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editoriale
Quest'attesa finirà per distruggerci. La società, il mercato, le linee per il futuro. Thohir, Moratti, in quale direzione stiamo andando? E' la volta buona? All'anno zero seguirà l'anno uno e non il solito anno zero bis? Tutte domande che si affollano nella mente dei tifosi ad un passo dalla fine della stagione. Perché questa stagione, come molte altre, non ha più troppo da dire.
Ci manca il campo. Fortissimamente. Ci manca vedere applicate alla quotidianità le belle intenzioni che sentiamo ripetere da (troppo) tempo, ormai. Le frasi ad effetto per caricarsi, i disegni dei sogni, le possibilità che rimangono aperte fino a quando la matematica non deciderà di darci un taglio. Tutto lo slancio sembra andare in pezzi a pochi minuti dal fischio d'inizio delle partite. C'è un'aria svagata perché si pensa già alla prossima stagione. Perché giocare queste ultime partite potrebbe sembrare inutile. Invece non lo è affatto.
Ci manca il piacere di gustarci una partita. Che può finire con una sconfitta, ma che deve almeno divertire. Entusiasmare gli animi. Il calcio non è un compito da eseguire (e poi in fase esecutiva affiorano tutti i nostri limiti e le nostre paure). E' rabbia, spettacolo, passione. Bisognerebbe voler vincere tutte le partite, anche le partitelle giocate tra le mura di casa. Allontanare la depressione, reagire. Le ultime partite serviranno per tracciare una striscia netta. Tra quella che sarà la nuova Inter e quella che non potrà più esserlo. Non ci saranno vie di mezzo. Non dovranno esserci (più) esitazioni. Si potrà ancora sbagliare ma con moderata parsimonia. Sarà difficile, ma qui all'Inter non è mai stato facile. Se togliamo le parole, ad oggi ci rimane ben poco in mano. Quest'attesa finirà per distruggerci. Ma se ricominciassimo a giocare per il gusto di farlo potrebbe diventare meno astiosa. Ci manca il campo, Inter. Fortissimamente.
Twitter @SBertagna
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