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Sociologi e filosofi non riuscirebbero a trovare un'escatologia alla stagione 2015/2016 dell'Inter. Si perderebbero a metà strada cercando di trovare una relazione fra prestazioni e risultati, punto di partenza ed obiettivi. Nessuno sa che lingua parli questa squadra, né da dove provenga. Se l'Inter fosse una donna, non sapremmo definire i suoi tratti somatici. Decisa ed efficiente come una tedesca, formosa come un'iberica o campata in aria come un'italiana. Qualcosa che conosciamo, però, forse c'è, ed è qualcosa che sta alla base di ogni conoscenza: il linguaggio. Se l'Inter potesse parlare, si esprimerebbe col codice binario. Quello dell'1 e dello 0. Quello degli 1 a 0: la sua prima parola è stata 1-0, pronunciata quando l'Atalanta è venuta a far visita alla neonata alla prima giornata; la sua ultima parola, pronunciata al giro di boa del girone d'andata, è stata 0-1. Qualcuno ha detto che questi due numeri siano stati seriali per Mancini, nel bene o nel male. Come dargli torto. Dieci (10, 1 e 0) partite su 19 sono finite con questo risultato. Nove, per fortuna, le ha vinte l'Inter. È vero che ogni partita ha una storia a sè, ma in alcune di queste partite è stato possibile trovare dei punti in comune che vanno oltre ai già noti meriti difensivi o alla cinicità offensiva. Qui si parla di anima, di indole, di inerzia. Quella che da tanto tempo l'Inter non possedeva e che quest'anno ha ritrovato. È un discorso che vale anche per i non 1-0. Vale per l'1-2 col Napoli, per il primo tempo con la Juve, per il secondo con la Sampdoria. È un discorso che nessun numero può spiegare, figuriamoci solo lo 0 e l'1. È una questione di fede, non riconducibile a valutazioni empiriche. È stato il girone del tutti utili e nessuno indispensabile. Ditelo a Jovetic, il numero Dieci (...) che ha battezzato la neonata con un gol da favola alla prima giornata, salvo poi perdersi nelle gerarchie di Mancini a discapito di chi si dava per perso (Icardi). È stato il girone delle belle sconfitte e delle brutte vittorie. Tutto al contrario.
In questa confusione dell'ermeneutica, però, abbiamo trovato un codice. Quello binario. Nel girone a venire, quello di ritorno, l'Inter deve prendere un treno, definire la sua personalità, sceglierlo un binario. Qual è la meta che si vuole raggiungere? Il linguaggio l'abbiamo trovato, ma adesso scegliamo il binario giusto.
Twitter @FabriJZLongo
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