editoriale

Il culo di Mourinho

Una parte di voi, anche la più nascosta e inconsapevole, ieri sera al gol di Demba Ba ha sorriso. Qualcuno si è scoperto ad esultare per una squadra che non tifa. E c’entra poco la simpatia che si può provare per un Chelsea capace...

Sabine Bertagna

Una parte di voi, anche la più nascosta e inconsapevole, ieri sera al gol di Demba Ba ha sorriso. Qualcuno si è scoperto ad esultare per una squadra che non tifa. E c'entra poco la simpatia che si può provare per un Chelsea capace di battere uno squadrone di figurine come il PSG, per di più ribaltando il risultato pesante dell'andata. La risposta è seduta sulla panchina. O meglio, è in corsa dalla panchina ai suoi giocatori che esultano per un gol cercato con una tenacia chirurgica (2 traverse pazzesche che avrebbero meritato miglior fine). Una corsa, quella del tecnico che va a cercare i suoi giocatori (per dare indicazioni tattiche), che ha fatto venire a galla ricordi familiari. Costringendoci a rispolverare le foto di famiglia.

Qui non si tratta di essere ancorati al passato. Di rischiare di essere tacciati di "vedovanza". Tra il nostro presente e quel passato sembrano trascorsi mille anni. E pensare di riportare JM a Milano ora, in questo preciso momento storico, ha dell'anacronistico. Per diverso tempo abbiamo dato la colpa a lui dei nostri anni zero. Lui che quando prende in mano una squadra le fa vincere tutto e quando se ne va lascia terra bruciata intorno. Innamorarsi di Mou ha le sue controindicazioni. Crea assuefazione. Ma dopo i momenti vissuti insieme, l'Inter non è stata capace di fare le scelte che le avrebbero permesso di non naufragare. Lentamente, anno dopo anno. E ogni volta un gradino più in basso. Continuare negli anni a dargli la colpa è stato solo l'ennesimo alibi che ci ha impedito di affrontare la realtà. 

Ma ieri sera nell'aria non si respirava solamente la nostalgia per un tecnico che è unico al mondo (smettetela, se vi riesce, di fare ridicoli paragoni con chiunque). Ieri sera è andata in scena una partita dalla bellezza sconvolgente, che ci ha ricordato delle infinite possibilità del calcio. Quella di poter ribaltare un risultato, per esempio. Quella di sovvertire ogni nozione tecnico-tattica mandando in campo un numero infinito di attaccanti, senza rompere gli equilibri (la differenza? Mou mette tre prime punte, Blanc toglie Lucas per Marquinhos). Quella di trasmettere la volontà di vincere una partita neanche fosse una guerra. Di arrivare a crederci così fermamente da riuscire a realizzare il proprio desiderio. Davanti a tale determinazione è giusto che anche la fortuna si pieghi. Se vinci così tanto non è solo culo. Ieri, oltre a Mou, ci mancava quella sensazione fantastica di lotta e tensione. Di brividi e sangue. Nel calcio, sentirsi vivi, è tutto quello che conta. E noi, un tempo, lo siamo stati.

Twitter @SBertagna