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Ci sono momenti, nel calcio come nella vita, in cui i pezzi del puzzle sembrano incompatibili fra loro, parte di un rompicapo apparentemente non risolvibile. Ci si lascia andare alla malinconia, talvolta alla disperazione, con la paura, velata ma costante, di un futuro nebuloso. Ma è proprio in quei momenti che la forza di trovare delle risposte concrete e durature può simboleggiare la rinascita, la determinazione nel non volersi impantanare in un anonimato non degno di chi aspira a scrivere il proprio nome nella storia.
Un concetto filosofico che, se lo si rilegge attentamente, potrebbe essere tranquillamente trasferito alla situazione che si sta vivendo in casa Inter. Da mesi, ormai, tifosi e addetti ai lavori si stanno interrogando sul futuro della società nerazzurra, dopo che Suning non ha dato, almeno per ora, il necessario seguito ai proclami d'inizio gestione (giugno del 2016) e alle iniziali impressioni dell'ambiente calcistico dettate soprattutto dalle enorme potenzialità economiche del colosso cinese. Soldi ne sono stati investiti, questo è vero, ma il più delle volte non hanno portato ai risultati sperati. Vuoi per sfortuna, vuoi per una scarsa esperienza in un mondo complicato come quello del calcio, Suning non è ancora riuscita a lasciare il segno nel cuore degli interisti. Servono tempo e pazienza, questo è certo, ma l'interista, dopo aver sostenuto in tutti questi anni di magra una squadra che, come tradizione vuole, gli ha regalato non poche sofferenze, si aspetta ora delle risposte.
Questo perché, tra Fair Play Finanziario e diktat vari del governo cinese, i paletti, per i nerazzurri, sembrano sempre insormontabili. Ma, come si diceva, è proprio ora che Suning può stringere il pugno e fare finalmente l'Inter grande come storia pretende. Perché questo è il momento buono? Perché l'addio di Walter Sabatini ha scosso profondamente tutto l'ambiente: l'ex direttore sportivo della Roma è considerato dai più come uno dei maestri nel suo lavoro, e le motivazioni che lo hanno portato alle dimissioni (scarsa autonomia e scarsi margini di manovra sul mercato) possono diventare sintomo di preoccupazione riguardo al futuro. Tanto che l'amministratore delegato, Alessandro Antonello, si è dovuto prendere la briga di smentire ipotesi di smobilitazione. Un punto basso per una proprietà che, almeno sulla carta, potrebbe fare sfracelli. Non bastano un comunicato o delle dichiarazioni pubbliche per rassicurare tutti. Servono fatti. E, per fortuna, i segnali in questo senso, al netto di paletti vari, sembrano incoraggianti.
SOCIETA' - Sì, proprio la società. Sembra strano, vero? L'addio di Sabatini (QUI IL VIDEO DELLE SUE PAROLE) "offre" l'occasione di portare avanti il processo di modernizzazione, che tra l'altro pare già cominciato. Non servono troppe teste per decidere e per garantire stabilità. Servono semplicemente quelle giuste. Ausilio direttore sportivo plenipotenziario, con le mani sul mercato e sulla parte sportiva. Antonello amministratore delegato, a occuparsi del resto (con Gardini a coadiuvare il lavoro di entrambi). Stop. Questa è la strada da seguire, sulla scia di quanto accade per esempio alla Juventus da anni (dove regnano Agnelli, Marotta e Paratici, con Nedved semplice figura rappresentativa), o di quanto accadeva nel Milan vincente di Berlusconi con Galliani e Braida. Insomma, una società dinamica, snella e moderna.
MERCATO - Crujiff sosteneva che una società seria inizia a preparare la stagione successiva a partire dalla primavera dell'annata in corso. Ebbene, l'Inter si è assicurata, a marzo, gli acquisti di Stefan de Vrij dalla Lazio, Kwadwo Asamoah dalla Juventus e Lautaro Martinez dal Racing Avellaneda. Tre affari nella loro totalità low cost, se si pensa che i nerazzurri si porteranno a casa i primi due a parametro zero e il terzo a 25 milioni di euro o giù di lì. Tre mosse impressionanti per prontezza, abilità e lungimiranza. Il sintomo che con le idee chiare si può arrivare lontano, a dispetto di qualche rubinetto chiuso.
SPALLETTI - In giro non ce ne sono tanti più bravi di lui, e su questo pochi hanno ancora dei dubbi. Legare il suo futuro all'eventuale qualificazione in Champions League sarebbe un delitto clamoroso, che siamo sicuri la società non commetterà. Dopo anni di estrema incertezza, quello di cui l'Inter ha bisogno è stabilità, attraverso la costruzione di un progetto a lungo termine, con giocatori funzionali all'idea di gioco dell'uomo di Certaldo.
Tre componenti per un unico scopo: (ri)fare Grande l'Inter. Il tempo (e la pazienza dei tifosi) stanno finendo. E' ora il momento giusto di gonfiare di nuovo il petto. Sfruttare le occasioni per tornare in alto. Con investimenti, idee e competenze. I segnali ci sono. Sperando che a questi seguano i fatti.
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