Se avessi dovuto lavorare ad un'inchiesta sul nostro calcio malato e malamente naufragato nell'umido Brasile sarei probabilmente partita da quelle parole gettate nel polverone degli spogliatoi immediatamente dopo l'eliminazione, che avevano come unico obiettivo quello di trovare dei facili colpevoli. Sarei quindi partita, al contrario dell'inchiesta tracciata dalla Gazzetta dello Sport, dai "vecchi". Da Buffon, Pirlo e De Rossi. Dalle loro accuse sibilline e facilmente interpretabili. Dalle gerarchie intoccabili, dal rispettami perché sono anziano, dal stai zitto ché sei troppo giovane. Si poteva partire da tutte queste cose e si poteva ricordare come già durante il volo si fosse intuito come nella nazionale non tutti godessero degli stessi diritti. Anziani in business, giovani in economy. Un'istantanea del nostro paese. Sfuggente e contrario alla meritocrazia. Arcaico e nepotista.
editoriale
GIOVENTà™’ BRUCIATA
Se avessi dovuto lavorare ad un’inchiesta sul nostro calcio malato e malamente naufragato nell’umido Brasile sarei probabilmente partita da quelle parole gettate nel polverone degli spogliatoi immediatamente dopo l’eliminazione,...
La Rosea ha giustamente cercato di capire perché il nostro calcio si dimostri così poco propenso al rinnovamento e anno dopo anno, grazie a impietosi confronti in campo internazionale, si sia riscoperto repentinamente invecchiato. Lo ha fatto proprio partendo dai giovani talenti, chiedendosi perché non fossero stati utilizzati dalle grandi squadre. Dimenticati, prestati, venduti. Poca pazienza e poco coraggio. Ma i colpevoli non sono certo loro. Ragazzi alle prese con un sogno, costretti a scontrarsi con mille difficoltà e che spesso riescono ad emergere grazie a situazioni abbastanza fortuite (per esempio Scuffet nella scorsa stagione). Se frequentate i settori giovanili ve lo diranno e ripeteranno all'infinito. Il salto dalla Primavera alla serie A è troppo grande. A volte fatale. La paura è quella di bruciare ragazzi che un giorno potrebbero diventare giocatori professionisti. L'Inter, per esempio, accusata (in occasione dell'inchiesta la Rosea ha utilizzato proprio un'immagine del settore giovanile dell'Inter per parlare di talenti bruciati) di non utilizzare i tanti talenti prodotti dal proprio vivaio sta in questi anni cercando di ovviare alla mancanza della squadra B. Duncan, Mbaye, Bardi, Benassi hanno disputato una stagione in serie A, per esempio. Caldirola e Donati sono stati venduti, ma giocano in Bundesliga. Bernazzani in un'intervista al nostro sito ci aveva fatto chiaramente capire che formare giocatori da serie A è per il settore giovanile già un obiettivo gigante. Formarli per l'Inter, quella è una storia un po' più complessa. Intanto quest'anno i nerazzurri hanno sancito una collaborazione con il Prato, dove tanti nostri giovani potranno farsi le ossa. Il Cagliari si è preso Longo e Crisetig. Di Gennaro è stato preso dal Latina, il Bari è forte su Bianchetti. Insomma, prima di dire che l'attività principale dell'Inter è bruciare talenti bisognerebbe ricostruirne l'esatto percorso. Tenendo conto delle reali possibilità che il calcio italiano offre a questi giovani. Possibilità che spesso non esistono.
Che cosa c'entra tutto questo con l'inchiesta della Rosea? Il nostro giornalismo può fare qualcosa in questo panorama desolante. Potrebbe per esempio approfondire il lavoro dei settori giovanili, raccontare che cosa succede nei nostri vivai, spiegare perché il calcio ha detto no alle squadre B (la vera rivoluzione per i nostri giovani sarebbe proprio quella). Potrebbe per esempio riprendere le squadre che a chiacchiere sono bravissime, nei fatti molto meno. Se googlate "Milan giovane" troverete una marea di articoli che all'inizio della stagione 2012 consacravano la squadra rossonera come portatrice di giovani talenti nella massima serie. Articoli analoghi anche nell'estate successiva quando Silvio Berlusconi eleggeva Petagna (che chiamò erroneamente Pignatone) a sostituto dell'infortunato Pazzini. La realtà dei fatti fu un po' diversa. A fine estate venne acquistato Matri e Petagna finì alla Sampdoria in prestito (in un'intervista a Sportweek Andrea confessò di essersi messo a piangere quando il Milan prese Matri e gli diede il 9), dove giocò poco o niente. Tornato al Milan ha aiutato Inzaghi a vincere il trofeo Viareggio con la Primavera rossonera. E' di ieri la notizia che nella prossima stagione giocherà nel Latina in prestito (serie B). Un percorso al contrario, insomma.
Che cosa può fare il giornalismo sportivo in casi come questi? Potrebbe provare a riportare le società che si esaltano alla realtà dei fatti perché solo quelli contano. Non i comunicati autopromozionali nei quali si dice che si investirà sui giovani quando poi, se scorriamo la rosa, di questi giovani non vi è traccia. Un giornalismo più piccato, meno accondiscendente. E se è vero che inchieste come quella sui giovani dovrebbero far riflettere è altrettanto vero che gli stessi giornalisti dovrebbero dosare le parole quando si tratta di giocatori molto giovani. La stessa Rosea, una settimana fa, ha raccontato di un acquisto del Milan per quanto riguarda i Giovanissimi Nazionali (quindi classe 2000). "La spunta il Milan: sbarca in rossonero il baby talento Visin" recitava il titolo. Seguiva un breve articolo nel quale si evidenziavano le spiccate qualità del ragazzo, sottolineando che lo volevano anche Inter, Juve, Napoli e City. La notizia si chiudeva con un augurio. "Sulle orme di Mastour". Chi ha seguito le vicende del giovane rossonero da poco aggregato alla prima squadra (ha 16 anni) non può che sorprendersi di tale affermazione. Mastour è stato presentato come un vero fenomeno (in quel caso si scrisse all'infinito come i rossoneri lo avessero strappato all'Inter) ma non ha, ad oggi purtroppo, dimostrato ancora nulla. Forse le persone che gli stanno intorno l'hanno caricato di troppe aspettative, forse metterlo subito a giocare con ragazzi di due anni più grandi di lui non è stata una grande idea, forse essere testimonial del nuovo pallone della serie a (nella precedente stagione) c'entra poco con i risultati in campo. Per tutti questi motivi nessuno si augura che Seid Visin ripercorra pari pari le orme di Mastour ma che possa, al contrario, fare un percorso più equilibrato e tranquillo. Un percorso che gli permetta di dimostrare le sue qualità su un campo. Tutte queste sono cose che il giornalismo sportivo che ha a cuore i giovani dovrebbe saper raccontare. Senza diventare complice di annunci pomposi. Senza fare propaganda sterile. Se la nostra gioventù è bruciata è colpa anche di queste gravi mancanze. Accusare e basta non è davvero sufficiente.
Twitter @SBertagna
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