L’Inter è prima di tutto un sentimento. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Né di scriverlo. L’Inter non è solo calcio. L'Inter è cuore, è famiglia, è amici. E’ il ricordo dell’ultima festa, quando gli assembramenti erano naturali e ci si mischiava senza problemi in ogni dove. E’ la consapevolezza di chi avrebbe voluto festeggiare questo trionfo, ma non ce l’ha fatta. Potrei raccontarvi la storia di mio papà, che se ne è andato a fine gennaio e che mi ha cresciuto con l’amore per questi colori. Sono certa che sarebbe una storia molto simile a molte delle vostre. Una storia di amore, che ieri vi ha fatto piangere. Di gioia e anche un po' di mancanza. Questo scudetto è anche la storia di tutti quelli che non ce l’hanno fatta in questo periodo difficile. Lo avrebbero amato tantissimo - anche per come è venuto -, e allora lo amiamo di più anche noi. Rendendo onore alle loro assenze. L’Inter è un sentimento. La storia di un sentimento che viene da lontano. E che non smette mai di pulsare.
L'EDITORIALE
Scudetto Inter, niente è stato facile: c’è qualcosa di straordinario nel gruppo di Conte
Viaggio tra le pieghe di una storia che ha assunto sfumature magnifiche. Quelle dell'Inter, che in una domenica pomeriggio - senza scendere in campo - ha conquistato il 19° scudetto.
L’Inter è scudetto dopo 11 anni di trepidazioni, palpitazioni, delusioni e illusioni. 11 anni in cui il popolo non ha mai smesso di tifare nella speranza fosse l’anno giusto per riconquistare qualcosa. Quel maledetto patto sussurrato al vento (“adesso che abbiamo vinto tutto con la Champions League, possiamo anche non vincere nulla per i prossimi dieci anni”) era stato preso sul serio. L’Inter è scudetto dopo anni di formazioni strampalate, di campioni che non sono sbocciati, di bravi ragazzi che hanno fatto il possibile. Quel possibile spesso non è stato abbastanza. L’Inter è scudetto dopo cambi di proprietà, di sede, di panchine. Di giocatori andati via arrabbiati, di giocatori che non ci siamo potuti permettere. Ma anche di giocatori che hanno scelto il qui e ora proprio nel bel mezzo della tempesta. Ingoiando rospi, critiche, delusioni troppo brutte per essere vere. L’Inter è scudetto dopo 11 anni soprattutto perché ha saputo rinascere dalle sue ceneri. Perché non ha dimenticato la gioia del Triplete. Ricordate? L’avevamo riposta in un cassetto insieme alle bandiere che abbiamo rispolverato ieri. Felici e raggianti come bambini.
Perché proprio io?
L’Inter è scudetto quando Antonio Conte fa una delle scelte più difficili della sua carriera. Voglio riavvolgere il nastro e tornare a quel momento. Al momento in cui Conte si siede in quell’auto diretta nel cuore dei grattacieli di Milano e dice a tutti noi: “Perché proprio io?”. Ho sempre pensato che quella fosse la chiave di tutto. Ed ero sinceramente curiosa di poter raccontare questa storia. Perché l’Inter è una storia raramente banale. Nel suo spirito c’è l'indole nascosta di chi ha sempre osato tantissimo. Negli strappi un po’ visionari di questa Inter c’è parte del suo dna. Il tentativo di provare a scrivere una storia così insolita (con un allenatore che aveva reso grande un club così “nemico") l’ho trovata subito una cosa da pazza Inter. Esserci riusciti, beh quella è un’altra storia ancora. Una storia magnifica e straordinaria, che si potrebbe intitolare così: "L’Inter di Antonio Conte”.
L’Inter di Antonio Conte inizia a forgiare il suo carattere in un ritiro a Lugano, inaccessibile agli occhi e alle orecchie di noi giornalisti. E’ una sfida cercare di raccontare il nuovo assetto nerazzurro ma è il primo grande messaggio che Conte manda a tutto l’ambiente. Dentro e fuori. Esiste la squadra e quello che succede nella squadra è sacro e lì rimane. Un codice antico che mai era stato applicato così rigorosamente. L’Inter di Antonio Conte ha facce sudate e provate, tutti devono capire subito che il lavoro e il sacrificio saranno portati all'estremo. Più grande sarà l’applicazione, più vicina la ricompensa. L’Inter di Antonio Conte è applicazione di tutto ciò che diciamo da anni. Ma sono in pochi a saper tradurre quelle intenzioni in maniera così chirurgica. La prima Inter di Antonio Conte è la faccia di un bambino felice: un Nicolò Barella appena arrivato, seduto vicino al mister in una conferenza stampa in Cina, mentre lo stesso mister fa capire che Lukaku non è un semplice desiderio. Lukaku è una richiesta che non ammette tentennamenti o risposte negative. Aveva ragione, Antonio Conte? Antonio Conte aveva ragione.
L’Inter di Antonio Conte è una squadra che fa subito bene, anche se a gennaio rallenta un po'. E poi succede qualcosa che cambierà per sempre le nostre vite. Arriva la pandemia e anche se all’inizio non ci sembra possibile, con il passare dei giorni veniamo confinati nelle nostre case. Sui nostri balconi. Chiudono le scuole come fossimo in guerra. Ed è una vera e propria guerra quella che si combatte negli ospedali. La gente muore, noi piangiamo in silenzio. Si ferma anche il calcio, risucchiato dalle polemiche per chi spinge per giocare comunque. Facendo finta di non vedere la paura che abbiamo tutti. La stessa paura che hanno anche i calciatori. La paura di ammalarsi e di andarsene via senza poter abbracciare i propri cari. L’Inter alza la voce per prima. Il presidente Steven Zhang alza la voce e mette in chiaro che non si giocherà a queste condizioni. Anche il settore giovanile nerazzurro è il primo a fermarsi, rifiutandosi di mettere in pericolo i ragazzi e lo staff. Il mondo si ferma stretto in una morsa di angoscia. Il calcio viene messo da parte, ma il pensiero è sempre lì. Che spinge feroce. Per un ritorno ad un barlume di normalità.
Viviamo il ritorno del calcio e dell’Inter come una boccata di ossigeno che ci riempie i polmoni e il cuore. Le partite sono surreali, all’inizio. Con il tempo ci siamo abituati anche a quello. Si sente tutto. I tifosi sono un selfie stampato a bordo campo. Chissà come ci si sente invece a scendere in campo senza spettatori ma con il doveroso compito di rendere onore alla maglia che indossi. Con quella sensazione di solitudine strana, che ogni volta va addomesticata. L’Inter di Antonio Conte è anche questo. E’ il superamento della paura di essere soli su un campo di calcio con la consapevolezza di non dover fallire. Sull’erba di San Siro. In trasferta. L’Inter di Antonio Conte diventa presto anche superamento dei propri limiti. La scorsa stagione si conclude ad un punto dalla Juventus. E con una sconfitta in finale di Europa League dopo una cavalcata che ha il sapore delle vittorie che arriveranno. E’ un preludio. Anche se amaro. Tra la scorsa stagione e questo scudetto c’è il confronto di Villa Bellini. E molti dovrebbero chiedere scusa ad Antonio Conte, per averlo accusato di agitare le acque tanto per (quando la situazione non era ancora chiara). Il mercato estivo è l’ennesimo boccone che non possiamo addentare con il giusto trasporto (anche se arrivano Hakimi, Sanchez e Darmian). Antonio Conte è abituato a destreggiarsi tra impedimenti e ostacoli (all'Inter, purtroppo, ha dovuto farlo più che mai). E’ nei percorsi difficili che le sue rivoluzioni diventano più efficaci. Destinate a lasciare un solco importante.
L’Inter di Antonio Conte è l’esperimento tattico di un trequartista. Ma anche il suo abbandono per un gioco diverso. Più lucido, non solo cinico. Più consapevole, non solo pragmatico. L’Inter di Antonio Conte è un gruppo che si muove con poche sbavature, che prova uno spartito più e più volte e che finalmente lo interpreta con eccellenza. E’ la potenza di un attacco devastante, l’intelligenza di chi a centrocampo pensa veloce, è lo spazio che si apre innescato da una difesa che è tutto tranne che spettatrice. E’ costruzione, compattezza, velocità. Quasi mai improvvisazione. L’Inter di Antonio Conte è tutti i giocatori che abbiamo visto in campo, ma anche e soprattutto quelli seduti in panchina che non sono meno preparati dei titolari. Sicuramente non meno affamati. L'Inter di Antonio Conte è la risposta alla domanda "perché proprio io". E' la risposta che dà anche Beppe Marotta (uno dei grandi artefici di questo scudetto insieme ad ogni componente della società, come spesso ha ricordato Antonio) sulle esternazioni - giudicate polemiche - di Conte. Richieste di confronto, stimoli a non sedersi, concentrazione sull'obiettivo per ottenere un risultato importante. Una storia bellissima da raccontare, come se ne leggono poche. L’Inter di Antonio Conte è l'esultanza di un tecnico che - è vero - non ha bisogno di snaturarsi. Lui nei club ci va ad abitare, si prende le chiavi e governa con passione e ferocia. La passione è la cifra stilistica di questa Inter. La dedizione, il sacrificio, il lavoro? Tutto vero. Ma quanta passione negli abbracci, nei giocatori ai margini poi recuperati, in un fallo laterale che ti avvicina al traguardo. Ogni singolo centimetro è stato percorso con sudore e passione. Lo scudetto dell’Inter, lo scudetto nr.19 dell’Inter, è soprattutto questo. Inestimabile passione.
@SBertagna
Questo scudetto è anche di mio papà, che amava questi colori, Giacinto e il bel calcio
Questo scudetto è anche di Franco Bomprezzi, interista che sapeva come usare le parole con il cuore. Sempre aggregante
Questo scudetto è anche di Gabriele Porri, che in una giornata di novembre ci ha lasciato più soli e più poveri di tutto
Questo scudetto è anche di Claudio Segagni, anima nerazzurra gentile volata via troppo presto
Questo scudetto è anche di Mauro Bellugi, che fino all’ultimo non ha mai smesso di lottare
Questo scudetto è anche di Mariolino Corso che con le sue punizioni a foglia morta ha fatto sognare intere generazioni
Questo scudetto è anche di Gigi Simoni, uomo perbene come tutti i grandi Uomini che hanno scritto la Storia dell’Inter
Questo scudetto è tutto vostro
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