale e ti presenti promettendo che l'Inter sarà una delle 10 squadre che saranno ricordate tra 10 anni, allora bisogna svestire i panni del freddo manager e cercare di imparare, possibilmente alla svelta, un termine ripetuto fino alla noia da José Mourinho durante il suo "regno" ad Appiano: empatia.

Thohir non deve dimenticare che l'Inter arriva da un nono posto conquistato (si fa per dire) in modo osceno, a suon di sconfitte inanellate una dietro l'altra. Quando si raccoglie un'eredità del genere, non ci si può presentare mettendo il cartello "vendesi" sui big della squadra e puntando esclusivamente al risanamento economico, necessario ma anche più vicino considerando il monte ingaggi abbattuto e i debiti che la holding indonesiana ha accettato di accollarsi.

La pazienza non è mai stata una virtù della tifoseria interista ma dopo la scorsa stagione siamo davvero ai minimi storici: andare ad elemosinare prestiti in giro per il mondo non è certo un bel modo per ingraziarsi il nuovo "cliente" (se proprio vogliamo parlare in termini manageriali).

Thohir è reduce, sportivamente parlando, da un ultimo posto con il DC United, club che sta attraversando una fase di grande ristrutturazione. Per quest'ultimo posto in campionato nessuno ha battuto ciglio a Washington e Thohir ha potuto portare avanti i suoi progetti (tourneé e nuovo stadio su tutti) in totale tranquillità.

Questo all'Inter non succederà, i tifosi non lo consentiranno e Thohir (che pure ha ragione quando parla di almeno 2-3 anni per riportare la squadra tra le big d'Europa) è bene che lo capisca in fretta.

Il modello americano (quello della Roma per intenderci) è un modello basato su un enorme giro di denaro, in entrata e in uscita: dai 20 milioni spesi per Lamela e Strootman ai 35 incassati per Marquinhos o i 30 per lo stesso Lamela. Si vende e si cede ma sempre a grandi cifre.

Presentarsi davanti al suddetto cliente cercando in tutti i modi di abbassare i 2 milioni della valutazione di D'Ambrosio è davvero un autogol che un manager avveduto non può fare. Si vuole cedere Guarin? Benissimo, serve la capacità di strappare il prezzo migliore (in fretta) e altrettanta capacità per investire subito (e bene) i soldi incassati. Vendo Lamela perché già so che andrò a prendere Gervinho e Ljajic, compro Strootman e Nainggolan perché così potrò eventualmente permettermi di cedere Pjanic a cifre folli al Psg. Questo è il business Usa che vuole Thohir? Perfetto. Ma gli americani, a Roma, non sono partiti dall'autofinanziamento. Sono arrivati all'autofinanziamento investendo prima sui giocatori giusti da rivendere, prospetti di sicuro valore come Lamela e Marquinhos.

La piega che sta prendendo questo primo mercato di Thohir è invece molto pericolosa perchè tremendamente simile alle ultime della gestione Moratti. E' una tendenza da invertire immediatamente. Perché il tifoso interista ha una memoria di ferro. E la scorsa stagione è ancora ben viva nelle menti dei sostenitori nerazzurri.