editoriale

CARO MOU, ECCO COME CI HAI STREGATI…

Buon Compleanno, Mister Mou! Quale regalo più bello se non quello che i suoi ragazzi le hanno fatto vincendo il derby con quel carattere incredibile, tipico delle grandi squadre? Una vittoria sofferta, nella quale lei ha avuto molto peso. E ci...

Sabine Bertagna

Buon Compleanno, Mister Mou! Quale regalo più bello se non quello che i suoi ragazzi le hanno fatto vincendo il derby con quel carattere incredibile, tipico delle grandi squadre? Una vittoria sofferta, nella quale lei ha avuto molto peso. E ci teniamo a dirlo soprattutto perché la sua modestia in queste occasioni tende a glissare sui suoi meriti. Lei è bravissimo a prendersi le colpe, accentrando le influenze esterne negative sulla sua persona, dirottandole dall’ambiente nerazzurro. Che non fosse un pirla l’avevamo intuito dopo le prime battute nella conferenza di presentazione ad Appiano Gentile. Che fosse dotato di straordinario genio l’abbiamo via via appreso nei mesi immediatamente successivi. Ha inquadrato l’ambiente, le squadre e il calcio italiano con una facilità disarmante. Non solo si è subito espresso a dei livelli esagerati in una lingua non sua, ma ha coniato termini ed espressioni che sono entrati a far parte del nostro gergo, dai zero tituli alla manipulazione intellectuale. Ora, Mister, parlano tutti come lei. O almeno ci provano. Questa attenzione a tratti è arrivata a sfinirla: non sempre uno ha voglia di scendere in guerra in ogni conferenza stampa. Ma al compito di difendere la causa nerazzurra lei non si è mai sottratto. Come l’hanno presa gli addetti ai lavori in Italia? Con evidenti problemi di invidia e gelosia. Ci sono personaggi che si ostinano ad ammirarla come comunicatore e a disprezzarla come allenatore, che vivono per ogni sua dichiarazione, ma che non resistono alla tentazione di smontarla in ogni sede. Qualcuno dice che il calcio italiano non ha bisogno di uno Special One come lei. Eppure a sentire l’eco della sua presenza nel campionato inglese verrebbe da dire: Mister rimanga per sempre. E’ subentrato ad un allenatore, Roberto Mancini, che aveva fatto vincere dopo tantissimo tempo la nostra Inter: i confronti sono stati impietosi. Pochi hanno realizzato quanto potesse comunque essere difficile ripetere, con una squadra diversa e con avversari diversi, le imprese degli anni precedenti. E poi questa benedetta Champions, per la quale si sa lei è stato chiamato ad allenare la Beneamata. Anche se vince in campionato le chiedono conto della coppa con le orecchie, ma si sa, per vincere quella anche gli astri devono essere per forza allineati. Noi notiamo solo una cosa: lei ha la squadra in mano. Ne è il regista tecnico, ma anche emotivo. Altrimenti le recenti rimonte e il capolavoro di ieri sera non si sarebbero mai realizzati. La squadra si sarebbe frantumata in un men che non si dica. Ieri nel post-gara ha fatto un’osservazione interessante (una delle tante) a proposito del nostro campionato, riferendosi all’ arbitraggio indecente e penalizzante. “Se siete contenti voi, questo è il vostro campionato: io sono uno straniero.” Già, e da straniero ancora la trattano. Perché nonostante il quaquaraqua italiano del vogliamoci tutti bene non vediamo di buon occhio chi viene da fuori. Soprattutto se ha da insegnarci qualcosa. E così l’episodio del derby rimarrà tale: un episodio legato alle solite lamentele nerazzurre, nessun conflitto d’interessi (e qui per il Milan si dovrebbe aprire un capitolo di considerazioni, ma evitiamo di rovinarle il giorno speciale), da domani si ricomincia. Josè lei ha ragione. Se sta bene al calcio italiano andiamo avanti così (purtroppo). In tutto questo ci piacerebbe sapere che cosa ne pensa Malesani, che qualche giorno fa parlava a nome delle piccole squadre penalizzate dalla cattivona Inter. Mourinho, lei potrebbe essere lo spartiacque e lasciare segni indelebili nella mentalità del nostro calcio. Ma non siamo sicuri che questi verranno colti. In fondo siamo ancora qui a discutere se Calciopoli è esistita o meno. Un paese cialtrone e irrisolto, quello in cui lei è capitato! Ma quello che ci preme dirle è altro. Il popolo nerazzurro la ama. Lei lo ha conquistato in maniera veloce e definitiva. Ieri ha invocato il sostegno di questo popolo, non per farsi bello, ma per la squadra. Ha chiamato un coro per quello che la sua Inter era riuscita a realizzare. E per i suoi ragazzi lei si è sbracciato. Sembrava uno di noi, pazzo e scomposto, completamente risucchiato dalla battaglia che avevamo vinto. Josè, non se la prenda se nella parte finale della partita il sostegno dello stadio è venuto un po’ meno. Il derby ci risucchia così tante energie emotive e ci fa soffrire così tanto, che quando l’agonia è prolungata rischiamo di cadere in un’apatia quasi irrispettosa. Sugli spalti i tifosi rischiavano la tachicardia e le corde vocali, glielo assicuro, erano state duramente messe alla prova. Ma la sua partecipazione non ci ha lasciato indifferenti. E infatti lei ha superato la prova più importante per il popolo interista, così esigente. La differenza tra l’ammirazione e l’amore. Tra il rappresentare l’Inter o essere l’Inter. Tra quello che era stato Mancini per i tifosi e quello che ora è lei, Josè Mourinho. Mister, lei è uno di noi. E se ha imparato a conoscerci un po’ sa che cosa questo significa. Le auguriamo un compleanno nerazzurro davvero speciale. Auguri Mou!E Forza Inter! Sempre.