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Nella recente striscia di partite, fino a quegli ultimi 20 minuti contro il Catania, quando l'Inter si era risvegliata quasi stupita del suo stesso torpore, la sensazione era più o meno la stessa. Quella che l'Inter non sarebbe più riuscita a segnare. Ma nemmeno a fare un cross pericoloso. Figuriamoci a spizzarla di testa. L'impotenza gonfiava i cattivi pensieri e l'unica reazione possibile sembrava quella meno indicata: il panico. Angoscia che alimentava sadicamente altra angoscia.
L'unico che sembrava impassibile in questa bufera era proprio Claudio Ranieri. Sconfitta dopo sconfitta la stessa espressione, le stesse dichiarazioni, le stesse speranze. Sembrava averle mandate a memoria quelle parole. Possiamo solo continuare a lavorare. A dare il massimo. Il desiderio di tornare a vincere era rannicchiato lì, in quelle dichiarazioni di facciata. La facciata era per i superficiali. Dietro a quella facciata si stava sudando e lottando non poco.
Nemmeno le previsioni sul prossimo allenatore dell'Inter, quello che lo avrebbe eventualmente scalzato in un momento imprecisato della stagione (ora o alla prossima brutta sconfitta), avevano scomposto il suo aplomb. In fondo il mondo va così e lui, che non è nato ieri, lo sa benissimo. Ma a riprova che il calcio è emozione e che possiamo solo provare ad intrappolarlo nella gabbia di schemi e moduli, senza riuscirci quasi mai, ieri sul gol di Samuel contro il Chievo qualcosa ha iniziato a vacillare. E al gol di Milito (non sottovalutate mai la forza di chi sa che deve rialzarsi) quel qualcosa ha rotto la maschera impassibile ed è tracimato. Per la prima volta da tantissimo tempo non c'era nessuna urgenza. Solo gioia troppo a lungo trattenuta. Lacrime dal sapore liberatorio che disegnano un legame che molti non si aspettavano. Lacrime che sanno di riscatto. Che sapore ha la felicità? Da venerdì anche quello.
Twitter @SBertagna
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