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editoriale
A volte le cose sono tremendamente semplici e noi ci ostiniamo a vederle complicate. La ricerca di una soluzione ardita quanto impossibile ci distoglie dall'evidenza dei fatti. Succede. E' Leo ad aprirci gli occhi. Questa Inter c'è sempre stata. Perchè nella settimana appena trascorsa (la prima del Leo in nerazzurro) non si potevano fare miracoli, ma iniziare a lavorare per ritrovare se stessi era quasi d'obbligo. Riuscirci, tutta un'altra storia. E' soddisfatto Leo, che sa benissimo che questa vittoria rappresenta l'inizio. Di che cosa lo scopriremo solo vivendo. Rafa aveva ragione. Ritrovando i titolari si sarebbe rivista un'Inter diversa. Che cosa hanno messo in campo i nerazzurri stasera? Meccanismi di gioco rispolverati, a volte ancora un pò arrugginiti, ma che promettono maggiore fluidità. Tocchi di prima, possesso palla per lo stretto necessario, gol. Non è stata un'Inter impeccabile, ma questa Inter aveva un anima ed era finalmente un gruppo. Il cuchu torna ad essere allenatore in campo, in perfetta corrispondenza con quanto pensa e gesticola la panchina (animata come ai vecchi tempi…). Il Capitano è a tratti mostruoso, sono sue le iniziative più entusiasmanti, scarta, corre e rappresenta come nessun altro il polmone della squadra. Thiago Motta è delizioso: tocchi pregevoli, velocità, cinico senso del gol. E gli abbracci con Leo sottendono un'intesa che nessuno avrebbe osato augurarsi in così breve tempo. Ci siamo anche noi in questo campionato, volevamo solo dirvelo. Leo parla di empatia non scattata tra la squadra e il suo predecessore. Quel termine tanto caro a Mourinho diventa una chiave di lettura logica. Un suggerimento sul quale costruire il futuro riprendendo il giusto filo della matassa. Tornare a fare ciò che ci è sempre venuto naturale in questi ultimi cinque anni. Giocare per vincere. E vuoi vedere che per accogliere la pesante eredità di Mou era sufficiente non rinnegarlo? Robe da matti...
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