editoriale

DOLCE EPILOGO DI UNA SERATA AMARA

Sintesi della finale di Coppa Italia 2010: un coacervo di falli sistematici e premeditati che hanno rischiato seriamente di compromettere il proseguo della stagione per diversi giocatori dell’inter. Considerazione inevitabile: arbitraggio...

Daniele Vitiello

Sintesi della finale di Coppa Italia 2010: un coacervo di falli sistematici e premeditati che hanno rischiato seriamente di compromettere il proseguo della stagione per diversi giocatori dell’inter. Considerazione inevitabile: arbitraggio inadeguato (Rosella Sensi dixit). Principale, non unico, colpevole: il signor Rizzoli che non ha applicato il regolamento, subendo passivamente il susseguirsi degli eventi. E’ incredibile come i vari Perrotta, Mexes, Taddei, Burdisso siano riusciti a terminare la partita, ed è ancor più avvilente registrare dichiarazioni come quelle di Toni e Perrotta che obnubilati dal mancato successo, particolarmente rancorosi, hanno accampato giustificazioni, accuse e il consueto stravolgimento della realtà, marchio di fabbrica della casa. Un clima esacerbato dai retaggi di Lazio-Inter, vigilia infuocata dall’etere romano, in perfetto stile “bar sport”, particolarmente praticato in quelle zone. Un'acredine incomprensibile e inconcepibile: una disconoscenza assoluta dei meriti dell’avversario, alimentata dai tromboni di quartiere che a Roma e dintorni hanno il potere incontrollabile di sobillare piccole sommosse popolari. Una finale di Coppa Italia giocata nella Capitale (altro argomento su cui si potrebbero aprire una miriade di discussioni), con l’ingresso delle squadre accompagnato dal vendittiano inno giallorosso (ma il campo neutro?), e un' Inter famelica che ha interpretato la partita da squadra consapevole della propria superiorità, contrapposta all’isteria imperante giallorosa. L’eliminazione (casuale?) di Sneijder non aveva fatto altro che confermare il copione del match. Lo splendido assolo del “Principe del Bernal” ha spiazzato e spazzato le velleità altrui, amplificando però contemporaneamente la caccia all’uomo a cui poi, purtroppo, abbiamo dovuto assistere. Giocatori con significative carriere che hanno penosamente trascinato la partita verso una corrida indecorosa non degna di una finale, ma in generale di una contesa sportiva. Provocazioni sul terreno di gioco che non hanno fatto altro che confermare il complesso di inferiorità di una squadra nei confronti degli acerrimi rivali dell’ultimo lustro. L’Inter, come da copione, attraverso un’ottimale gestione del pallone ha spogliato i giallorossi di quelle certezze che la cavalcata entusiasmante della rincorsa al vertice della classifica aveva fortemente contribuito ad elevare. Sull’espulsione di Totti non mi vorrei soffermare particolarmente, infierire risulterebbe esercizio sin troppo elementare: in questo caso le immagini valgono più di ogni singola considerazione. Lo stesso autore del bieco gesto (tralasciando gli inspiegabili calcetti alla testa dedicati ai vari Thiago Motta e Balotelli, episodi da calcio dilettantistico) penso, spero, che si possa essere ravveduto o almeno che lo abbia fatto dopo un’accurata e necessaria riflessione introspettiva. In caso contrario, ce ne faremo una ragione: ciascuno risponde ad una propria coscienza, che vale più di ogni altro parametro sia esso più o meno oggettivo, soprattutto in un campo particolarmente pretestuoso come quello calcistico. Intanto nella sede di Corso Vittorio Emanuele la prima mensola della bacheca 2010 è stata occupata per la soddisfazione del partito crescente dell’agognata “triplete”. Strabuzzamento di occhi e cuori palpitanti: davanti a Zanetti (qualsiasi aggettivo attribuibile a quest’uomo non renderebbe giustizia alla sua grandezza) e compagni restano tre partite, tre esami di storia contemporanea, tre impegni verso la gloria. Se poi, elemento da non sottovalutare, anche il ribelle Balotelli avesse cominciato a comprendere le dinamiche del gruppo, riconoscendo l’imprescindibilità di muoversi all’interno di uno spartito predefinito, allora il raggiungimento dei traguardi restanti diventerebbe ancor più abbordabile. Gesti apotropaici consentiti, anzi, rigorosamente obbligatori. Alla prossima puntata…