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editoriale
L’analisi del pareggio contro il Genoa non può non passare per l’assenza a bordo campo di Mourinho. Pur sbracciandosi e urlando dalla tribuna Mou era molto distante. E quella distanza si è riflessa sulle azioni dei suoi uomini, che improvvisamente sembravano cercare uno stimolo. Le grandi prestazioni che l’Inter ha regalato in questo ultimo periodo (che non avranno fruttato moltissimo a livello di punti, ma esteticamente potevano piacere) nascevano da situazioni in cui c’era un grosso disequilibrio di partenza. Una inferiorità numerica negli uomini, la sensazione di aver subito un grosso torto e l’aria tesa, che teneva in allerta i riflessi. Di tutto questo, domenica, nemmeno l’ombra. La partita è stata gestita in tranquillità e non ci sono stati episodi clamorosi, che potessero far urlare allo scandalo le due avversarie. Eppure mancava qualcosa. Non c’era ritmo. Non c’era tensione. Non c’era la solita guerra, che tanto piace a chi assiste alle partite. L’Inter sembrava un’orchestra abbandonata agli esercizi di rito (possesso palla), ma incapace di preparare quell’affondo esteticamente superiore. Sbagliava i momenti di esecuzione, abbassava i toni (sempre loro) quando invece avrebbe dovuto alzarli, si nascondeva in una soluzione stilistica senza sbavature, ma povera di genio. Chi parla di Inter allo sbando non ha la misura delle cose.
La misura, invece, che emerge dalle dichiarazioni di oggi di Mourinho è che qualcosa stra tracimando. La sopportazione. Avere un ambiente ostile a questi livelli sta inficiando le attività più semplici. Come quelle di allenare, per esempio. Mou oggi sottolinea come la squadra giochi bene indipendentemente da lui in panchina. La squadra ha invece necessità di uno come lui quando cala la tensione, non c'è aggressività in campo e le motivazioni latitano. Domenica sera era una di quelle occasioni. E le parole che oggi ha proferito Mou, dopo un silenzio epocale, tuonano di rassegnata stanchezza...
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