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Ci hanno scherzato sopra durante la festa privata nella quale sono stati onorati e salutati. Per una sera era di nuovo l'Inter di Moratti. In compagnia degli uomini che gli hanno fatto vincere tutto e di quei ricordi spesso così ingombranti. C'era anche Mourinho. Su uno schermo ad abbracciarli virtualmente. Il simbolo più grande delle contraddizioni nerazzurre del post Triplete. Andare avanti senza riuscire a sganciarsi dal passato. E' a queste contraddizioni che il "clan dell'asado" è stato accostato. Da quando il fulgore aveva incominciato a sbiadirsi. Via via sempre più pallido. E meno vincente.
Dopo tante vittorie sbagliare era la cosa più facile e noi abbiamo commesso numerosi errori. Con il passare degli anni lo zoccolo duro del Triplete, quello che aveva garantito risultati fantascientifici, è diventato il parafulmine di tutti i malumori. A volte a ragione, a volte a torto. Spesso quasi fisiologicamente. Il clan dell'asado è sopravvissuto a moltissimi allenatori. Solo l'Inter rimane per sempre. E loro per tantissimi anni sono stati l'Inter. Per certi versi continueranno ad esserlo.
Non avrebbero appeso la maglia nerazzurra spontaneamente. Forse il momento giusto per farlo non esiste. Zanetti rimarrà in società con un nuovo ruolo, Milito e Samuel giocheranno altrove, Cambiasso valuterà il da farsi. Non c'è probabilmente nulla di sorprendente, se non il fatto che tutto ciò stia davvero succedendo. Pagine e pagine di giornali a raccontare resistenze e guerre intestine. A dettare gli umori. Loro c'erano. Nella fatica di non riuscire più a vincere e in quella di non riuscire ad imbroccare una strada. Non più eroi, ma giocatori normali. E' quella magia che non c'è più da tempo. Manca come mancheranno loro. Il clan dell'asado. Un pezzo di storia dell'Inter. E che storia.
Twitter @SBertagna
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