editoriale

Delirio di impotenza

Sabine Bertagna

Pesa scrivere di una vicenda che non lascia intravedere nessun tiepido segnale di resa. Pesa perché é diventata una questione di stato, di puri interessi personali, di politica. E come in politica anche qui il teatrino si riproduce in modalità...

Pesa scrivere di una vicenda che non lascia intravedere nessun tiepido segnale di resa. Pesa perché é diventata una questione di stato, di puri interessi personali, di politica. E come in politica anche qui il teatrino si riproduce in modalità e sequenze identiche, abbracciando una serie di analogie imbarazzanti. Mescolandosi nell'aria viziata di una routine tempestata di abitudini marce, che il mondo codifica con il suo sguardo rassegnato e complice in quanto normali. La demolizione dei pentiti é uno dei tanti tentativi di continuare a preservare questo sistema nella sua consuetà e familiare omertà. Il nocciolo della questione é sfuggito da tempo, gli argomento sono quelli sbagliati.

In maniera avventata, e in memoria di tempi ormai passati e consumati, la Juventus ha deciso di difendere Conte, Pepe e Bonucci (ma soprattutto Conte), come se le accuse implicassero una responsabilità diretta della società bianconera. Non é così, lo ribadiamo. La Juve non c'entra nulla in questo processo. Ha semplicemente deciso di far pesare il blasone e di cercare di ottenere uno sconto di pena che Conte stesso, se fosse stato ancora allenatore del Siena, mai avrebbe ottenuto. In virtù di quel blasone qualcuno avrebbe dovuto chiudere un occhio. Chissà che cosa ne pensano gli altri 40 tesserati e i 13 club coinvolti.

La conferenza stampa indetta per spiegare la posizione di Conte ha il sapore di altri tempi. Una convocazione a corte. Nessuna domanda. Anzi no. Vediamo che domande proponete. La prima conferenza di Conte di quest'estate si era svolta così. Parlo io e voi ascoltate. Il pubblico serve solo da amplificatore personalizzato delle proprie verità. In dittatura si chiamerebbe stampa di regime. Al monologo dell'allenatore della Juve seguono gli interventi dei legali. La Bongiorno ci tiene a sottolineare più volte che sarebbe dovuta essere in vacanza e che i pentiti sono il male del mondo. Poi arriva il turno di Chiappero. E se la difesa dei bianconeri si erge spesso su una triste lotta tra tifosi, l'avvocato si lancia in un'arringa che gli varrà una targa da ultras per l'eternità. Lo scenario dipinto ha dell'incredibile. Roma governata da guardie nerazzurre, l'Inter dei passaporti (l'Inter ha pagato, eccome se ha pagato), l'invidia per le vittorie bianconere (quali? Uno scudetto e una super coppa?). Ma la pertinenza delle argomentazioni non la misura nessuno?

Pochi si sono resi conto di quanto grave sia la situazione. L'atteggiamento della società bianconera che disconosce sentenze, se non gradite, e delegittima le istituzioni giustifica la ribellione dei tifosi, che si sentono incoraggiati a sostenere la causa con qualsiasi mezzo. E allora basta poco per diventare dei bersagli. É sufficiente esprimere un'opinione diversa dalla loro (ve lo dico purtroppo per esperienza personale) per guadagnarsi raffiche di insulti pesanti. A casa mia si chiama istigazione alla violenza. Poi non ci si può lamentare che una squadra decida di non presentarsi alla premiazione perché convinta di avere subito un torto. E questo non perché abbia ragione, ma perché a questo punto le regole non esistono. Esistono solo le prevaricazioni. E una federazione che tace fino a quando non può più esimersi dal prendere una posizione. Conte si definisce innocente. Il patteggiamento, che fino a ieri non costituiva ammissione di colpevolezza ora é un bieco ricatto perpetrato dai suoi stessi legali. Noi non siamo nessuno per dire che Conte é colpevole. Anche se ovviamente ci siamo chiesti, come si é chiesta anche la Corte, come fosse possibile che il suo uomo di fiducia, uomo che lo ha seguito di squadra in squadra, ordisse illeciti a sua insaputa. Di fatto a nessuno interessa sapere se Conte é innocente o colpevole. Non alla Juve, non ai suoi tifosi, non al mondo del calcio che aspetta solo il fischio d'inizio di un nuovo campionato. Che, come diceva Beretta, incomincia sotto i migliori auspici. Già. 

Ah, un'ultima cosa. Vogliamo riformare la giustizia sportiva? Facciamolo. A processi chiusi. Così é facile. In politica le chiamavate leggi ad personam e non passava giorno che non si levassero urla indignate. Ma forse ve lo siete già dimenticato...

Twitter @SBertagna