editoriale

“…e poi non rompermi i coglioni…per me c’è solo l’Inter…”

Alessandro De Felice

Non ce la posso fare. Adesso abbiamo un presidente a cui vendono i giocatori a sua insaputa. Se le cose stanno così – e ormai pare quasi certo – mi viene la pelle d’oca. In che mani siamo? E soprattutto, in “quali” mani siamo? Ieri...

Non ce la posso fare. Adesso abbiamo un presidente a cui vendono i giocatori a sua insaputa. Se le cose stanno così – e ormai pare quasi certo – mi viene la pelle d’oca. In che mani siamo? E soprattutto, in “quali” mani siamo? Ieri l’ipotesi di uno scambio con conguaglio oneroso tra Vucinic e Guarin, pur senza entusiasmarmi, mi pareva persino ragionevole. Come tutti gli interisti la vera perplessità era rappresentata dal fatto di trattare un’operazione di mercato così importante proprio con la Juve. Ma non era la prima volta, e nel passato ci è arrivato un tale Ibrahimovic. Certo, su questo molta parte del popolo nerazzurro è insorto. Ma non posso credere che sia stata questa sollevazione a convincere Thohir a bloccare l’operazione. Certo, anche questo. Ma penso che il punto sia un altro. Il presidente non ha ritenuto accettabile che la prima vera operazione di mercato della sua gestione sia avvenuta in modo oscuro, sorprendente, spettacolare (vedere insieme Marotta, Fassone e Ausilio faceva effetto a chiunque).

Ci sono troppe cose che forse non sapremo mai. Intanto perché Guarin, da un po’ di tempo a questa parte, abbia palesemente manifestato insofferenza per il trattamento dell’Inter nei suoi confronti. E’ vero che Guarin voleva andare via? Lo aveva detto lo stesso Thohir, qualche settimana fa. E dunque non si trattava di una sorpresa. Possibile che la dirigenza non abbia condiviso con il Presidente le modalità di una eventuale cessione, sicuramente avallata da Thohir e anche, presumo, da Mazzarri? Ma stiamo scherzando? I parametri di Thohir, età e ingaggio, mi sembra fossero chiari. Ecco perché adesso abbiamo diritto a una spiegazione chiara, e a decisioni conseguenti. Qualcuno deve pagare per quanto è successo, e non è solo una questione di responsabilità oggettive. Occorre un segnale forte che ci rassicuri sul fatto che la società è in mani salde, che esiste un progetto, uno staff, una squadra affiatata o comunque in costruzione.

La transizione passa adesso attraverso la porta stretta di questo disastro mediatico (la figuraccia è fuori discussione, da qualunque parte la si osservi). Non riesco a immaginare la squadra in campo contro il Catania. Che l’avvocato Prisco ci aiuti da lassù. C’è solo l’Inter.