editoriale

I “mille” giorni del Mancio

La parola che descrive meglio l’arrivo del Mancio (o meglio, il ritorno) è entusiasmo. Entusiasmo da parte dei tifosi che venerdì alla notizia dell’arrivo di Roberto Mancini si sono abbandonati a sfrenate esternazioni di giubilo...

Sabine Bertagna

La parola che descrive meglio l'arrivo del Mancio (o meglio, il ritorno) è entusiasmo. Entusiasmo da parte dei tifosi che venerdì alla notizia dell'arrivo di Roberto Mancini si sono abbandonati a sfrenate esternazioni di giubilo sui social. Entusiasmo anche da parte dei giornali, per il ritorno di un numero 1 nel calcio italiano ("Mancio is back"), che ha saputo vincere anche all'estero. Entusiasmo in sala stampa per la sua presentazione, sabato, quando nell'aria c'era quell'eccitazione che accompagna i grandi eventi. Improvvisi e inaspettati. Una sala stampa gremita in ogni ordine di posto, a sedere ed in piedi. E proprio durante la presentazione alla stampa Mancini ha toccato alcuni temi, che definiranno il suo lavoro all'Inter.

UNA BELLA STORIA - Elegante, sorridente, felice. Quello che salta subito all'occhio è come il Mancio sembri perfettamente a suo agio nei panni del "nuovo" allenatore dell'Inter. Perché per lui è un ritorno, dopo anni di esperienza all'estero. Dopo quell'esonero ormai lontano. Il progetto è nuovo, la squadra giovane e bisognosa di equilibrio. Roberto Mancini si rimette la sciarpa nerazzurra al collo e dopo i sorrisi di rito si butta subito al lavoro. In campo. Sotto la pioggia (ancora lei). Con i suoi nuovi ragazzi.

VINCERE - "Nel governo si parla dei 'cento giorni'? Facciamo mille (ride, ndr). Devo iniziare a lavorare, nel calcio non c'è tanto tempo, bisogna migliorare e lavorare in fretta e anche assimilare i miei pensieri. Devo capire i giocatori cosa pensano. Dobbiamo lavorare in fretta e tornare a vincere in fretta. Non ci diamo una scadenza: un giorno, due giorni. Già da oggi inizieremo a lavorare avendo la testa sul nostro lavoro facendolo bene." Vincere. Lavorare. In fretta. Vincere. C'è urgenza calibrata nelle parole del Mancio. Sa che il tempo a disposizione è poco perché entrare in corsa vuol dire anche questo. Dover dare una sterzata veloce alla rotta. Migliorare come mentalità. Arrivare al derby preparati. Con la giusta cattiveria.

GIOVANI - E' facile intuire che avere una squadra giovane a disposizione, con giocatori come Kovacic e Icardi, sia stato un ulteriore stimolo per Roberto. Costruire una squadra giovane che diventi forte nel tempo. E nella partitella giocata domenica in famiglia contro la Primavera, Mancini avrà avuto modo di visionare anche i nuovi talenti del settore giovanile. Non c'era Bonazzoli, convocato in U21. Per uno come il Mancio potrebbe rappresentare la sfida perfetta. Lui che ha lanciato Mario Balotelli quando aveva 17 anni. La stessa età di Bonazzoli. 

In conferenza molti giornalisti hanno domandato a Mancini se ci siano analogie tra l'Inter che aveva allenato dieci anni fa e questa squadra. Troppo presto per dirlo. Quel che è certo è che la "vecchia" Inter del Mancio giocava un calcio esteticamente piuttosto bello da vedere. "Spero che la squadra giochi bene a calcio, per me è una cosa molto importante" ha ribadito in conferenza. E insieme a lui lo sperano tutti i tifosi nerazzurri. Nei "mille" giorni di Mancini c'è anche questo diktat. Destinazione derby. Colonna sonora entusiasmo.

Twitter @SBertagna